Al congresso europeo di cardiologia sono stai presentati i risultati dello studio X-VeRT, che dimostrano come rivaroxaban in monosomministrazione giornaliera è un’alternativa efficace e ben tollerata nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) non-valvolare sottoposti a cardioversione, rispetto agli antagonisti della vitamina K (AVK), come il warfarin che richiedono invece aggiustamenti di dosaggio.

X-VeRT, il primo trial prospettico su un nuovo anticoagulante orale, ha mostrato che, a differenza degli antagonisti della vitamina K, rivaroxaban comporta una riduzione del 50% del rischio di eventi cardiovascolari per l’endpoint primario di efficacia, che comprende: ictus, attacco ischemico transitorio, embolia periferica, infarto del miocardio e morte cardiovascolare, con un rischio inferiore di emorragia maggiore del 24% per l’endpoint primario di sicurezza.

Il vantaggio pratico dell’impiego di rivaroxaban è stato dimostrato dal minor tempo di attesa prima di procedere alla cardioversione rispetto agli antagonisti della vitamina K.

Lo studio è stato disegnato per confermare i risultati ottenuti nello studio ROCKET AF, ma con scarsa potenza statistica, nei pazienti sottoposti a cardioversione. Questi risultati sono stati presentati oggi nella Sessione Hot Line dell’ESC Congress 2014  e pubblicati contemporaneamente sull’European Heart Journal.

La cardioversione è una procedura, che viene praticata comunemente in pazienti con fibrillazione atriale, per ripristinare il ritmo sinusale. Senza adeguata terapia anticoagulante i pazienti sottoposti all’intervento rischiano complicanze tromboemboliche, con percentuali di rischio di ictus del 5-7%.

Le attuali Linee Guida raccomandano almeno tre settimane di scoagulazione efficace con antagonisti della vitamina K (INR fra 2.0 e 3.0) prima della cardioversione (o un tempo inferiore se l’ecocardiografia transesofagea non ha evidenziato la presenza di trombi nell’atrio sinistro o nell’auricola sinistra) e quattro settimane di terapia anticoagulante orale dopo la procedura. Spesso, però, la cardioversione deve essere annullata o posticipata per l’instabilità dei valori di INR. E’ evidente, pertanto, la necessità di una terapia anticoagulante costantemente efficace, per prevenire la formazione di trombi che ne mettono a rischio la vita, prima, durante e dopo l’intervento.

“Sino ad ora mancavano risultati clinici specifici che guidassero i medici nell’impiego pratico dei nuovi anticoagulanti orali in pazienti con fibrillazione atriale per i quali è prevista una cardioversione” ha commentato il Dottor Riccardo Cappato del Centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia dell’Università di Milano, IRCCS Policlinico San Donato, di San Donato Milanese e Co-Principal Investigator dello studio X-VeRT. “I risultati dello studio X-VeRT indicano che rivaroxaban in monosomministrazione giornaliera è in grado di offrire ai pazienti con fibrillazione atriale un’efficace protezione antitrombotica prima, durante e dopo la procedura di cardioversione, riducendo il rischio di instabilità della scoagulazione e consentendo interventi elettivi di cardioversione tempestivi”.

Lo Studio X-VeRT
X-VeRT è uno studio prospettico, randomizzato, in aperto, a gruppi paralleli, di Fase III b su 1.504 pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare di durata > 48 ore, o non nota,  stabili dal punto di vista emodinamico, reclutati in 16 paesi del mondo. Pazienti naïve alla terapia anticoagulante o pre-trattati, per cui era prevista una procedura di cardioversione, sono stati randomizzati per ricevere rivaroxaban 20mg una volta al giorno (15mg una volta al giorno se la clearance della creatinina era compresa fra 30 e 49 mL/min) o terapia con antagonista della vitamina K, con aggiustamento di dosaggio (per ottenere INR fra 2.0 e 3.0) in un rapporto 2:1.

La decisione se effettuare la cardioversione immediatamente (obiettivo di 1–5 giorni di rivaroxaban o terapia standard con antagonista della vitamina K  prima dell’intervento) o ritardarla a un momento successivo (rivaroxaban o AVK per 3-8 settimane prima dell’intervento) è stata presa dallo sperimentatore locale. I pazienti con fibrillazione atriale che hanno assunto rivaroxaban hanno dimostrato un rischio inferiore di eventi cardiovascolari (0,51% contro 1,02%) rispetto a AVK, oltre a minore rischio di emorragia maggiore (0,61% contro 0,8%).

Complessivamente, il tempo medio intercorso fra la randomizzazione e la cardioversione è stato più breve nei pazienti in terapia con rivaroxaban (intervento immediato: 1,8±1,6 giorni; intervento ritardato: 24,6±5,6 giorni) rispetto a quelli in terapia con antagonista della vitamina K (2,1±3,0 giorni; 33,7±13,1 giorni).

 I risultati positivi ottenuti con rivaroxaban sono stati omogenei sia per gli interventi immediati che per quelli ritardati. Questi risultati non sono stati statisticamente rilevanti, in quanto il trial non è stato tarato per potenza statistica.