La Commissione Europea ha approvato ibrutinib per il trattamento dei pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) pretrattati con almeno una terapia e per il trattamento dei pazienti con linfoma a cellule mantellari. 

Sviluppato congiuntamente da Johnson & Johnson e dalla biotech Pharmacyclics il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Imbruvica.

Il farmaco è stato approvato per l’impiego nei pazienti che hanno già ricevuto almeno una terapia oppure come prima linea in coloro che sono portatori della delezione del braccio corto del cromosoma 17 (del17p), una mutazione genetica associata a una prognosi infausta. Le delezioni del braccio corto del cromosoma 17 (del (17p)) predicono la resistenza alla maggior parte delle terapie disponibili.

Ibrutinib è somministrato per via orale, una volta al giorno, e appartiene a una categoria di farmaci chiamati inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), una proteina avente un'importanza cruciale per la crescita e la differenziazione delle cellule B.
La Bruton’s tirosin-chinasi (BTK), un componente essenziale del pathway del B-cell receptor, è una molecola chiave di segnalazione per l'attivazione delle cellule B ed è ritenuta coinvolta in varie neoplasie ematologiche, tra la macroglobulinemia di Waldenstrom, nonché la LLC e il linfoma a cellule mantellari.

Leucemia linfatica cronica
L’approvazione del farmaco nella LLC si basa sui risultati dello studio di fase III denominato RESONATE e su uno studio di fase 1b/II.
Lo studio PCYC-1112-CA (RESONATE) è un trial internazionale, multicentrico di fase III, randomizzato, in aperto, che ha arruolato 391 pazienti con leucemia linfatica cronica recidiva o refrattaria/leucemia linfocitica a piccole cellule, non eleggibili per la terapia con analoghi delle purine e che avevano ricevuto almeno un trattamento precedente per la malattia.

Nello studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine,  Ibrutinib è risultato significativamente superiore a ofatumumab come terapia di seconda linea per il trattamento della recidiva di leucemia linfatica cronica (LLC) o del piccolo linfoma linfocitico (SLL).

Lo scorso mese di gennaio, un comitato di monitoraggio indipendente aveva deciso di interrompere in anticipo uno studio di fase III condotto sul farmaco ibrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica e leucemia linfocitica a piccole cellule in quanto era già osservabile una differenza significativa in favore di ibrutinib rispetto al controllo in termini di sopravvivenza libera dalla malattia (PFS), l’endpoint principale dello studio.

Lo studio di fase 1b/II PCYC-1102-CA, ha arruolato 48 pazienti con LLC refrattaria e recidivante. La maggior parte dei pazienti avevano ricevuto la diagnosi di LLC 6,7 mesi prima dell’arruolamento e avevano ricevuto quattro terapie precedenti. Tutti i partecipanti sono stati trattati con 420 mg del farmaco somministrato per via orale fino alla progressione della malattia.

Nello studio, il tasso di risposta generale era del 58,3% e tutte le risposte erano parziali. La durata della risposta era compresa tra 5,6 mesi e 24,2 mesi.

Linfoma a cellule mantellari
Il linfoma mantellare (MCL) è un raro istotipo di linfoma non Hodgkin, riconosciuto come entità distinta circa 20 anni fa; molto conosciamo ormai della catena di eventi fisiopatologici che sottendono alla malattia, a partire dal “marchio” biologico, la traslocazione tra il cromosoma 11 e il cromosoma 14, da cui origina il gene riarrangiato bcl-1 e l’over espressione della proteina ciclina D1. L’eccesso di ciclina D1 comporta una perdita di regolazione del ciclo cellulare, che si traduce in una patologica proliferazione di linfociti a partire dalla parte del tessuto linfonodale chiamata zona del mantello, in quanto avvolge il cuore del linfonodo, cioè il centro germinativo.

In questo setting (MCL), il farmaco ha mostrato di poter indurre remissioni durature in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. Lo studio è un trial di fase 2 condotto su 111 pazienti con MCL recidivato o resistente (Wang ML et al. NEJM, published online June 19, 2013) ha utilizzato un dosaggio di ibrutinib di 560 mg/die.

Il tasso complessivo di risposte osservate è stato pari al 68%, con un 21% di CR e un 47% di PR, ed è risultato indipendente dal pretrattamento con bortezomib. Con un follow-up mediano di 15,3 mesi, la PFS mediana è stata di 13,9 mesi e il tasso stimato di OS pari al 58% a 18 mesi. La tossicità è stata limitata, costituita prevalentemente da diarrea, nausea e astenia lievi o moderate, e la tossicità ematologica di grado 3 o superiore rara.