Metazolamide, un vecchio farmaco anti-glaucoma, potrebbe rappresentare una nuova strada per il trattamento del diabete di tipo 2 e delle patologie correlate. A suggerirlo è uno studio proof-of-concept di un gruppo australiano, appena pubblicato su Diabetes Care.

Nello studio, un trial randomizzato, controllato e in doppio cieco, il farmaco, un inibitore dell’anidrasi carbonica approvato negli Stati Uniti nel 1959, ha ridotto in modo significativo i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) rispetto al placebo (-0,39%; P < 0,05) dopo 24 settimane di trattamento.

Al trial hanno partecipato 76 pazienti con diabete di tipo 2, di cui 41 in terapia anche con metformina, trattati con metazolamide 40 mg due volte al giorno o placebo.

Tra gli altri risultati di rilievo ci sono il riscontro nel 19% dei pazienti (7 su 37) di acidosi metabolica, un noto effetto collaterale del farmaco che tuttavia non si è associato a sintomi clinicamente significativi o abbandoni dello studio, un calo definito dagli autori "inaspettato" di 10 U/l dell’alanina amino transferasi, osservato nei 22 pazienti che assumevano metformina oltre alla metazolamide, e una perdita di peso superiore rispetto al placebo (2,2 kg contro 0,3 kg), anche questa verificatasi solo nel gruppo trattato con metformina/metazolamide.

Gli autori, coordinati da Richard W. Simpson, del Box Hill Hospital di Victoria, hanno definito metazolamide un "archetipo" di una nuova potenziale classe di farmaci contro il diabete di tipo 2, più che il farmaco stesso nella sua forma attuale, visto il suo meccanismo d’azione.

"Il nostro lavoro preclinico e meccanicistico ha dimostrato che metazolamide esercita il suo effetto metabolico attraverso un meccanismo d’azione mitocondriale distinto dalla sua attività antiglaucoma (che dipende dall’inibizione dell’anidrasi carbonica) e non valutato in precedenza nel diabete” ha spiegato Vincent J. Wacher, Ceo di Verva (la biotech che sta studiando il farmaco come antidiabetico), senza rivelare per ora altri dettagli.

Dato che metazolamide è fuori brevetto, l'idea sarebbe quella di sviluppare un analogo di nuova generazione in cui sia ottimizzato il meccanismo d’azione ipoglicemizzante, magari disegnato in modo da eliminare (o ridurre) l’attività di inibizione dell’anidrasi carbonica responsabile dell’acidosi metabolica, ha aggiunto Wacher.

Simeone I. Taylor, della University of Maryland di Baltimora, ma anche ex vice presidente della R&S di Bristol-Myers Squibb, ha commentato il risultato osservando che l'efficacia di metazolamide  - una riduzione di 0,4 punti percentuali dell’HbA1c - è "modesta", e inferiore a quella di molti altri farmaci antidiabetici orali .

Verva, ha fatto sapere Wacher, sta valutando se studiare altre indicazioni legate al diabete per metazolamide in quanto tale, dato che l'acidosi metabolica non è risultata problematica per i pazienti studiati. "Sono assolutamente convinto che una dose più bassa, e una formulazione a rilascio prolungato del prodotto sarebbero utili, soprattutto in un’indicazione epatica e probabilmente come terapia adiuvante per perdere peso. Un’ulteriore esplorazione di metazolamide nella steatosi epatica non alcolica e nella steatoepatite non alcolica è sicuramente giustificata” ha aggiunto il manager.

"Anche se il trattamento della steatosi epatica nel diabete rappresenta un bisogno non soddisfatto molto significativo, ci vorrebbe uno studio molto consistente per vedere se il farmaco possa effettivamente migliorare gli outcome nei pazienti" ha osservato Taylor.

L’espresso anche espresso qualche preoccupazione riguardo a una versione a rilascio prolungato di metazolamide per via dell’acidosi metabolica e delle relative complicanze a lungo termine, tra cui nefrolitiasi, nefrocalcinosi e alterazioni degli elettroliti. "Questi effetti collaterali sono potenzialmente preoccupanti nei pazienti diabetici, specie quelli con malattie renali concomitanti o malattie cardiovascolari. Sarebbe importante condurre studi sulla sicurezza a lungo termine su un’ampia casistica per valutare l'entità di questi potenziali problemi di sicurezza" ha aggiunto l’esperto

"I dati davvero meritano uno studio più ampio, ma i costi di sviluppo degli antidiabetici orali sono così alti che le aziende sono riluttanti a investire su medicinali fuori brevetto quando ci sono così tanti prodotti concorrenti. Ecco perché l'indicazione epatica è così attraente" ha osservato, inoltre, Taylor, ha sottolineanto che finora non ci sono farmaci approvati per il trattamento della steatosi epatica non alcolica e della steatoepatite non alcolica.

Wacher ha poi aggiunto che dati i costi necessari per lo sviluppo di farmaci per le malattie metaboliche, Verva è ora alla ricerca di partner provvisti delle le risorse e delle infrastrutture per far progredire la tecnologia per l’ulteriore sviluppo del prodotto.

R.W. Simpson, et al. Efficacy and Safety of Oral Methazolamide in Patients With Type 2 Diabetes: A 24-Week, Placebo-Controlled, Double-Blind Study. Diabetes Care 2014; doi: 10.2337/dc14-1038.
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