Una review indipendente appena pubblicata online sul sito di PLoS Medicine suggerisce che occorrono maggiori evidenze sull’efficacia dell’antipsicotico di seconda generazione aripiprazolo come terapia di mantenimento nel disturbo bipolare.

Secondo gli autori, la revisione della letteratura non ha portato, per ora, a trovare dati sufficienti ad avallare l’impiego del farmaco per la prevenzione delle recidive, e l’assenza di evidenze robuste di un beneficio in questo senso imporrebbe una certa cautela nella prescrizione, in attesa di avere ulteriori informazioni, alla luce dei possibili eventi avversi correlati all’uso di aripiprazolo, tra cui tremore, acatisia e un significativo aumento ponderale.

Oltre che per la prevenzione di un nuovo episodio maniacale, aripiprazolo è indicato per il trattamento di episodi maniacali di grado da moderato a severo del disturbo bipolare di tipo I e per il il trattamento della schizofrenia nei pazienti dai 15 anni in su, indicazioni per le quali l’efficacia del farmaco è ben documentata.

Tradizionalmente, il trattamento del disturbo bipolare è suddiviso in tre fasi: trattamento dell’episodio acuto, che dura circa 2 mesi, per ottenere la remissione dei sintomi; trattamento di continuazione, fino a 6 mesi, per prevenire una ricaduta; mantenimento a lungo termine, per prevenire le recidive. Gli antipsicotici di seconda generazione come aripiprazolo sono largamente usati per il trattamento acuto degli episodi maniacali, ma nel caso di aripiprazolo dal 2005 in avanti è cresciuto sempre di più il suo impiego anche nella fase di mantenimento.

Dato, l’ampio utilizzo di questo antipsicotico come terapia di mantenimento, gli autori della review hanno voluto verificare quali fossero le evidenze a supporto di tale pratica prescrittiva. A tale scopo, hanno cercato studi randomizzati peer-reviewed, controllati e in doppio cieco, sia pubblicati sia non pubblicati, che avessero valutato l’utilizzo di aripiprazolo per il trattamento a lungo termine del disturbo bipolare. Per loro stessa ammissione, però, non hanno contattato il produttore del farmaco, Bristol-Myers Squibb, per verificare l’eventuale esistenza di studi non pubblicati.

La ricerca ha portato all’identificazione di un solo studio, pubblicato con due articoli diversi, che soddisfaceva i requisiti stabiliti. In più, gli studiosi suggeriscono che il via libera a questa indicazione concesso dall’Fda nel 2005 si sia basato solo sull’esame di quest’unico trial.

Gli autori dell’articolo fanno notare che lo studio identificato presenta alcuni limiti, tra cui il fatto che la durata potrebbe essere stata troppo breve per valutare l’efficacia del farmaco a lungo termine. La prima fase del trial è durata solo 26 settimane e meno di un quinto dei partecipanti ha completato la fase di follow-up di 48 settimane. Inoltre, si legge nella review, i pazienti inclusi nel trial erano soggetti il cui umore si era già stabilizzato durante il trattamento con aripiprazolo nella fase preliminare del trial e il gruppo placebo consisteva di pazienti che erano stati fatti passare dal trattamento con aripiprazolo al placebo. Gli effetti potenzialmente dannosi di una brusca sospensione del farmaco potrebbero aver reso il gruppo placebo particolarmente predisposto a una ricaduta, il che, nel confronto, potrebbe aver fatto sembrare vantaggioso l’antipiscotico.

Pronta la replica di BMS, decisa a difendere il suo prodotto. La portavoce Sonia Choi ha detto che l’azienda ha fatto cinque studi a lungo termine sull’impiego di aripiprazolo nella terapia di mantenimento del disturbo bipolare, alcuni dei quali sono stati presentati a congressi piuttosto che pubblicati in riviste peer-reviewed. I dati di questi studi, ha reso noto la portavoce di BMS, saranno comunicati ai medici e l’Fda, da parte sua, ha fatto sapere che li esaminerà.


Alexander C. Tsai, et al. Aripiprazole in the Maintenance Treatment of Bipolar Disorder: A Critical Review of the Evidence and Its Dissemination into the Scientific Literature. PLoS Med 8(5): e1000434. doi:10.1371/journal.pmed.1000434.
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