Attenzione: i pazienti anziani in dialisi potrebbero non ottenere l'effetto cardioprotettivo atteso da ACE-inibitori e bloccanti del recettore dell'angiotensina (ARB), tra i farmaci di più largo impiego nei dializzati. A sostenerlo è uno studio di popolazione canadese, pubblicato il 9 aprile su Archives of Internal Medicine che non ha mostrato alcun beneficio di queste due classi di antipertensivi sugli outcome cardiovascolari rispetto alle statine o ai calcioantagonisti.

In particolare, la probabilità di andare incontro ai principali eventi avversi cardiovascolari non è risultata inferiore con un ARB rispetto a un calcioantagonista (HR 0,97, IC al 95% 0,84-1,13) e, analogamente, il rischio di tali eventi non è risultato inferiore con un ACE-inibitore o un ARB rispetto ai una statina (HR 1,08, IC al 95% 0,91-1,22).

Kirsten L. Johansen, MD, della University of California San Francisco, fa notare nel suo editoriale di commento allo studio che gli ACE-inibitori hanno dimostrato di essere efficaci, ma molti trial su questi farmaci avevano escluso la popolazione dei pazienti in dialisi. Pertanto, i risultati del gruppo canadese (guidato da Andrew T. Yan, del St Michael's Hospital di Toronto), in quanto provenienti dalla pratica clinica quotidiana, sono particolarmente rilevanti, nonostante i limiti degli studi osservazionali, perché gli ACE-inibitori sono largamente utilizzati per la gestione dell'ipertensione e dello scompenso cardiaco nei pazienti in dialisi.

Alla luce della morbilità e della mortalità cardiovascolari sostanziali nella popolazione dei pazienti dializzati cronici, che tra l’altro è in crescita, sia gli autori dello studio sia l’editorialista raccomandano l’esecuzione di un ampio trial controllato e randomizzato sugli ACE-inibitori e gli ARB in questa popolazione.

Per questo studio, gli autori hanno utilizzato alcuni database sanitari collegati tra loro della provincia canadese dell’Ontario per confrontare 1.950 pazienti in dialisi cronica al di sopra dei 66 anni che avevano iniziato a prendere un ACE-inibitore, un ARB, un calcioantagonista o una statina a partire dal luglio 1991 fino al luglio 2007.

L’endpoint primario era dato dalla combinazione di mortalità dovuta a qualunque causa, ospedalizzazione per infarto miocardico, ospedalizzazione per ictus, ospedalizzazione per scompenso cardiaco e ospedalizzazione per rivascolarizzazione coronarica.

Nel corso di un follow-up durato fino a 5 anni, non si è osservata alcuna riduzione consistente e significativa del rischio di nessuno dei componenti dell'endpoint primario nei pazienti trattati con ACE-inibitori o ARB.

L’ hazard ratio aggiustato di mortalità per qualunque causa con gli ACE-inibitori o gli ARB è risultato pari a 0,92 rispetto ai calcioantagonisti (IC al 95% 0,79-1,06) e 1,05 rispetto alle statine (IC al 95% 0,91-1,22), quello di ricovero per un infarto miocardico pari a 1,02 rispetto ai calcioantagonisti (IC al 95% 0,72-1,46) e 1,05 rispetto alle statine (IC al 95% 0,76-1,50), quello di ricovero per ictus pari a 0,97 rispetto ai calcioantagonisti (IC al 95% 0,56-1,70) e 1,08 rispetto alle statine (IC al 95% 0,62-1,88), quello di ricovero per insufficienza cardiaca pari a 0,83 rispetto ai calcioantagonisti (IC al 95% 0,63-1,09) e 0,73 rispetto alle statine (IC al 95% 0,55-0,96) e quello di ricovero per rivascolarizzazione coronarica pari a 0,87 rispetto ai calcioantagonisti (IC al 95% 0,46-1,69) e 1,08 rispetto alle statine (IC al 95% 0,57-2,07).

Per il loro studio gli autori hanno scelto come agenti di confronto i calcioantagonisti e le statine perché questi farmaci hanno dimostrato di non avere un chiaro vantaggio nella popolazione dei pazienti in dialisi. Se questi farmaci conferissero una protezione cardiovascolare ai pazienti in dialisi cronica, l’analisi comparativa potrebbe aver attenuato qualunque beneficio osservato con gli ACE-inibitori e gli ARB, sottolineano gli autori nella discussione.

R.R. Bajaj, et al. Use of angiotensin-converting enzyme inhibitors or angiotensin receptor blockers and cardiovascular outcomes in chronic dialysis patients: a population-based cohort study. Arch Intern Med 2012;172:591-93; Doi: 10.1001/archinternmed.2012.139.