L’interruzione temporanea della terapia anticoagulante nei pazienti con fibrillazione atriale (AF) è comune ma può comportare un notevole rischio di sanguinamento e di ictus, indipendentemente dal fatto che i pazienti siano trattati con rivaroxaban o warfarin. È quanto risulta da uno studio pubblicato online su Circulation.

 Mentre la terapia anticoagulante è spesso fermata per una serie di motivi, «sono disponibili pochi dati sugli outcomes a valle in termini di trombosi e sanguinamenti in queste popolazioni, e ancora più limitate sono le conoscenze circa gli effetti dell’interruzione temporanea dei nuovi anticoagulanti orali nel setting periprocedurale» spiegano gli autori, guidati da Matthew W. Sherwood, del Duke University Medical Center di Durham (North Carolina, USA).

Utilizzando i dati dello studio ROCKET AF (Rivaroxaban Once Daily Oral Direct Factor Xa Inhibition Compared with Vitamin K Antagonism for Prevention of Stroke and Embolism Trial in Atrial Fibrillation), nel quale è risultato che rivaroxaban è non inferiore a warfarin nella prevenzione di ictus ed eventi tromboembolici in alcuni pazienti con AF non valvolare, i ricercatori hanno inteso valutare i rischi connessi con la sospensione temporanea del trattamento anticoagulante nel caso di entrambi i farmaci.

Innanzitutto è stata data una precisa definizione del termine “interruzione temporanea”: con ciò, nel caso di questa analisi, si è intesa la sospensione della somministrazione di un farmaco in studio per tre o più giorni per qualsiasi causa, senza passaggio a un anticoagulante in aperto e tornando a utilizzare il farmaco momentaneamente sospeso entro 30 giorni.

Analizzando i dati del ROCKET AF, l’interruzione temporanea si è verificata in un terzo dei 14.236 pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di un farmaco in studio. Questi soggetti erano simili alla popolazione generale del trial sotto il profilo delle caratteristiche cliniche di base. Solo il 6% dei partecipanti con interruzione temporanea ha ricevuto una terapia ponte con enoxaparina o fondaparinux. La maggior parte delle interruzioni - spesso breve, dell’ordine di 5 giorni - nel ROCKET AF è stata determinata da procedure invasive.

I tassi di ictus/embolia sistemica sono risultati simili nei gruppi rivaroxaban e warfarin (0,30% e 0,41% in 30 giorni). Anche il rischio di sanguinamento maggiore è apparso simile tra i due gruppi (0,99% nel gruppo rivaroxaban e 0,79% in quello warfarin). «Valori ragguardevoli» osservano i ricercatori «se messi a confronto con i rispettivi tassi generali del trial ROCKET AF, pari al 2,2% e 3,5% all’anno».

«Questa analisi della popolazione del trial ROCKET AF rappresenta una delle più vaste coorti per lo studio dell’interruzione temporanea di anticoagulanti mai impiegate» sottolineano Sherwood e colleghi «con quasi 4.700 soggetti che hanno sperimentato oltre 7.000 interruzioni, e 431 partecipanti che hanno ricevuto una terapia ponte».

Nonostante abbiano riconosciuto che, tra i limiti dello studio, vi è l'uso di dati retrospettivi che potrebbero introdurre bias, i ricercatori hanno comunque sostenuto che, alla luce dei loro risultati, i medici dovrebbero evitare interruzioni temporanee del trattamento anticoagulante in quanto vi è il rischio di esiti avversi.

In ogni caso, hanno aggiunto «sono necessarie ulteriori indagini per determinare la strategia di gestione ottimale dei pazienti con AF che richiedono un’interruzione temporanea della terapia anticoagulante».

Arturo Zenorini

Sherwood MW, Douketis JD, Patel MR, et al. Outcomes of Temporary Interruption of Rivaroxaban Compared with Warfarin in Patients with Nonvalvular Atrial Fibrillation: Results from ROCKET AF. Circulation, 2014 Feb 19. [Epub ahead of print]
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