Nei pazienti con fibrillazione atriale (AF) che hanno avuto un infarto acuto del miocardio (IMA), il trattamento con warfarin si associa a un rischio ridotto di 1 anno per l’outcome composito comprendente decesso, infarto miocardico (IM) e ictus ischemico, senza un maggiore rischio di sanguinamento. Tale associazione inoltre non è correlata alla gravità della nefropatia cronica (CKD) concomitante. È quanto dimostra uno studio – pubblicato su JAMA – effettuato da ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma.

Il dato è rilevante perché finora esistevano dati controversi circa l’associazione tra il trattamento con warfarin, e l’incidenza del decesso e di ictus ischemico in pazienti con CKD avanzata e AF. I pazienti con AF e ridotta funzione renale concomitanti sono sempre più comuni, in quanto le due condizioni condividono svariati fattori di rischio e ne promuovono uno nuovo. Questi soggetti, infatti, sono fortemente a rischio di sanguinamento e ictus ischemico.

Nonostante ci sia un’evidente indicazione per la terapia anticoagulante, vari studi osservazionali avevano suggerito che il trattamento con warfarin in una grave malattie renale aumentasse il rischio di morte e ictus. E a tutt’oggi non esistono chiare indicazioni in merito.

Un gruppo di ricercatori del Karolinska Institute, guidati da Juan Jesús Carrero, del Centro di Medicina molecolare, hanno utilizzato il registro SWEDEHEART (Swedish Web-System for Enhancement and Development of Evidence-Based Care in Heart Disease Evaluated According to Reccomended Therapies) per analizzare – attraverso uno studio di coorte osservazionale, prospettico, multicentrico - più di 24.000 svedesi con AF sopravvissuti a un IM nel periodo 2003-2010.

Attraverso la velocità di filtrazione glomerulare (eGFR) si è effettuata una classificazione della gravità della CKD. Oltre la metà (51,7%) dei partecipanti sono stati considerati affetti da CKD di grado moderato o più severo e oltre 5mila pazienti (21,8%) sono risultati trattati con warfarin al momento della dimissione ospedaliera. Carrero e collaboratori hanno quindi studiato gli outcomes associati al trattamento con warfarin negli individui a seconda dei diversi livelli di malattia renale. Hanno così scoperto che in tutti i gradi considerati di nefropatia, il trattamento con warfarin si associava a un rischio ridotto di 1 anno dell’outcome composito. Inoltre il rischio di sanguinamento non appariva aumentato e, soprattutto, la somministrazione dell’antagonista della vitamina K aveva conseguito lo stesso beneficio nei pazienti con CKD quanto in quelli senza.

Questa associazione si è osservata in pazienti con CKD moderata, grave o allo stadio finale. Il numero di pazienti che hanno sviluppato l’outcome composito, o episodi di sanguinamento o entrambi i due outcomes sono aumentati con il peggioramento delle categorie CKD, al pari del tasso con il quale questi eventi sono occorsi. «Il nostro studio» sottolinea Carrero «interessa un vasto gruppo di pazienti attualmente sottotrattati, ed evidenzia come anche gli individui con AF e malattia renale che non necessitano di dialisi possano trarre beneficio dalla terapia con warfarin. Anzi, questa opzione di trattamento non dovrebbe essere loro negata».

Uno dei punti di forza dello studio – scrivono Carrero e colleghi – consiste nella ricchezza di informazioni sulle caratteristiche cliniche dei pazienti e sulla conferma dell’AF in base alla storia dei soggetti e ai reperti elettrocardiografici durante il decorso ospedaliero. In generale, la validità del Registro svedese dei pazienti ospedalizzati è considerata elevata, in particolare per la diagnosi di patologie neurocardiovascolari, come IM, scompenso cardiaco, AF e ictus.

In altre parole, questa ricerca offre la migliore prova finora disponibile che gli antagonisti della vitamina K migliorano gli outcomes clinici e non aumentano in modo significativo il rischio di sanguinamento dei pazienti con IM e AF affetti da CKD avanzata.

Arturo Zenorini

Carrero JJ, Evans M, Szummer K, et al. Warfarin, Kidney Dysfunction, and Outcomes Following Acute Myocardial Infarction in Patients With Atrial Fibrillation. JAMA, 2014;311(9):919-28.
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