C’è ancora molto da fare per il trattamento del dolore nei bambini e negli anziani, così come nei Pronto Soccorso: carente l’informazione ai pazienti su quanto disposto dalla legge 38/10 e i diritti che ne derivano. E spesso le strutture non formano adeguatamente il personale sanitario. Il dolore viene registrato quasi sempre in cartella clinica e trattato tempestivamente con terapie farmacologiche, ma in un caso su due non ne viene rilevata l’intensità con strumenti ad hoc.

Sono questi alcuni del risultati del programma IN-DOLORE con cui il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, grazie al sostegno non condizionato di Grünenthal, ha coinvolto 46 ospedali di 15 regioni, 214 reparti e 711 persone ricoverate per migliorare il grado di attenzione sul diritto a evitare le sofferenze e il dolore non necessari sancito dalla Carta Europea dei diritti del malato, e ripreso nello spirito dalla L. 38/10.

"E’ oggi più che mai indispensabile avere informazioni attendibili sul rispetto dei diritti dei cittadini in merito alla terapia del dolore, anche perché l'attuale sistema di finanziamento per l'attuazione della Legge 38/2010 è basato sulla presentazione di "Progetti Obiettivo" da parte delle Regioni e sull'assegnazione delle risorse da parte del Ministero. Si tratta di 100 milioni di euro l'anno ed i meccanismi di verifica e controllo sugli stessi progetti sono troppo deboli. Questo sistema va rivisto completamente a partire dal riconoscimento di una forma precisa di rimborsabilità delle prestazioni di terapia del dolore”. Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.

“IN-DOLORE indica molto chiaramente quali siano le priorità d'intervento: le Istituzioni nazionali e quelle regionali devono puntare sulle attività di informazione e sensibilizzazione rivolte a cittadini e professionisti della sanità, sui diritti sanciti dalla Legge 38/2010 e sull'importanza della loro applicazione”, ha continuato Aceti, “oltre che aumentare il livello di attenzione verso anziani e bambini per dare voce a chi non ha voce e curare il passaggio dall'ospedale al domicilio del paziente, vero anello debole del Sistema. Infine è il momento di inserire il parto indolore nei Livelli Essenziali di Assistenza, oggetto di aggiornamento proprio in queste settimane”.

ALCUNI RISULTATI DELLA RICERCA
E’ presente un apposito spazio sul trattamento del dolore in cartella clinica in 8 casi su 10; meno frequente (solo 63%) la presenza di spazi per registrare il dolore per persone con difficoltà a verbalizzare (bambini, persone con deficit cognitivi). I comitati ospedale territorio senza dolore, previsti dalla L. 38/10, sono presenti nel 70% dei casi.

Sul versante della informazione ai pazienti, emerge le informazioni sul sito web aziendale sono presenti in 7 casi su 10, ma non sempre facilmente “rintracciabili”; il 60% degli Ospedali non mette a disposizione materiale informativo su ciò che offre l’azienda in relazione al dolore. Soltanto il 24,9% dei degenti intervistati dichiara di essere stato informato sui suoi diritti in merito al dolore. Dalle interviste ai pazienti, è emerso che all’87.7% è stato chiesto se provavano dolore; soltanto al 45.2% è stato chiesto di esprimere l’intensità del dolore attraverso un apposito strumento; nel 16.4% dei casi il dolore non è stato creduto o è stato sminuito.

Nel 95.2% di casi il dolore segnalato dal paziente è stato trattato, e il 91.8% dei rispondenti dichiara che l’intervento è stato tempestivo e il trattamento nella stragrande maggioranza è stato con farmaci (97.9%).

Nel 28% dei casi non esiste la procedura che preveda la consegna dei farmaci necessari a proseguire la terapia analgesica al momento della dimissione.
La formazione del personale sulla gestione del dolore è un aspetto da migliorare tanto per i medici quanto per gli infermieri (hanno raggiunto il 75% del personale formato solo 4 strutture su 10).

In ambito pediatrico,  c’è ancora molto da fare: in una struttura su 3 mancano protocolli per procedure non farmacologiche e in 1 su 5 mancano protocolli di riduzione del dolore da parte degli infermieri mediante farmaci ad uso locale.

In caso di intervento chirurgico, il 69% delle strutture stabilisce da protocollo che i genitori possono stare con il bambino nella pre-anestesia e al risveglio. Per il 64.4% dei minori sottoposti a procedure invasive, sono state usate tecniche per ridurre l’ansia/disagio da dolore. Solo nel 50% dei casi di procedure diagnostiche invasive (ad es. prelievo con ago cannula), sono stati usati farmaci ad uso locale, quali ad es. pomate a base di lidocaina.

Altrettanto critico il trattamento del dolore nell’anziano: mancano protocolli specifici nel 76% dei reparti di medicina interna o generale monitorati.

Passando ai singoli reparti esaminati, emerge che in ginecologia-ostetricia, circa la metà delle strutture attua la parto-analgesia, con anestesista dedicato tutti i giorni per 24 h; nei reparti di chirurgia ortopedica si usano strumenti per la rilevazione e valutazione periodica del dolore, ma solo 2 strutture su 10 hanno provveduto a formare almeno il 90% del personale. Nei Pronto Soccorso la riduzione del dolore non è così scontata: solo nel 52% dei casi esistono protocolli o procedure per ridurlo durante manovre o interventi dolorosi, come le suture o la rimozione di corpi estranei.

Sul sito di Cittadinanzattiva, al link http://www.cittadinanzattiva.it/in-dolore, è possibile trovare le strutture coinvolte e l’attuale livello di attenzione al trattamento del dolore, registrato nei singoli ospedali e reparti. Negli atrii degli ospedali coinvolti sarà presente un poster con i “risultati” raggiunti dalla struttura.