Dolore

Dolore, ancora troppo poco considerato

Alcuni anni fa non solo il dolore veniva poco considerato ma soprattutto esisteva una fobia verso l'utilizzo della morfina che per aspetti diversi coinvolgeva sia il paziente che il medico. E' quanto ha spiegato Salvatore Palermo, dirigente medico UOC Terapia antalgica IRCCS "San Martino - IST" di Genova in un'intervista durante il XVI Congresso Nazionale dell'Area culturale del dolore SIAARTI.

Alcuni anni fa non solo il dolore veniva poco considerato ma soprattutto esisteva una fobia verso l’utilizzo della morfina che per aspetti diversi coinvolgeva sia il paziente che il medico. E’ quanto ha spiegato Salvatore Palermo, dirigente medico UOC Terapia antalgica IRCCS "San Martino - IST" di Genova in un’intervista durante il XVI Congresso Nazionale dell’Area culturale del dolore SIAARTI.

“Molto si è fatto – afferma- per incrementare il consumo della morfina e si è riusciti nell’impresa. Purtroppo da un paio di anni si sta assistendo a un’inversione di tendenza nel senso che a partire dagli Stati Uniti e poi nel resto dell’Europa sta avanzando una politica di riduzione o comunque di un utilizzo “appropriato” di questo farmaco”.

Da dove deriva quest’inversione di tendenza? Secondo l’esperto ci sono più motivi: “il primo (che certamente non riguarda l’Italia ma è un problema pressante negli Stati Uniti) è il pericolo di abuso con conseguente aumento della mortalità anche per un utilizzo a volte improprio. Negli Stati Uniti - sottolinea Salvatore Palermo - non è infrequente che i nipoti rubino gli oppiacei ai nonni per “farsi” gratuitamente con il pericolo di sbagliare le dosi e di andare incontro a morte per overdose.

La seconda ragione riguarda il fatto che l’utilizzo degli oppiacei si può accompagnare a effetti collaterali che possono essere anche gravi soprattutto nella popolazione anziana dove anche bassi dosaggi possono a volte dare stordimenti con pericolo di cadute accidentali che se comportano fratture (ad es. di femore) possono anche portare a conseguenze letali.

Terzo motivo - sostiene l’esperto - è la recente scoperta che gli oppiacei che funzionano benissimo nel controllo del dolore oncologico abbiano invece una scarsa efficacia nel controllo del dolore osteoarticolare che è quello che prevalentemente affligge la popolazione anziana”.

Quali azioni sarebbe importanti intraprendere ? Per Palermo in primo luogo sarebbe necessario contrastare gli effetti collaterali che spesso vengono aggravati dalla politerapia propria dei soggetti anziani; scoprire inoltre metodiche alternative per combattere il dolore in questa particolare categoria di pazienti e non solo e infine trovare alternative terapeutiche per combattere il dolore “neuropatico” (da alterazioni del sistema nocicettivo quindi ben diverso da quello “psichiatrico) dove è stato ampiamente dimostrato che gli oppiacei hanno scarse o nulle possibilità di successo.

“Nella realtà - precisa Palermo - non esistono lavori randomizzati che confermino le proprietà a esempio antalgiche della cannabis. Poco sappiamo ancora sui recettori e su come realmente vada ad agire. Di certo diverso è l’utilizzo per “fumo” da quello medico per decotto o sotto forma oleosa. Diverso sia nella quantità assunta sia nella velocità di azione e sugli effetti a livello centrale. Questo potrebbe giustificare gli effetti prodigiosi descritti dai fumatori da quelli riscontrati dai medici che attualmente la somministrano ma che in realtà hanno evidenziato solo un effetto benefico sul tono dell’umore, un potenziamento lieve dell’azione degli oppiacei e una azione positiva nei pazienti tumorali nel contrastare la fatica la nausea e il vomito”.