Un nuovo studio condotto da ricercatori del Massachusetts General Hospital ha trovato, per la prima volta, la prova di neuro-infiammazione in regioni chiave del cervello di pazienti con dolore cronico. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Brain e mostra chiaramente che i livelli di una proteina legata all’infiammazione sono elevati nelle regioni note per essere coinvolte nella trasmissione del dolore.

Questi risultati aprono la strada all'esplorazione di possibili nuove strategie di trattamento e possibili nuovi biomarcatori che riflettono le condizioni di dolore.

Anche se importanti studi hanno stabilito che la microglia e gli astrociti svolgono un ruolo chiave nella creazione e mantenimento del dolore persistente in modelli animali, il ruolo delle cellule gliali nel dolore umano rimane sconosciuto.

Per iniziare a colmare questo gap e utilizzando la nuova tecnologia che integra la tomografia a emissione di positroni-risonanza magnetica al radioligando recentemente sviluppato 11C-PBR28, i ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH) sono andati a valutare i livelli cerebrali di proteina traslocatore (TSPO), un marker di attivazione gliale, in pazienti affetti da lombalgia cronica.

Il loro obiettivo era proprio quello di colmare la mancanza di un modo oggettivo per misurare la presenza o l'intensità del dolore.

Il prof. Marco Loggia, dell’MGH-based Martinos Center for Biomedical,  assistente professore di radiologia presso la Harvard Medical School e autore principale dello studio, ha dichiarato: "Trovare aumenti dei livelli di proteina traslocatore in regioni come il talamo, porta sensoriale del cervello per il dolore e altri stimoli, è importante dal momento che sappiamo che questa proteina è altamente espresso in microglia e astrociti, le cellule immunitarie del sistema nervoso centrale, quando sono attivate in risposta a qualche evento patologico ".

“La dimostrazione dell’attivazione gliale nel dolore cronico-ha proseguito il prof. Loggia- suggerisce che queste cellule possono essere un bersaglio terapeutico e la coerenza con cui abbiamo trovato l'attivazione gliale nei pazienti con dolore cronico suggerisce che i nostri risultati possano essere un passo importante verso lo sviluppo di biomarcatori per condizioni di dolore. "

Lo studio ha inizialmente arruolato 19 pazienti con lombalgia cronica e 25 partecipanti di controllo sani. In un sottogruppo di 10 pazienti e 9 controlli senza dolore, accuratamente selezionati dal gruppo iniziale più grande in base a sesso, età e caratteristiche genetiche, sono stati condotti studi di brain imaging con uno degli scanner che integrava PET/MR utilizzando un nuovo radiofarmaco che si lega alla proteina traslocatore (TSPO).
Il prof. Loggia e i suoi colleghi hanno scoperto che i livelli della proteina nel talamo e in altre regioni del cervello sono risultati significativamente più elevati nei pazienti che nei controlli.

“Gli aumenti del segnale PET erano così straordinariamente coerenti tra i partecipanti-ha sottolineato il prof. Loggia- che è stato possibile individuare quali erano i pazienti e quali  i controlli, solo guardando le singole immagini prima dell’analisi statistica dettagliata dei dati”.
Un altro dato interessante è che tra i pazienti, a cui era stato chiesto di segnalare i loro attuali livelli di dolore durante la sessione di imaging, quelli con i più alti livelli di TSPO avevano riportato i più bassi livelli di dolore.

Il prof. Loggia ha così spiegato questo fenomeno: "Mentre l’upregulation di TSPO è un marker di attivazione gliale, che è uno stato infiammatorio, studi su animali hanno suggerito che la proteina in realtà limita l'entità della risposta gliale dopo l'inizio e promuove il ritorno ad uno stato senza dolore, lo stato pre-insulto dolorifico. Questo significa che ciò che stiamo vedendo all’imaging potrebbe essere il processo di cellule gliali che cercano la 'calma' dopo essere state attivate dal dolore.
I partecipanti con meno dolore collegato all’upregulation del TSPO possono avere una risposta neuro-infiammatoria più esasperata che alla fine porta a maggiore infiammazione e dolore.

Sono necessari studi di dimensioni maggiori per sostenere ulteriormente questa interpretazione ma le evidenze che vengono fuori da questo studio suggeriscono che farmaci chiamati agonisti del TPSO, che intensificano l'azione del TPSO, possano apportare beneficio in pazienti con dolore, aiutando a limitare l'attivazione gliale. "

Il prof. Loggia ha rilevato che questa modalità di imaging dell’attivazione gliale potrebbe identificare i pazienti per i quali è più appropriato utilizzare farmaci mirati al processo. Studi futuri dovrebbero esaminare se gli stessi schemi di attivazione gliale sono visibili nei pazienti con altre forme di dolore cronico o se particolari "firme gliali" possono differenziare sindromi specifiche o meccanismi patologici.

Emilia Vaccaro
Marco L. Loggia et al. Evidence for brain glial activation in chronic pain patients. Brain. 2015 Jan 12. pii: awu377.
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