«Ogni anno nel mondo la cefalea colpisce il 50% circa della popolazione adulta. L’11% circa dei casi soddisfa i criteri diagnostici per l’emicrania», ha spiegato il Prof. Paolo Martelletti, direttore del Dipartimento di medicina clinica e molecolare dell’Università La Sapienza di Roma, nel suo intervento al congresso della Federazione Europea di medicina del dolore (European Pain Federation EFIC) di Firenze. «In Europa e in America la prevalenza dell’emicrania è stimata attorno al 6-8% negli uomini e al 15-18% nelle donne».

Secondo i dati OMS, si tratta di tassi superiori a quelli di altri disturbi comuni come il diabete e l’asma: difatti l’emicrania è la terza patologia più frequente al mondo. «Tra le cause specifiche di disabilità su scala globale l’emicrania occupa il settimo posto. Tra tutti i disturbi da cefalea, l’emicrania cronica è quella che causa il più alto numero di attacchi al mese. Parliamo di 15 giorni di presenza di cefalea, otto dei quali accompagnati anche da emicrania», ha aggiunto il Prof. Martelletti.

Se i pazienti che soffrono di emicrania conoscono bene il dolore intenso causato da questo disturbo neurologico, coloro che non hanno mai avuto una cefalea grave o un’emicrania potrebbero non essere in grado di comprendere i più ampi risvolti, non immediatamente percepibili, che il problema può avere. Come ha spiegato il Prof. Martelletti, «La natura dirompente degli attacchi regolari può pesare anche sulle persone vicine ai pazienti e ripercuotersi negativamente su molti aspetti della vita quotidiana, innalzando i livelli di stress e causando spesso depressione». La letteratura scientifica indica una stretta associazione tra cefalee primarie e disturbi psichiatrici, compreso un più alto rischio di suicidio. «Tuttavia, le evidenze di un possibile legame tra emicrania cronica e disturbi psichiatrici non sono recenti», ha precisato il Prof. Martelletti. «Già nel 1895 Living riferiva la presenza di umore depresso, irritabilità e ansia in pazienti con cefalea cronica».

Un alto onere della malattia accompagnato da un alto tasso di comorbilità
L’emicrania cronica è associata a un maggior numero di comorbilità rispetto all’emicrania episodica. «Poiché molte di queste comorbilità, come obesità, ipertensione e disturbi d’ansia, presentano alti tassi di prevalenza nella popolazione generale, è possibile che i pazienti con emicrania cronica prendano appuntamento dal medico per discutere di questi disturbi e non dell’emicrania», avverte il Prof. Martelletti. «Identificare questi pazienti che soffrono anche di emicrania può essere d’aiuto nell’impostazione di un piano terapeutico adeguato».

Inoltre, rispetto alle forme di cefalea episodica, l’emicrania cronica persistente si accompagna a un alto tasso di disabilità da cefalea, un aumento dei costi diretti e indiretti e un maggiore ricorso ai servizi sanitari. Per i pazienti affetti da emicrania, disoccupazione e perdita di giornate lavorative o di scuola sono quasi la norma. Altrettanto spesso si trovano a dover rinunciare a eventi familiari e ad altri eventi sociali.
Secondo il Prof. Martelletti non si può prescindere da una diagnosti accurata dell’emicrania cronica: «Comprendere lo stato di salute fisico e mentale del paziente e sapere esattamente quale uso fa dei farmaci prescritti è di importanza fondamentale per impostare una terapia efficace». 

Sono due le opzioni farmacologiche a disposizione per la gestione di cefalee ed emicranie. I farmaci per la terapia in acuto vengono assunti al bisogno per sopprimere il dolore ai primi segni di cefalea o emicrania. I farmaci per la terapia preventiva impediscono gli attacchi di cefalea o emicrania.

Abuso di analgesici provoca dolore
Un problema particolare legato al trattamento dell’emicrania è l’elevata frequenza di casi di «overuse di farmaci» ovvero di un abuso di farmaci: «Il 50-80% dei pazienti con emicrania cronica afferenti ai centri specializzati abusa dei farmaci per la terapia in acuto. Benché questi farmaci attenuino il dolore e altri sintomi associati all’emicrania, un loro uso eccessivo può in realtà peggiorare la cefalea e può provocare comorbilità come disturbi psichiatrici e cardiovascolari o complicanze gastrointestinali».

Per «overuse di farmaci» si intende l’uso regolare di combinazioni di analgesici, ergotamine, triptani o oppioidi almeno 10 giorni al mese per più di 3 mesi oppure l’uso regolare di semplici analgesici o di qualsiasi combinazione di questi farmaci per più di 15 giorni al mese per più di tre mesi senza abusare di un’unica classe. Secondo il Prof. Martelletti, il giusto approccio terapeutico consiste nel limitare l’uso dei farmaci in acuto a non più di due o tre attacchi di cefalea alla settimana, non superando le due dosi per singolo attacco di cefalea. «L’overuse di farmaci deve essere trattato sospendendo i farmaci in acuto e ricorrendo alla terapia preventiva».
Diversi studi presentati al congresso EFIC di Firenze hanno indagato vari aspetti relativi all’abuso di farmaci e alla disintossicazione. Ad esempio, dallo studio COMOESTAS (EFIC Abstract Allena et al), condotto in sette paesi con la partecipazione di otto centri per la cura dell’emicrania, è emersa una prognosi molto favorevole per i pazienti «disintossicati», con tassi di risposta nei pazienti con emicrania superiori a quelli dei pazienti affetti da cefalea.

Nuove terapie
Secondo gli esperti, la gestione dei disturbi da cefalea presenta ancora grandi lacune. «Salutiamo con favore ogni nuova ricerca in tal senso e lo sviluppo di nuove terapie che possano portare sollievo ai pazienti», ha dichiarato il Prof. Martelletti.  «Tenendo presente che quasi nessuna terapia preventiva si è dimostrata efficace per l’emicrania cronica, gli effetti positivi della tossina botulinica di tipo A, o Botox, da iniettare alla dose di 155 unità in 31 siti  muscolari della testa, del viso e del collo, sono da ritenere estremamente promettenti».

Il programma PREEMPT (Phase III REsearch Evaluating Migraine Prophylaxis Therapy), che ha condotto all’approvazione della tossina botulinica per questa specifica indicazione, ha valutato il profilo di sicurezza e l’efficacia della tossina come terapia profilattica per le cefalee nei pazienti con emicrania cronica. «Lo studio ha dimostrato che la tossina botulinica riduce la frequenza degli attacchi di cefalea ed emicrania e può dunque portare importanti benefici ai pazienti», ha concluso il Prof. Martelletti. «Nella pratica clinica, fintanto che riusciamo a gestire le aspettative dei pazienti aiutandoli a stabilire obiettivi realistici, le iniezioni di Botox rappresentano un importante approccio evidence-based al trattamento dell’emicrania cronica. Il trattamento regolare con Botox è anche un approccio efficace alla gestione a lungo termine dell’emicrania cronica e in alcuni casi può avere un effetto modificante la malattia, non curandola interamente, ma facendola regredire dalla forma cronica a quella episodica».

Il potenziale beneficio derivante dall’impiego della tossina botulinica nella profilassi dell’emicrania è stato evidenziato anche da uno studio britannico presentato al congresso EFIC di Firenze (EFIC Abstract Carganillo et al) che, confermando i risultati dello studio PREEMPT, ha dimostrato una riduzione della frequenza e della gravità delle cefalee nei pazienti con emicrania cronica refrattaria.

Il Prof. Paolo Martelletti è presidente di Lifting The Burden – The Global Campaign against Headache; editor-in-chief di The Journal of Headache and Pain; vice-presidente della European Headache Federation; e presidente della EFIC-EHF-LTB Task Force against Headache.

Fonti: EFIC Abstract Allena et al, The type of primary headache and its influence on the outcome of medication overuse headache following detoxification; EFIC Abstract Carganillo et al, Botulinum toxin type a in the treatment of chronic refractory migraine in an NHS pain centre.