Dolore

Mal di schiena: le 5 cose da fare e le 5 da non fare

Chi non ha avuto almeno una volta nella vita il mal di schiena? Molte persone che ne vengono colpite superano il problema in alcune settimane ma pochi si rivolgono al medico per risolverlo. In un'intervista durante il XVI Congresso Nazionale dell'Area culturale del dolore SIAARTI, Amedeo Costantini, direttore dell'unità operativa di Terapia del Dolore dell'Ospedale di Chieti ha spiegato cosa fare e non fare in caso di mal di schiena.

Chi non ha avuto almeno una volta nella vita il mal di schiena? Molte persone che ne vengono colpite superano il problema in alcune settimane ma pochi si rivolgono al medico per risolverlo. In un’intervista durante il XVI Congresso Nazionale dell’Area culturale del dolore SIAARTI, Amedeo Costantini, direttore dell’unità operativa di Terapia del Dolore dell’Ospedale di Chieti ha spiegato cosa fare e non fare in caso di mal di schiena.

Il mal di schiena è una sindrome dolorosa molta diffusa che coinvolge milioni di persone e spesso trascurata e sottovalutata. In Italia, è la prima causa di assenteismo dal lavoro e la seconda d’invalidità permanente.

“Fermo restando che la prevenzione resta di primaria importanza per combattere il mal di schiena ci sono – ha sottolineato Costantini - cinque cose da fare e cinque da non fare.

Tra quelle da non fare: eseguire esami diagnostici non necessari (RMN e TC in particolare); prescrivere farmaci senza visitare il paziente; prescrivere riposo assoluto o, al contrario, consigliare lo svolgimento delle normali attività quotidiane (“andrà via da solo come è venuto”); considerare come causa del mal di schiena l’eventuale reperto strumentale, quando non collegabile alla clinica (es.: ernia discale contenuta in L1-L2 in un paziente con sciatica).

L’esperto ha invece consigliato di: “raccogliere una anamnesi accurata e visitare attentamente il paziente; valutare la presenza di “red flags” (ovvero di segni clinici che possono essere spia di patologie anche gravi e che richiedono approfondimento diagnostico immediato) e, in tal caso, avviare il paziente ad indagini strumentali mirate; prescrivere terapie farmacologiche e/o terapie invasive tenendo in debito conto le eventuali comorbidità e le eventuali altre terapie in corso; eseguire terapie interventistiche in condizioni di sicurezza (ambulatorio chirurgico; sala operatoria; sala radiologica) e sotto controllo rx-scopico e/o ultrasonografico; rivalutare il paziente dopo alcuni giorni di terapia e, comunque, dopo l’esecuzione di procedure interventistiche”.