La risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha il potenziale di rilevare segnali precoci di efficacia delle nuove terapie, farmacologiche e non farmacologiche, in persone che soffrono di dolore persistente; questo dato, unito alle sensazioni riportate dal paziente, può aiutare nel ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita. Questa ricerca è stata pubblicata sulla rivista Arthritis & Rheumatology.

L'osteoartrosi (OA) è una delle principali cause di disabilità a lungo termine. Tradizionalmente caratterizzata dal degrado strutturale di una o più articolazioni sinoviali, è tipicamente associato a sintomi di dolore, gonfiore e rigidità.

La ridotta destrezza manuale e l'incapacità di eseguire le attività a causa dei sintomi impattano sulla qualità della vita e sulla capacità di poter agire in maniera indipendentemente.
I livelli di dolore e disabilità sperimentati dai pazienti spesso pero’ non corrispondono al livello di danno tissutale osservato nelle articolazioni colpite, suggerendo il coinvolgimento dei meccanismi del sistema nervoso centrale nella generazione di dolore connesso all’OA.

Nel tentativo di far luce sulla gestione delle condizioni di dolore cronico, vi è da tempo il desiderio di completare le misure comportamentali di percezione del dolore con le misure di meccanismi cerebrali sottostanti.

In questo studio, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), i ricercatori hanno indagato i cambiamenti nell'attività cerebrale dopo la somministrazione di naprossene rispetto al placebo, nei pazienti con dolore legato a OA del carpo-metacarpale (CMC).

La Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) permette, infatti, di mappare quali aree cerebrali si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito, come parlare, muovere una mano e può quindi essere d’aiuto nella valutazione del dolore e nel capire se agiscono o meno determinati farmaci somministrati ad un certo paziente.

Altri studi hanno suggerito che l’fMRI potrebbe dimostrare effetti analgesici in popolazioni con dolore, aggiungendo valore agli endpoint comportamentali convenzionali e facilitando il processo decisionale precoce nello sviluppo di farmaci, la riduzione del rischio, i tempi di sviluppo e i costi.

In questo studio i ricercatori hanno investigato l’uso potenziale dell’fMRI come una tecnica di misurazione nello sviluppo di analgesici per il dolore persistente.
Nello studio è stato utilizzato il naprossene in quanto è un antinfiammatorio non steroideo indicato per il trattamento dei sintomi dell’OA.
I ricercatori hanno evocato il dolore e l’ingombro funzionale della mano percepito da un paziente con questa problematica e poi hanno rilevato le differenze nell’attività cerebrale (riduzione dell’attività) dopo l’azione del naprossene.

Il dolore veniva evocato da un dispositivo a pressione a forma di chiave che veniva schiacciato tra il pollice destro e l'indice della mano colpita. Questo dispositivo è stato progettato per mimare il dolore e la difficoltà nelle attività quotidiane per gli individui con dolore da OA della mano, come afferrare o manipolare piccoli oggetti.

Questo studio è stato un trial, in doppio cieco, a due periodi con disegno cross-over, controllato con placebo, in partecipanti con OA del primo giunto CMC della mano destra. Tutti i partecipanti sono stati visitati in quattro occasioni: screening, familiarizzazione, e due sessioni di scansione (una dopo ogni periodo di trattamento).

189 partecipanti (131 donne, 58 uomini) hanno completato un colloquio telefonico preliminare; 36 hanno incontrato i criteri di inclusione per lo screening; 23 sono stati randomizzati nello studio.
19 partecipanti (18 donne, 1 uomo) di età compresa tra 50-80 anni (Media=60.72, DS=6.40) sono stati inclusi nel set dell’ultima analisi.

Nei primi sette giorni tutti i partecipanti sono stati trattati con il farmaco placebo, nei rimanenti sette giorni i partecipanti sono stati somministrati in modo casuale con naprossene (500 mg, bd) o un abbinato farmaco placebo. Dopo la prima sessione di fMRI, tutti i partecipanti hanno ricevuto altri sette giorni di placebo poi o naprossene o placebo come loro secondo periodo di dosaggio.

Il dispositivo utilizzato nello studio era un trasduttore di pressione compatibile con la risonanza magnetica, al quale i partecipanti applicavano diversi livelli di pressione. Il dispositivo è stato calibrato per ogni partecipante durante la sessione di familiarizzazione, per determinare la contrazione volontaria massima (MVC) individuale, misurata in kilopascal.

Le differenze di intensità del dolore NRS quotidiano il giorno 7 dopo il trattamento con naprossene, rispetto al placebo sono risultate significativamente ridotte, t (18) = - 3,2, p=0.005, confermando la nota proprietà analgesica del naprossene.

Le misurazioni del dolore hanno dimostrato significative riduzioni, dopo naprossene, rispetto alla somministrazione di placebo (VAS: t (18) = - 4.34, p <0.001; PPI: t (18)=- 3.31, p=0.004 e sensoriale: t (18)=- 3,34, p=0.004). Nessuna differenza è stata osservata per le valutazioni affettive del SFMPQ (t (18) = - 1,42, p=0.17).

Le misure del dolore al polso e alla mano e della funzione (PRWHE) erano notevolmente migliorate dopo naprossene, rispetto alla somministrazione del placebo (t (18) =-2.08, p=0.05).
Riduzioni naprossene-mediate di rilievo dell'intensità del segnale sono state identificate nell’amigdala, ippocampo, talamo, corteccia somatosensoriale primaria, e posteriore, corteccia cingolata bilaterale.
Correlazioni positive sono state osservate soprattutto in S1 e S2 bilateralmente e nel talamo sinistro (controlaterale alla mano colpita).
E’ stato quindi confermato che la riduzione in risposta al naprossene è associata a riduzione dell'intensità del dolore percepito.

Questi risultati dimostrare che l’fMRI aggiunge valore alle misure tradizionali del dolore riportate dal paziente, offrendo una comprensione meccanicistica del dolore e del trattamento.
In conclusione, gli autori consigliamo l’acquisizione di molteplici tecniche di risonanza magnetica funzionale, per affiancare le classiche misure del comportamento del soggetto dolorante, al fine di meglio comprendere le risposte di dolore e le riduzioni generate dagli analgesici.

Emilia Vaccaro

Sanders D. et al. Pharmacological modulation of hand pain in osteoarthritis: A double-blinded placebo-controlled functional magnetic resonance imaging study using naproxen. Arthritis Rheumatol. 2014 Dec 22. doi: 10.1002/art.38987.
leggi