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Abemaciclib, approvato europea per il farmaco "cronicizzatore" nel tumore al seno

E' stato approvato dall'EMA, supportato dai dati di due studi internazionali, il farmaco abemciclib, in grado di rallentare la crescita del carcinoma mammario e di ridurre la resistenza alle terapie ormonali. Il problema riguarda il 70% dei casi delle forme avanzate per un totale di 20 mila donne/anno.

E’ stato approvato dall’EMA, supportato dai dati di due studi internazionali, il farmaco abemciclib, in grado di rallentare la crescita del carcinoma mammario e di ridurre la resistenza alle terapie ormonali. Il problema riguarda il 70% dei casi delle forme avanzate per un totale di 20 mila donne/anno. 

Abemaciclib, un inibitore selettivo delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK) 4&6, rallenta la proliferazione delle cellule tumorali e contribuisce ad aumentare la sopravvivenza, libera da progressione, nelle donne con un tumore al seno sensibile agli ormoni in stadio avanzato o metastatico, ritardando anche la comparsa della resistenza alle terapie ormonali standard.
Ben tollerato per la sua estrema selettività, è assunto due volte al giorno in associazione alle altre terapie ormonali e sarà un’arma in più per le 10mila nuove pazienti italiane che ogni anno lottano contro un carcinoma mammario avanzato

Grazie a questa molecola, prodotta da Llly, il tumore al seno in stadio avanzato o metastatico potrà diventare sempre più spesso e sempre più a lungo una malattia ‘cronica’.
L’approvazione riguarda l’utilizzo nelle donne con carcinoma mammario sensibile agli ormoni in stadio localmente avanzato non operabile o metastatico e per le pazienti in cui la malattia progredisce perché diventa resistente alla terapia ormonale: si tratta infatti di un inibitore selettivo delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK) 4&6, in grado di rallentare la proliferazione delle cellule maligne.

Il nuovo farmaco ha dimostrato di poter raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione di malattia in pazienti con tumore metastatico precedentemente non trattato o in progressione ad un precedente trattamento ormonale.
Abemaciclib, grazie alla sua estrema selettività e al differente profilo di sicurezza, è l’unico inibitore di CDK4&6 che può essere somministrato in continuo, inibendo costantemente lo stimolo neoplastico alla proliferazione cellulare.

Tale farmaco rappresenta, quindi, un’arma in più per la gestione delle pazienti con carcinoma mammario ormono-sensibile, che rappresentano circa il 70% delle 30 mila nuove diagnosi/anno di tumore al seno in stadio avanzato o metastatico.
Per quanto riguarda la somministrazione, questa avviene per via orale due volte al giorno e gli eventuali effetti collaterali sono facilmente gestibili grazie a controlli periodici o modifiche del dosaggio. È stato inoltre dimostrato che eventuali riduzioni di dose per eventi avversi non impattano in alcun modo sull’efficacia del farmaco.

“Abemaciclib è il terzo farmaco della classe degli inibitori delle CDK 4&6 a essere approvato dall’EMA” – spiega Pierfranco Conte, professore di oncologia medica all’Università di Padova e Direttore della divisione di oncologia medica 2, all’Istituto Oncologico Veneto- “Le CDK sono proteine che regolano la divisione e quindi la proliferazione cellulare, soprattutto in alcuni tumori. In particolare, l’inibizione selettiva di tali proteine a livello delle cellule tumorali rappresenta un obiettivo importante per il controllo della crescita tumorale. ‘Bloccare’ le CDK significa infatti ridurre la progressione tumorale, rallentando o ritardando la divisione delle cellule neoplastiche. Abemaciclib è un inibitore selettivo molto efficiente e ha dimostrato di prolungare il controllo della malattia nelle pazienti con tumore al seno sensibile agli ormoni, il più frequente di tutti con circa il 70% del totale dei casi in stadio avanzato”. 

I dati che hanno portato all’approvazione di abemaciclib arrivano da due ampi studi internazionali di fase III randomizzati e controllati in doppio cieco, MONARCH 2 e MONARCH 3. MONARCH 2 ha coinvolto 669 pazienti con tumore al seno metastatico sensibile agli ormoni e negativo per HER2, in progressione durante la terapia con ormoni; abemaciclib, in associazione alla terapia ormonale con fulvestrant, ha mostrato una sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia superiore ai 16 mesi e nelle pazienti con lesioni misurabili ha indotto una risposta nel 48,2 dei casi%. 

Altrettanto positivi i risultati di MONARCH 3, che ha valutato 493 donne in post-menopausa con tumore al seno stadio avanzato sensibile agli ormoni e negativo per HER2: anche in questo caso abemaciclib, in associazione alla terapia ormonale con un inibitore dell’aromatasi, ha avuto un impatto molto positivo sul controllo della malattia, consentendo di raddoppiare da 14 a più di 28 mesi la sopravvivenza mediana libera da progressione del tumore, con una risposta in circa il 60% delle pazienti

“I tumori al seno in fase avanzata sensibili agli ormoni possono essere ‘cronicizzati’ utilizzando terapie ormonali, ma in alcuni casi si sviluppano resistenze – osserva Conte–. L’aggiunta di abemaciclib al trattamento endocrino consente di prolungare l’efficacia dell’ormonoterapia ritardando l’insorgenza di resistenze e quindi l’eventuale ricorso alla chemioterapia: questo farmaco può quindi estendere la nostra capacità di cronicizzazione del tumore in stadio avanzato e metastatico, a fronte di effetti collaterali inferiori rispetto a quelli dei chemioterapici.

Abemaciclib è ben tollerato, l’evento avverso più comune è la diarrea che può essere controllata con opportune modifiche dello stile di vita o riducendo il dosaggio; la diminuzione dei globuli bianchi, più consistente con gli altri inibitori delle CDK 4&6, è abbastanza contenuta e nella maggior parte dei casi basta monitorarla con controlli periodici e/o modifiche del dosaggio”. Grazie alla sua estrema selettività e tollerabilità potrà diventare anche nel nostro Paese un’arma in più per affrontare il carcinoma mammario metastatico, una malattia multiforme tuttora spesso difficile da trattare. Abemaciclib è già utilizzato con successo negli Stati Uniti, dove è stato approvato nel settembre 2017 dalla Food and Drug Administration (FDA).