Per il Nice, il rimborso della trabectedina da parte del servizio sanitario pubblico britannico  in combinazione con doxorubicina liposomiale pegilata (PLDH) per il trattamento del carcinoma ovarico non s’ha da fare. Secondo l’agenzia, infatti, non è del tutto chiaro quale sia l’efficacia di quest’associazione rispetto alle terapie già esistenti. Si tratta di una valutazione preliminare che potrebbe essere rivista alla luce delle controdeduzioni che verranno presentate dall’azienda produttrice del farmaco.

Nella bozza del documento diffusa venerdì scorso, il direttore esecutivo Andrew Dillon dichiara che “l’opzione preferita per le recidive del tumore all'ovaio platino-sensibile è il ritrattamento con la chemioterapia a base di platino. Dato che l’azienda produttrice non ha fornito dati di confronto tra trabectedina e altri regimi chemioterapici a base di platino, non si può stabilire se la molecola sia in grado di offrire un miglioramento della sopravvivenza globale rispetto alla sola chemioterapia.

Un comitato di valutazione di esperti indipendenti ha però esaminato i dati forniti dal produttore di confronto tra trabectedina più PLDH e la sola PLDH in pazienti affette da carcinoma dell’ovaio con vari gradi di sensibilità al platino. I dati suggeriscono che trabectedina è più efficace nelle donne con tumore parzialmente sensibile al platino (cioè quando la recidiva si verifica tre 6 e 12 mesi dalla chemioterapia di prima linea a base di platino). Tuttavia, si legge nel documento, “il comitato non ha potuto assicurarsi che l’efficacia di trabectedina in questo gruppo sia davvero diversa da quella osservata nel gruppo più ampio di pazienti per le quali il farmaco è approvato”.

Sul fronte farmacoeconomico, poi, il verdetto del comitato è che, pur tenendo conto dello schema di accesso proposto dall’azienda per limitare il costo totale del farmaco, il prezzo di trabectedina sia troppo elevato in rapporto all’incertezza sul beneficio che potrebbe offrire alle pazienti.

Documento del Nice