L’Fda ha stabilito che l’antiaritmico dronedarone non debba essere prescritto ai pazienti con fibrillazione atriale (FA) permanente. In questi casi, secondo i dati raccolti dall’agenzia americana, l’uso del farmaco può raddoppiare il tasso di morti cardiovascolari, stroke e scompenso cardiaco.

La revisione del labelling del farmaco era iniziata lo scorso mese di luglio sulla base dei dati di due studi clinici, uno dei quali è lo studio PALLAS, i cui dati definitivi sono appena stati pubblicato sul NEJM. Nel PALLAS il rischio complessivo di eventi vascolari maggiori dei paziente trattati con dronedarone è risultato 2,2 volte maggiore rispetti ai controlli. Sulla base di questi dati, lo scorso luglio, il Data Monitoring Committee dello studio aveva deciso che il trial dovesse  essere stato interrotto in anticipo.

Già in precedenza la scheda tecnica americana del farmaco era stata integrate con i dati che evidenziavano possibili rischi epatici e con un “boxed warning” sull’impiego nei pazienti con scompenso cardiaco.

Lo scorso mese di settembre, l’Ema aveva stabilito che l’impiego del farmaco dovesse essere limitato ai pazienti con fibrillazione atriale parossistica o persistente.
Dronedarone blocca i canali del calcio, del potassio e del sodio, e ha anche effetti antiadrenergici. E' un derivato dell'amiodarone, che di tutti gli antiaritmici  è quello più efficace nella FA. A differenza di quest'ultimo, non contiene iodio e non possiede quindi una buona parte degli effetti indesiderati evidenziati dallo stesso amiodarone, principalmente a livello della tiroide.

Si stima che in Europa la FA colpisca circa 4,5 milioni di persone mentre in Italia i malati sono circa 500mila, con 50-100mila nuovi casi ogni anno. Il dato, tuttavia è sottostimato perché non tiene conto di tutti i pazienti che hanno forme silenti, pericolose perché si tratta di pazienti non protetti con alcun farmaco specifico.
La FA è una causa maggiore di ricoveri ospedalieri e di mortalità e si sta imponendo quale problema sanitario emergente per via del progressivo invecchiamento della popolazione, tanto che nelle persone oltre gli 80 anni ha una prevalenza del 10%.

Comunicato Fda