Amgen ha reso noto di aver depositato all’Fda la domanda di registrazione (Biologics License Application) per evolocumab, una farmaco sperimentale che appartiene alla nuova classe degli anti PCSK9, farmaci anticolesterolo contraddistinti da notevole efficacia, superiore a quella delle tradizionali statine.

La biotech americana è dunque in (leggero) vantaggio rispetto a Sanofi, che sta sviluppando un farmaco della stessa classe, alirocumab. Sanofi dovrebbe depositare la domanda all’Fda nel corso del quarto trimestre del 2014.

Gli analisti ritengono che il farmaco di Amgen potrebbe ricevere dall’Fda la Priority Review  sulla base dei seguenti fatti: [1] è la prima a depositare la domanda per una nuova classe di farmaci innovativi con capacità ipolipemizzanti senza precedenti e [2] Amgen ha incluso i dati di popolazioni speciali come quelli con ipercolesterolemia familiare (IF omozigote e HeFH).

Se sarà la prima sul mercato, Amgen sarà in grado di fissare il prezzo e stabilire un vantaggio quale primo farmaco a entrare in commercio.

E’ anche plausibile che se il dossier di alirocumab verrà depositato a breve, l’Fda potrebbe convocare una sola riunione del comitato consultivo, al fine di armonizzare i tempi delle approvazioni.

Evolocumab è un anticorpo monoclonale interamente umano che inibisce la proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9), una proproteina che riduce la capacità del fegato di rimuovere il colesterolo LDL dal sangue.

La domanda di evolocumab, un anticorpo monoclonale interamente umano, contiene i dati provenienti da circa 6.800 pazienti, 4.500 dei quali hanno partecipato a 10 studi clinici di fase 3 su pazienti con colesterolo elevato. Newgli studi clinici registrativi il farmaco ha determinato una riduzione statisticamente significativa, compresa tra il 55 e il 66%, del colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL), se confrontato con placebo in pazienti ipercolesterolemici.

La fase 3 ha valutato la sicurezza e l'efficacia di evolocumab in pazienti che avevano elevati di colesterolo, nonostante la terapia con statine e che stavano o non stavano utilizzando altre terapie ipolipemizzanti, i pazienti intolleranti alle statine, i pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote e nei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote, secondo il comunicato.

La PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9) è una proteina che è stata scoperta 10 anni fa a livello cerebrale in pazienti con ipercolesterolemia familiare.  «La sua funzione» spiega Alberico Catapano, ordinario di Farmacologia e presidente della Società europea di aterosclerosi (Sisa) «è quella di modulare i recettori Ldl presenti sulla superficie degli epatociti».

Fisiologicamente, quando si ha il legame delle particelle Ldl ai recettori specifici, si ha internalizzazione endocellulare del complesso in vescicole che si fondono negli endosomi: qui le Ldl vanno incontro a degradazione lisosomiale, mentre il recettore è ‘riciclato’, tornando a essere esposto in superficie. «Però, quando al legame tra Ldl e recettore, si aggiunge anche il legame della PCSK9» riprende Catapano «si ha la degradazione a livello lisosomiale anche del recettore, che dunque non è più disponibile sulla superficie cellulare. Inibendo l’attività del PCSK9 si riduce quindi il colesterolo-LDL circolante in quanto aumenta l’espressione dei recettori Ldl».

Per conseguire tale inibizione erano perseguibili molte strategie ma finora, al tempo record di soli 10 anni dalla scoperta della molecola, l’unica sviluppata è quella degli anticorpi monoclonali che bloccano la PCSK9, consentendo appunto l’aumentata presenza di recettori per le LDL sugli epatociti e quindi una maggiore clearance di LDL dal torrente ematico.

L’ipercolesterolemia è la forma più comune di dislipidemia, un’anomalia dei lipidi presenti nel sangue che conta circa 300 milioni di casi negli Stati Uniti, in Giappone e in Europa occidentale. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, oltre 71 milioni di americani adulti presentano livelli elevati di colesterolo LDL,5 o colesterolo “cattivo”, condizione che è riconosciuta come uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.

I pazienti con ipercolesterolemia familiare, una condizione ereditaria che provoca la presenza di livelli elevati di colesterolo LDL già a partire dalla nascita, sono esposti a un rischio elevato di eventi cardiovascolari in età precoce. L’ipercolesterolemia familiare eterozigote è uno dei disturbi genetici più comuni, che a livello mondiale interessa circa un individuo su 200-500.