Arriva dall’Fda la segnalazione, per ora limitata a 20 casi, di episodi di chetoacidosi a seguito della somministrazione di uno dei nuovi inibitori del co-trasportatore di sodio- glucosio, recentemente entrati in commercio.

Le segnalazioni provengono dall’ Fda Adverse Event Reporting System che ha valutato i pazienti trattati con questi farmaci nel periodo compreso tra il marzo del 2013 e il giugno del 2014. In alcuni casi il problema è stato accentuato da fattori scatenanti come la gravità della malattia diabetica, ridotto apporto di cibo e ridotto uso di insulina.

In tutti i casi osservati, la diagnosi di chetoacidosi è stata fatta da un operatore sanitario, e l'ospedalizzazione è stata necessaria per trattare l'episodio. Una associazione temporale con la terapia con un inibitore SGLT2 è stata osservata in tutti i casi, secondo l’FDA. Il tempo mediano di insorgenza dei sintomi dopo l'inizio della terapia farmacologica era di 2 settimane.

L’agenzia americana fa notare come la chetoacidosi di solito si manifesta in pazienti con diabete di tipo 1 mentre la maggior parte dei pazienti colpiti presentava un diabete di tipo 2.

Il warning riguarda sia i farmaci di questa classe utilizzati singolarmente (dapagliflozin, canagliflozin, empagliflozin) sia le loro associazioni con altri farmaci (metformina, linagliptin).

La chetoacidosi diabetica è dovuta a una marcata carenza di insulina che comporta una risposta compensatoria dell'organismo, il quale, per la produzione di energia, passa a un metabolismo di tipo lipidico (vengono bruciati gli acidi grassi e, soprattutto, i trigliceridi) con conseguente produzione di corpi chetonici (acido acetoacetico, acetone, e acido beta-idrossi-butirrico). Il passaggio nel sangue di queste sostanze provoca una caduta del pH fino a valori di acidosi anche molto marcata. È proprio la produzione di corpi chetonici acidi che causa la maggior parte dei sintomi e complicazioni.

I sintomi iniziali sono poliuria, nausea, vomito e, particolarmente nei bambini, dolore addominale. In seguito è frequente lo sviluppo di letargia o sonnolenza; nei pazienti non trattati, essa può progredire fino al coma. In una piccola percentuale di pazienti, il coma costituisce la manifestazione di esordio.

Comunicazione Fda