Il trapianto di cellule dopaminergiche può offrire un sollievo sintomatico a lungo termine nei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Lo dimostrano i risultati di due case reports, pubblicati su JAMA Neurology, che forniscono il “proof-of-concept” per futuri trials clinici in cui si impieghi la terapia con cellule fetali o staminali.

Lo studio è stato coordinato da Zinovia Kefalopoulou, del National Hospital for Neurology and Neurosurgery di Londra, struttura in cui sono stati seguiti clinicamente i pazienti. Questi ultimi, però, hanno subito il trapianto nell’Ospedale Universitario di Lund (Svezia), da un’èquipe guidata da Håkan Widner. Due pazienti hanno ricevuto impianti intrastriatali di tessuto mesencefalico ventrale fetale umano, ricco in neuroblasti dopaminergici, quale trattamento sperimentale del Parkinson. Il trapianto è stato eseguito inserendo bilateralmente gli innesti mediante tecnica stereotassica guidata dall’imaging di risonanza magnetica per la visualizzazione dei nuclei della base (metodo ripetuto nei follow-up).

Lungo la fase iniziale del decorso entrambi i pazienti hanno manifestato eccellenti risposte al trattamento con levodopa. Peraltro, in tutti e due i casi, successivamente si sono sviluppate fluttuazioni “on-off” disabilitanti, accompagnate da severe discinesie indotte dalla levodopa. Per valutare l’efficacia a lungo termine degli innesti sono state effettuate valutazioni cliniche a 15 anni di distanza, in un paziente, e a 18, nell’altro. La funzione motoria è stata misurata utilizzando la Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS) motor examination (parte III) in presenza o assenza di terapia medica (nessuno dei due pazienti era in trattamento sostitutivo dopaminergico).

Le discinesie e le fluttuazioni “on-off”, invece, sono state valutate tramite l’UPDRS parte IV. Per definire meglio la gravità delle discinesie si è ricorso alla Abnormal Involuntary Movement Scale. La batteria di test ha incluso anche l’Activities of Daily Living-UPDRS part II, il PD Non-Motor Symptoms Questionnaire, il PDQ-39 questionnaire, oltre a una valutazione neuropsicologica. I punteggi clinici pre- e postoperatori sono stati confrontati con quelli dei follow-up. Inoltre, da dati di archivio sono state recuperate le immagini di tomografia a emissione di positroni (PET) pre- e postoperatorie di uptake di [F18]-F-DOPA.

I graduali miglioramenti guadagnati lungo il primo anno dopo il trapianto si sono mantenuti fino al 18° anno dopo l’intervento in entrambi i pazienti, che nel frattempo hanno cessato completamente la terapia farmacologica dopaminergica. «Nonostante ognuno dei due pazienti sia stato affetto da quasi 30 anni dalla malattia di Parkinson con fluttuazioni e discinesie problematiche prima del trapianto, entrambi ora presentano sintomi molto lievi e sono diventati indipendenti da qualsiasi trattamento farmacologico dopaminergico da oltre 10 anni» affermano gli autori dell’articolo.

«Inoltre» proseguono «il decorso della malattia è in genere inesorabilmente progressivo, mentre la limitata progressione della disabilità in questi due pazienti dal momento dell’innesto non è di solito ottenuto mediante le altre strategie terapeutiche convenzionali». In entrambi i pazienti è occorsa discinesia correlata all’innesto - apparentemente attenuabile mediante stimolazione cerebrale profonda del segmento interno del globo pallido - ma senza impatto funzionale significativo, e in ogni caso la comparsa è stata controbilanciata dai benefici effetti sulla funzione motoria.

I due soggetti descritti nell’articolo fanno parte, in realtà, di una serie di 18 pazienti sottoposti a Lund a trapianto di cellule fetali in un trial in aperto dalla fine degli anni ’80 fino alla metà degli anni ’90. Da una meta-analisi sull’intera coorte sono emersi outcomes variabili ma complessivamente favorevoli.

Studi post mortem di pazienti con malattia di Parkinson sottoposti a innesto di cellule neurali fetali oltre 10 anni prima del decesso hanno dimostrato che tra il 2% e l’8% dei neuroni dopaminergici trapiantati mostrano corpi di Lewy, così come circa l’80% presenta livelli aumentati di alfa-sinucleina solubile nei corpi cellulari. «Modificazioni» commentano gli autori «coerenti con un invecchiamento prematuro delle cellule». Studi più dettagliati in follow-up successivi hanno evidenziato che, con il tempo, i neuroni innestati esprimono progressivamente ridotti livelli di trasportatore della dopamina e di tirosina idrossilasi, aspetti «che ulteriormente comprovano il fatto che il processo patologico abbia un impatto diretto sulle cellule innestate».

«Resta da valutare se futuri protocolli di trapianto debbano anche essere mirati a sistemi extrastriatali non dopaminergici per ottenere benefici diffusi in modo più ampio sui sintomi motori e non motori del Parkinson di origine non dopaminergica» concludono gli autori.

Arturo Zenorini

Kefalopoulou Z, Politis M, Piccini P, et al. Long-term Clinical Outcome of Fetal Cell Transplantation for Parkinson Disease: Two Case Reports. JAMA Neurol, 2013 Nov 11. [Epub ahead of print]
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