Oncologia ed Ematologia

Ca al polmone a piccole cellule, aggiunta di bevacizumab in prima linea ritarda la progressione, ma non allunga la vita

L'aggiunta dell'anticorpo monoclonale anti-VEGF bevacizumab alla chemioterapia standard di prima linea con cisplatino ed etoposide ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule con malattia estesa in un trial randomizzato tutto italiano, lo studio GOIRC-AIFA FARM6PMFJM, uscito da poco sul Journal of Clinical Oncology.

L'aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-VEGF bevacizumab alla chemioterapia standard di prima linea con cisplatino ed etoposide ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule con malattia estesa in un trial randomizzato tutto italiano, lo studio GOIRC-AIFA FARM6PMFJM, uscito da poco sul Journal of Clinical Oncology. Questo risultato non si è tradotto, tuttavia, in un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (OS), che era l’endpoint primario dello studio.

"Nonostante la sua sensibilità iniziale alla chemioterapia e alla radioterapia, il carcinoma polmonare a piccole cellule con malattia estesa rimane un tumore incurabile" scrivono gli autori dello studio, guidati da Marcello Tiseodella Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.

La combinazione di cisplatino più etoposide ha rappresentato lo standard di cura per questa neoplasia sin dal 1980 e strategie più recenti non hanno portato ad alcun passo avanti, spiegano i ricercatori nell’introduzione. Studi precedenti, tuttavia, hanno suggerito che l'anti-VEGF bevacizumab potrebbe essere efficace.

Visti i risultati promettenti ottenuti in fase II, Tiseo e i colleghi hanno avviato uno studio randomizzato di fase III che ha coinvolto 204 pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule con malattia estesa naïve al trattamento, di cui 103 assegnati alla chemioterapia con cisplatino e etoposide e 101 allo stesso regime più bevacizumab. Il trial ha visto la partecipazione di 29 centri italiani e il follow-up mediano è stato di 34,9 mesi.

La PFS mediana è risultata di 6,7 mesi nel braccio trattato con bevacizumab e 5,7 mesi in quello di controllo (HR 0,72; IC al 95% 0,54-0,97; P = 0,030). Tuttavia, la differenza di OS mediana fra i due bracci - rispettivamente 9,8 mesi contro 8,9 mesi - non è risultata significativa (HR 0,78; IC al 95% 0,58-1,06; P = 0,113), così come l’OS a 12 mesi (rispettivamente 25% e 37%)..

La percentuale di risposta è risultata del 58,4% nel gruppo trattato con bevacizumab più la chemioterapia contro 55,3% nel gruppo trattato con la sola doppietta chemioterapica (OR 1,13; IC al 95% 0,65-1,97; P = 0,657).

Su 96 pazienti trattati con bevacizumab, 41 hanno continuato la terapia di mantenimento con l’anti-VEGF per una mediana di 4 cicli. Lo studio ha trovato un effetto significativo della terapia di mantenimento sull’OS, con un HR pari a 0,60 (IC al 95% 0,40-0,91; P = 0,011); tuttavia, gli autori hanno trovato"solo un effetto borderline" sulla PFS (HR di 0,72; IC al 95% 0,48-1,07; P = 0,095).

Un'analisi sui sottogruppi ha evidenziato una dipendenza dell'effetto di bevacizumab dal sesso. Infatti, l'aggiunta dell'anticorpo si è tradotta in un HR di sopravvivenza pari a 0,55 negli uomini e, al contrario, un effetto dannoso del farmaco nelle donne, con un HR pari a 1,55 (P = 0,003).

Sul fronte della sicurezza e tollerabilità, gli eventi avversi di grado 3-5 sono stati più frequenti nel gruppo trattato con i soli cisplatino ed etoposide rispetto al gruppo trattato anche con bevacizumab (62,1% contro 54,7%), ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica (P = 0,291). Tuttavia, nel braccio trattato con bevacizumab i pazienti che hanno dovuto interrompere il trattamento sono stati più numerosi: 14,7% contro 6,8%. Non si sono registrate differenze significative, invece, per quanto riguarda la tossicità ematologica, mentre l’ipertensione di grado 3 o 4 è stata più comune con bevacizumab (6,3% contro 1%; P = 0,57).

"I risultati del nostro studio, insieme con le conoscenze disponibili in questo campo, nel complesso supportano la conclusione che combinare bevacizumab con la chemioterapia standard a base di platino più etoposide non porta a un miglioramento significativo della sopravvivenza nel carcinoma polmonare a piccole cellule con malattia estesa" concludono gli autori. Il miglioramento della PFS, tuttavia, suggerisce che varrebbe la pena fare ulteriori studi con altri agenti antiangiogenici in questo tumore, specialmente nel setting del mantenimento.

M. Tiseo, et al. Italian, Multicenter, Phase III, Randomized Study of Cisplatin Plus Etoposide With or Without Bevacizumab as First-Line Treatment in Extensive-Disease Small-Cell Lung Cancer: The GOIRC-AIFA FARM6PMFJM Trial. J Clin Oncol. 2017; doi: 10.1200/JCO.2016.69.4844 J.
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