L’ anticancro sperimentale brivanib non migliora significativamente la sopravvivenza generale dei pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato ma, aumenta il tempo alla progressione delle patologia e migliora il tasso di controllo della malattia e le risposte generali, indicando un attività antitumorale del medicinale nei pazienti che non avevano risposto a sorafenib. E’ quanto emerso dallo studio BRISK-PS (Brivanib Study in HCC Patients at Risk Post Sorafenib) presentato in occasione del Congresso della European Association for the Study of the Liver (EASL).

Lo studio ha arruolato 395 pazienti con tumore al fegato nei quali la malattia era progredita nonostante la terapia con sorafenib randomizzati a ricevere brivanib (800 mg/die) o placebo, entrambi associati alla miglior terapia di supporto.

L’endpoint principale dello studio, la sopravvivenza generale, non è stato raggiunto dal farmaco (8,2 vs 9,4 mesi, rispettivamente per il placebo e il farmaco, P=0,3307). Comunque, il tempo alla progressione era di 4,2 mesi con il farmaco e di 2,7 mesi con il placebo, P=0,001). Anche la sopravvivenza senza progressione della patologia è migliorata con il medicinale (4,2 vs 2,7 mesi). Il tasso di risposta generale era del 2% con il placebo e del 125 con il farmaco (P=0,0032).

Gli eventi avversi di grado 3 e 5 erano più comuni nel gruppo assegnato al medicinale. Il numero di pazienti deceduti entro 30 giorni dall’ultima dose del farmaco era simile tra i due gruppi. Ma tre decessi, secondo gli autori, erano attribuibili al medicinale. La soglia di alfa-fetoproteina e di invasione della vena portale erano tra i fattori prognostici per la sopravvivenza generale, entrambi i quali hanno mostrato un disequilibrio tra placebo e farmaco al basale (45% vs 52% e 12% vs 25% rispettivamente).

Brivanib inibisce il fattore di crescita endoteliale (VEGFR) e il recettore del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR). Finora, il farmaco è stato studiato in 29 trial che hanno arruolato oltre 4mila pazienti.

Bristol-Myers Squibb, l’azienda che ha sviluppato il medicinale  sta sperimentando il farmaco anche come terapia di prima linea, sempre nel tumore al fegato. Inoltre, il medicinale viene studiato anche nel carcinoma colon rettale, del rene e gastrointestinale

Il carcinoma epatocellulare (HCC) costituisce il 5% di tutti i tumori maligni e origina dalle cellule del fegato (epatociti). Alcuni fattori che predispongono allo sviluppo del carcinoma sono l’infezione da virus d’epatite B e C e la presenza di cirrosi epatica (post-epatitica, post-etilica, da malattia autoimmune).
leggi