Cardiologia

NOAC, considerare i potenziali rischi da interazione con altri farmaci

Secondo uno studio pubblicato su "JAMA", i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV) trattati con anticoagulanti orali non-vitamina K (NOAC) hanno un rischio maggiore di emorragie maggiori quando trattati anche con vari altri farmaci, tra i quali amiodarone, fluconazolo, rifampina e fenitoina. Al contrario, i pazienti trattati con NOAC ai quali sono prescritti anche atorvastatina, digossina, eritromicina o claritromicina hanno un rischio significativamente più basso di sanguinamento maggiore rispetto ai soggetti trattati con il solo NOAC.

Secondo uno studio pubblicato su “JAMA”, i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV) trattati con anticoagulanti orali non-vitamina K (NOAC) hanno un rischio maggiore di emorragie maggiori quando trattati anche con vari altri farmaci, tra i quali amiodarone, fluconazolo, rifampina e fenitoina. Al contrario, i pazienti trattati con NOAC ai quali sono prescritti anche atorvastatina, digossina, eritromicina o claritromicina hanno un rischio significativamente più basso di sanguinamento maggiore rispetto ai soggetti trattati con il solo NOAC.

Gli autori della ricerca, guidati da Shang-Hung Chang, del Chang Gung Memorial Hospital di Taiwan, chiariscono che mentre molti dei farmaci citati non sono raccomandati dalle linee guida cliniche aggiornate per il trattamento della FANV, «spesso sono necessari agli utilizzatori di NOAC in molti scenari clinici». Per esempio, scrivono Chang e colleghi, un'analisi dei partecipanti agli studi ROCKET-AF e ARISTOTLE, condotti rispettivamente con rivaroxaban e apixaban, ha evidenziato che più di due terzi dei pazienti trattati hanno assunto più di cinque farmaci con l'anticoagulante.

Nonostante questo, rilevano, «le conoscenze attuali delle interazioni farmacologiche associate ai NOAC provengono principalmente da studi su modelli animali, case report e limitate misure farmacocinetiche».

Due incroci farmacocinetici: il CYP3A4 e la via della glicoproteina P
Il punto è che ci sono molte potenziali interazioni, date alcune delle vie metaboliche condivise dai NOAC e da altri farmaci. Questi ultimi includono sia inibitori del citocromo p450 3A4 (CYP3A4) sia agenti che competono con la via della glicoproteina P. Di conseguenza, il metabolismo dei NOAC può essere influenzato dall'uso concomitante di tali molecole, che possono a loro volta influire sul rischio di ictus e sanguinamento.

Nell'analisi del team di Chang, 279.734 pazienti con FANV sono stati identificati attraverso il database del “Taiwan National Health Insurance Administration”. Di questi, 91.330 sono stati trattati con NOAC, di cui il 49,7% con dabigatran, il 59,1% con rivaroxaban e il 14,1% con apixaban (edoxaban non è stato studiato perché immesso sul mercato di Taiwan solo nel 2016).

I farmaci più comunemente usati con i NOAC erano atorvastatina, diltiazem, digossina e amiodarone. «Nel complesso» riportano gli autori «l'uso contemporaneo di amiodarone, fluconazolo, rifampina e fenitoina con un NOAC -  in un'analisi abbinata alla propensione - era sempre associato a un aumento del rischio di sanguinamento rispetto all'uso di un NOAC da solo» (rischio relativo corretto, rispettivamente: 1,37, 2,35, 1,57, 1,94).

Al contrario, l'uso concomitante di atorvastatina ed eritromicina/claritromicina con un NOAC è risultato associato a un rischio relativo significativamente più basso di sanguinamento maggiore (rispettivamente del 29% e del 40%) rispetto al solo NOAC. «Una piccola, ma statisticamente significativa, riduzione del sanguinamento è stata osservata anche quando i pazienti combinavano un NOAC con digossina» aggiungono gli autori.

Si fa notare che uno dei vantaggi dei NOAC rispetto al warfarin è che i nuovi anticoagulanti orali non richiedono un monitoraggio frequente della coagulazione. Peraltro, questo vantaggio potrebbe rivelarsi un inconveniente in quanto con i NOAC è meno agevole monitorare l'intensità anticoagulante nei pazienti che assumono farmaci multipli, specie in caso di timori per eventuali interazioni farmacologiche.

Amiodarone e atorvastatina, due terapie concomitanti da valutare più a fondo
Alcune linee guida, come le raccomandazioni dell'American Heart Association (AHA)/ American College of Cardiology (ACC) per il trattamento della malattia dell'arteria periferica (PAD), consigliano di evitare l'amiodarone e il diltiazem nei pazienti trattati con NOAC. «Questi farmaci, tuttavia, sono stati prescritti frequentemente a pazienti con FANV in ambito clinico» scrivono Chang e colleghi.

Digossina, diltiazem, amiodarone e atorvastatina sono stati utilizzati in oltre il 20% dei pazienti trattati con NOAC per malattie croniche. Nello studio ARISTOTLE, sottolineano i ricercatori, non si è avuto alcun rischio di sanguinamento maggiore tra i pazienti trattati con apixaban che hanno ricevuto anche amiodarone.

Tuttavia, sulla base della loro analisi che ha mostrato 13,94 eventi di sanguinamento in più per 1.000 persone-anno, ogni beneficio che amiodarone possa avere apportato potrebbe essere stato annullato dall'eccesso di rischio di sanguinamento. In ogni caso, si fa notare che attualmente alla maggior parte dei pazienti con FANV si tende a non prescrivere una terapia antiaritmica, prediligendo il ricorso all’ablazione transcatetere.

Per quanto riguarda la riduzione del rischio di emorragia con atorvastatina, Chang e colleghi affermano che i loro risultati suggeriscono come i medici non devono evitare di prescrivere l'ipolipemizzante nei pazienti trattati con NOAC. In ogni caso, concludono «i medici che prescrivono NOAC dovrebbero considerare i potenziali rischi associati con l’uso concomitante di altri farmaci».

A.Z.

Bibliografia:
Chang SH, Chou IJ, Yeh YH, et al. Association Between Use of Non-Vitamin K Oral Anticoagulants With and Without Concurrent Medications and Risk of Major Bleeding in Nonvalvular Atrial Fibrillation. JAMA, 2017;318(3):1250-9.
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