La trasparenza degli studi clinici è un principio giuridico ormai accolto dalla maggioranza dei Paesi. In base a tale principio, i soggetti commerciali e non commerciali che realizzano degli studi clinici (sponsor nel lessico della UE; responsible party in quello degli USA) sono tenuti a registrarli su database dotati di appositi ambienti di popolamento a cui gli sponsor possono accedere solo dopo essersi registrati (EudraCT per la UE; ClinicalTrials.gov per gli USA, solo per citare i maggiori) e pubblicarne i risultati secondo criteri e tempi definiti.
Clinical trial disclosure e data transparency: obbligo o opportunità?
La trasparenza degli studi clinici è un principio giuridico ormai accolto dalla maggioranza dei Paesi. In base a tale principio, i soggetti commerciali e non commerciali che realizzano degli studi clinici (sponsor nel lessico della UE; responsible party in quello degli USA) sono tenuti a registrarli su database dotati di appositi ambienti di popolamento a cui gli sponsor possono accedere solo dopo essersi registrati (EudraCT per la UE; ClinicalTrials.gov per gli USA, solo per citare i maggiori) e pubblicarne i risultati secondo criteri e tempi definiti.
A livello globale, esistono numerose normative e altrettanti requisiti in materia di trasparenza degli studi clinici, a secondo dell’ordinamento locale e del tipo o della categoria degli studi. Questo lavoro prende in considerazione i requisiti obbligatori della Unione Europea, del Regno Unito e degli USA, mentre rimandiamo alla mappatura realizzata da PhUSE per una visione d’insieme.
Nel caso della UE, è interessante rilevare come l’Agenzia Europea del Farmaco abbia stabilito che: “A high degree of transparency will take regulatory decision-making one step closer to EU citizens, and promote the better-informed use of medicines. (…) The access to clinical data will benefit public health in the future”.
È tuttavia necessario tenere presente che gli sponsor sono chiamati a un impegno supplementare per coniugare lo spirito della trasparenza con la complessa attività della ricerca clinica. Ciò comporta investimenti di risorse che, sia pure nelle diverse logiche del pubblico e del privato, devono produrre benefici che vadano oltre il rispetto di una serie di regole.
Questo articolo suggerisce come l’applicazione delle norme di clinical trial disclosure e data transparency possa rappresentare nel prossimo futuro una opportunità, per gli sponsor, per i pazienti e per l’intera comunità.
Opportunità per gli sponsor
Agli sponsor, commerciali e non, le pratiche legate alla trasparenza dei clinical trial si presentano come altrettante occasioni per rendere più chiare e accessibili le caratteristiche di efficacia e sicurezza dei nuovi farmaci e medical device.
In questa prospettiva, le stesse associazioni di produttori di farmaci EFPIA (Europa) e PhARMA (Stati Uniti) hanno adottato nel luglio 2013 il documento congiunto Principles for Responsible Clinical Trial Data Sharing, tra i cui obiettivi figura il potenziamento dell’accesso pubblico alle informazioni sugli studi clinici. Molte aziende farmaceutiche hanno già reso pubblici documenti che descrivono le loro policy di Clinical Trial Transparency e pubblicato la gran parte (se non la totalità) dei propri studi clinici. Già nel 2015 aziende quali GSK, Johnson & Johnson e Bristol-Meyer Squibb avevano intrapreso questa via, seguite negli anni successivi dalla maggior parte delle grandi imprese farmaceutiche.
Al contrario, come attesta il rapporto Clinical Trial Transparency at European Universities, la situazione per gli sponsor accademici si presenta assai meno matura. L’83% degli studi clinici (778 su 940) condotti dalle 30 università europee sponsor del maggior numero di studi clinici non rispettano le norme europee sulla trasparenza; tra queste, le università italiane occupano gli ultimi posti della graduatoria.
Nonostante la lentezza delle istituzioni accademiche a pubblicare i propri risultati, i database pubblici Clinicaltrials.gov (US) e EU Clinical Trial Registry (EU) permettono oggi di consultare liberamente decine di migliaia di studi clinici, accedendo a informazioni di notevole interesse sotto il profilo della competitive intelligence. Ciò dipende principalmente dall’impegno degli sponsor commerciali che, a loro volta, possono trarre informazioni preziose da queste fonti. Poiché entrambe le piattaforme offrono dei sistemi di ricerca a filtri multipli piuttosto sofisticate, le stesse imprese farmaceutiche possono infatti consultare i dati relativi agli studi effettuati su patologie e farmaci di proprio interesse, evitando in tal modo di avviare studi già realizzati da altri senza successo.
Anche il database EMA Clinical Data rappresenta un valido strumento di business intelligence. Esso pubblica i dossier registrativi, debitamente anonimizzati, dei prodotti registrati a partire da settembre 2016. Per consultare tali documenti è necessario registrarsi preventivamente e la loro consultazione, destinata principalmente a operatori del mondo della salute (nel 2019 ha EMA Clinical Data ha contato 6.869 visitatori), offre un importante strumento di confronto e di analisi dei più recenti sviluppi di nuovi strumenti terapeutici.
Dal punto di vista degli sponsor, i database pubblici possono inoltre facilitare il reclutamento dei pazienti in quanto permettono a questi ultimi di venire a conoscenza degli studi clinici fin dalla registrazione del protocollo, fornendo una base informativa completa e agevolando in tal modo il medico nel processo di arruolamento.
In tempi di crescente richiesta di trasparenza, appare strano che gli investimenti compiuti per pubblicare i risultati dei propri studi clinici non sia valorizzato in termini di informazione all’opinione pubblica. Gli sponsor – e le aziende farmaceutiche in particolare – potrebbero migliorare in modo apprezzabile la propria reputazione comunicando il loro impegno nel rendere pubblici i risultati dei loro studi clinici. In tal modo, esse potrebbero dare evidenza alla qualità dei loro processi di ricerca e sviluppo, dimostrando l’efficacia e la tollerabilità dei loro prodotti e disinnescano uno dei più potenti meccanismi di dissuasione all’uso dei farmaci: la mancanza di informazione che spesso genera sfiducia nell’opinione pubblica.
Opportunità per i pazienti
L’articolo 25 della Dichiarazione di Helsinki in materia di sperimentazione umana (1964; ultima revisione 2013) afferma che “La partecipazione degli individui capaci di fornire il loro consenso informato come soggetti coinvolti nella ricerca medica, deve essere volontaria. Anche se può essere appropriato consultare i familiari o i responsabili della comunità, nessun individuo capace di fornire il proprio consenso può essere inserito in uno studio clinico a meno della sua libera volontà a partecipare”.
Ciò nonostante, fino all’introduzione dei database americano ed europeo, il paziente che aveva accettato di prendere parte a uno studio clinico incontrava grandi difficoltà nell’accedere ai risultati dello studio cui aveva partecipato. ClinicalTrials.gov ed EU Clinical Trial Register hanno offerto ai pazienti un accesso diretto a tali risultati, rispondendo alle rivendicazioni di pubblicità evidenziate da diversi osservatori. Secondo Tim Bruckner, fondatore di TranspariMED:
“La mancanza di trasparenza negli studi clinici danneggia i pazienti. I benefici e i rischi dei farmaci e dei device medici non possono essere pienamente compresi e valutati se le informazioni generate su di essi attraverso la ricerca sono mancanti, condizionate, distorte o incomplete. Ci sono numerosi e ben documentati esempi in cui vasti gruppi di pazienti hanno subito danni a causa di una insufficiente trasparenza degli studi clinici”.
Grazie alle norme sulla trasparenza, non solo i pazienti possono consultare liberamente i risultati degli studi a cui hanno partecipato ma, nel caso della Unione Europea, sono maggiormente tutelati sotto il profilo della privacy, viste le garanzie di anonimizzazione previste dalle norme vigenti ed estese a tutto il personale sanitario.
Opportunità per la comunità
Come accennato, la Policy EMA 0070/2014 si propone di avvicinare i cittadini (si noti: non i pazienti) agli studi clinici. Tra gli elementi che concorrono a realizzare tale principio, il Regolamento UE 536/2014 prevede che, a partire da sei mesi dopo il rilascio della futura piattaforma integrata Clinical Trial Information System (CTIS), attesa per la fine del 2021, gli sponsor pubblichino i layperson summary per tutti gli studi clinici che conducono alla registrazione di nuovi farmaci.
Questa norma ribadisce la via che il legislatore e l’ente regolatorio europeo hanno scelto di seguire in materia di informazione al pubblico sugli studi clinici. Analoghe considerazioni, per ora non estese all’anonimizzazione degli studi registrativi e ai futuri layperson summary, possono in parte applicarsi alla normativa statunitense (FDAAA 801 and Final Rule) sulla pubblicazione di studi clinici interventistici relativi a farmaci sviluppati, prodotti o commercializzati negli USA (Applicable Clinical Trials) e a quella britannica per quanto riguarda i farmaci sviluppati, prodotti o commercializzati nel Regno Unito.
Sotto il profilo dei costi pubblici associati alla mancata trasparenza degli studi clinici, il già citato lavoro di Bruckner6 sottolinea la maggiore difficoltà per le agenzie regolatorie nel prendere decisioni informate circa i candidati farmaci o device e la perdita di fondi pubblici dovuta alla difficoltà nel determinarne l’efficacia in mancanza di precise informazioni circa.
Compliance e principi sanzionatori
La declinazione delle norme di clinical trial disclosure varia in base allo Stato o alla Unione di Stati in cui esse si applicano ma l’obbligatorietà di tali pratiche è un elemento certo e ricorrente, al punto che diversi ordinamenti prevedono sanzioni per i trasgressori.
Il Regolamento UE 536/2014 prevede all’art. 94 che le sanzioni regolatorie per coloro che trasgrediranno alle norme in esso formalizzate, ivi inclusa la clinical trial disclosure, siano effective, proportionate, and dissuasive.
Recentemente, l’attenzione alla compliance verso le norme di trasparenza da parte dei governi e degli enti regolatori ha mostrato una accelerazione multilaterale.
A gennaio 2020, la Corte di Giustizia ha emesso due sentenze favorevoli riguardo alla decisione di rendere pubblici alcuni studi clinici e referti tossicologici nel quadro della normativa in materia di accesso alla documentazione. In particolare, la Corte ha confermato che le politiche di EMA rispettano tale normativa.
Queste sentenze, che la stessa EMA ha definito “storiche”, confermano la bontà del suo approccio, adottato fin dal 2011, a difesa della trasparenza delle proprie attività e decisioni, nell’interesse dei pazienti e della salute pubblica.
Il 6 ottobre, la Danish Medicine Agency (DMA) ha pubblicato una dichiarazione per ricordare agli sponsor di pubblicare tutti i protocolli e i risultati delle sperimentazioni cliniche. Secondo la legislazione in vigore in Danimarca, gli sponsor che mancano di pubblicare i risultati degli studi clinici sono passibili di multe o detenzione fino a quattro mesi (sic!). L’Agenzia non ha il potere di applicare tale norme in prima persona ma può rivolgersi a un pubblico ministero. E ha affermato che in futuro intende farlo.
Il 29 luglio la Health Research Authority (HRA) del Regno Unito ha svelato il modo in cui intende migliorare la trasparenza degli studi clinici; tale strategia prevede di adottare provvedimenti che introdurranno “proporzionate conseguenze per coloro che non prendono seriamente la trasparenza”. L’1 settembre il Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) britannico ha pubblicato la nuova guida Registration of Clinical Trials for Investigational Medicinal Products and Publication of Summary Results from 1 January 2021. Sarà interessante vedere come le due fonti si armonizzeranno nella pratica.
Il 14 agosto l’FDA ha approvato la Guidance on Civil Money Penalties che definisce sanzioni piuttosto severe per le responsible parties che vengono meno all’obbligo di registrare gli applicable clinical trial e alcuni studi completati tra il 2007 e il 2017 e di pubblicare i risultati sulla piattaforma ClinicalTrials.gov. In particolare, il documento di FDA prevede civil money penalties fino a un massimo di 10.000 $ per i primi 30 giorni di ritardo e fino a un massimo di 10.000 $ al giorno per ogni ulteriore ritardo. È inoltre previsto il ritiro di eventuali fondi pubblici erogati da parte del National Institute of Health. La decisione è stata pubblicata sul Federal Register il 17 agosto.
Nel complesso, si può affermare che tanto in Europa quanto negli Stati Uniti l’attenzione delle autorità competenti verso la compliance in materia di trasparenza degli studi clinici stia aumentando. Tale attenzione è ulteriormente acuita dal gran numero di studi clinici innescati dalla pandemia in corso e dall’attesa spasmodica per la disponibilità di un vaccino sicuro ed efficace. A tale proposito, il 16 settembre EMA ha chiarito che “The suspension of clinical data publication does not apply to COVID-19 related products, in line with EMA's exceptional transparency measures for treatments and vaccines for COVID-19”.
L’applicazione del regolamento UE 536/2014 è ormai operativa e il rilascio del già citato Clinical Trial Information System (CTIS) è atteso per la fine del prossimo anno; è tempo quindi per gli sponsor - e specialmente i non commercial sponsor, vale a dire università, ospedali, istituti clinici di ricerca, IRCCS etc, fino a oggi meno attivi nel pubblicare i risultati dei loro studi clinici - di verificare il loro grado di preparazione al rispetto delle norme sulla trasparenza.
Come prepararsi al meglio?
È dunque chiara la volontà dei legislatori e degli enti regolatori nel pretendere che la pubblicazione dei risultati ottenuti dagli studi clinici divenga una prassi diffusa e scrupolosamente applicata. Mettendo in pratica tale volontà, gli sponsor svolgeranno tra l’altro un servizio di pubblica utilità per i pazienti e la comunità. In tal modo, potranno valorizzare l’imponente lavoro che molti di loro hanno svolto per pubblicare i propri risultati e prevenendo gli interventi sanzionatori da parte delle autorità regolatorie.
Resta da definire quali iniziative sia opportuno realizzare (o consolidare) per fare fronte alla spinta normativa verso la trasparenza. Ovviamente non esiste una ricetta applicabile in modo indifferenziato a qualsiasi realtà organizzativa; ciò detto abbiamo ritenuto utile concludere queste riflessioni sottoponendo agli sponsor alcuni suggerimenti che consideriamo efficaci.
• Predisporre un team che si faccia carico delle attività di Clinical Trial Disclosure e Data Transparency e dotarlo di risorse adeguate.
• Verificare la presenza di eventuali studi clinici completati o terminati e ancora non pubblicati sui rispettivi database.
• Pianificare con anticipo la pubblicazione dei risultati di studi futuri e predisporre la relativa produzione documentale (e.g. CSR, Appendix et al) tenendo conto delle informazioni necessarie a popolare gli ambienti di caricamento dei database.
• Adeguare i processi dei dipartimenti coinvolti (e.g. Ricerca Clinica, Direzione Medica) ai criteri della trasparenza.
• Includere la trasparenza nel monitoraggio qualitativo che già si applica ai processi della ricerca clinica.
• Mettere a frutto l’impegno sostenuto a scopo di trasparenza per sottolineare l’orientamento al paziente dello sponsor.
• Inserire le attività di trasparenza degli studi clinici tra i temi di comunicazione dello sponsor, così da valorizzare gli investimenti in termini di reputazione e aumentare la propria brand equity.
L’applicazione di queste azioni contribuisce a creare le premesse organizzative e operative per affrontare correttamente le attività di disclosure e di data transparency e per assicurare agli sponsor il massimo beneficio di competenze e di reputazione che ne deriva.
Massimo Zaninelli