Le avvenenti forme “a pera” si trasformano nelle assai meno sexy sembianze “a mela” e, dopo i 50, si ingrassa in media di 1 kg all’anno: sono le conseguenze della menopausa. Fra i primi sintomi si verifica un aumento dell’adipe e una sua diversa distribuzione, molto più simile a quella maschile. Sale anche la pressione, che tende a superare i valori soglia ( < 130 mmHg), e cresce il girovita, uno dei parametri che definiscono la sindrome metabolica che spesso viene trascurato. Per combattere i più pericolosi nemici del cuore la terapia ormonale sostitutiva è un valido alleato.

“L’elemento essenziale è il progestinico: il drospirenone, che riduce o addirittura annulla i possibili effetti sulla ritenzione idrica ed è particolarmente efficace nel controllo del rischio cardiovascolare. Abbassa la pressione arteriosa e può ridurre fino a 3 cm la circonferenza addominale”, spiega il prof. Marco Gambacciani, dell’azienda ospedaliera universitaria pisana e segretario della European Menopause and Andropause Society (EMAS), autore dello studio che ha portato a questi risultati.

Il Congresso Mondiale della Menopausa, che fino all’11 giugno riunisce a Roma oltre 3.500 esperti da più di 80 Paesi, apre una nuova stagione per le terapie ormonali sostitutive, un vero e proprio “rinascimento”, termine che non a caso dà il titolo all’evento. In particolare, è la presentazione dei dati dello studio EURAS-HRT a confermare l’utilità di quelle a basso dosaggio.

“Si tratta di una vasta ricerca internazionale, iniziata nel 2002, che ha coinvolto oltre 30.000 pazienti per un totale di 100.000 anni/donna – spiega il prof. Andrea Genazzani, Presidente del Congresso -. Fra tutte le TOS prese in esame colpisce l’efficacia del drospirenone che non aumenta la patologia venosa (tromboembolismo), mentre ha decisamente diminuito quella arteriosa (stroke e infarti del miocardio) con un calo nell’ordine del 40%. In molte nazioni, anche emergenti, le donne trascorrono 30 anni e più in menopausa. Bisogna quindi muoversi in un’ottica di medicina preventiva, agendo in primo luogo sui comportamenti alimentari, l’attività fisica e la prevenzione del fumo, per evitare la disabilità ed assicurare il più lungo periodo possibile di autonomia e buona qualità di vita”.

In Italia vi è uno scarso utilizzo delle terapie ormonali (meno del 5%) e una ancora più limitata conoscenza. Le preoccupazioni sono prevalentemente legate al rischio oncologico, soprattutto di tumore al seno. “Le nostre pazienti ci chiedono di capire se e di quanto aumentino le probabilità di ammalarsi – spiega la prof.ssa Nicoletta Biglia, dell’Università di Torino -. Come rassicurarle? Molte di loro ci chiedono “Dottoressa, cosa farebbe al mio posto?”. I dati di un’indagine da me coordinata indicano che il 37% di un campione rappresentativo composto da 1.000 donne medico o mogli di medico del nostro Paese utilizzava o aveva utilizzato la TOS, 7 volte in più rispetto alla popolazione generale. Mi sembra un’ottima risposta”.

Con la menopausa cessa la produzione degli ormoni che rappresentano il “motore” dell’organismo femminile. Il loro calo, improvviso o graduale, determina una serie di disturbi noti (come le vampate) e altri problemi meno conosciuti, che intervengono in una fase successiva. Fra questi, quelli dell’umore: “Il 25% sperimenta nel periodo di transizione che caratterizza la fine dell’età fertile alterazioni sino a veri e propri sintomi depressivi – aggiunge la prof.ssa Biglia -, aggravati da un’altra condizione che diventa molto comune: l’insonnia. Ne soffre una donna su tre in pre-menopausa e una donna su due in peri- e post-menopausa”.