Un'analisi post hoc di uno studio di fase II sul farmaco sperimentale arbaclofene (STX209, sviluppato da Seaside Therapeutics) ha dimostrato un effetto definito dagli autori "senza precedenti" nella riduzione della gravità dei sintomi in alcuni pazienti con disturbo dello spettro autistico (ASD).

Il lavoro è stato presentato durante i lavori del 12° International Meeting for Autism Research (IMFAR), a Donostia/San Sebastián, in Spagna, da Jeremy Veenstra-VanderWeele, professore associato di psichiatra, pediatria e farmacologia presso la Vanderbilt University di Nashville (Tennessee).

Arbaclofene agisce a monte della via di trasduzione del segnale del recettore metabotropico del glutammato mGluR5 e si pensa aumenti la neurotrasmissione inibitoria. “Si ipotizza da tempo che nell’autismo ci sia uno squilibrio tra neurotrasmissione eccitatoria e inibitoria" ha detto Veenstra-VanderWeele nella conferenza stampa di presentazione dello studio. "E se è vero, come pensiamo, che arbaclofene agisce come agonista del sistema GABA, potrebbe correggere tale squilibrio in alcuni pazienti".

Il lavoro presentato al congresso è un trial multicentrico, randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo al quale hanno partecipato 150 pazienti tra i 5 ei 21 anni di età, tutti con ASD e la maggior parte con disturbo autistico classico.

Complessivamente, i pazienti che hanno completato lo studio sono stati 130 e 10 (di cui otto nel gruppo in trattamento attivo e due in quello di controllo) hanno sospeso il farmaco a causa di eventi avversi. L'endpoint primario era la variazione del punteggio della sottoscala relativa al ritiro sociale e allla letargia dell’Aberrant Behavior Checklist (ABC-LSW).

Veenstra-VanderWeele ha riferito che non si sono viste differenze significative tra il gruppo in trattamento attivo e quello di controllo nei risultati relativi a questa particolare sottoscala (5,4 contro -6,0; P = 0,518).

Tuttavia, uno degli endpoint chiave secondari era la variazione del punteggio della scala Clinical Global Impression-Severity (CGI-S) e su questo fronte i pazienti trattati con arbaclofene hanno mostrato "variazioni clinicamente rilevanti" rispetto a quelli trattati con placebo: -0,6 contro 0,2 (P = 0,006).

Il farmaco si è dimostrato superiore in termini numerici al placebo anche su tutti gli altri endpoint secondari, compresi i punteggi della scala Vineland Adaptive Behavior (VAB) sulla socializzazione, anche se la differenza non ha raggiunto la significatività statistica (3,8 contro 2,1; P = 0,362).

Gli autori hanno eseguito anche un’analisi post hoc su 96 partecipanti in cui la scala VAB era stata somministrata dallo stesso medico e caregiver. I risultati hanno mostrato che il gruppo trattato con  arbaclofene ha mostrato un miglioramento ancora maggiore nel punteggio della scala rispetto al gruppo di controllo:7,2 contro 1,8 (P = 0,006). Veenstra-VanderWeele si è detto entusiasta del risultato ma ha anche sottolineato che, derivando da una analisi post hoc, il dato deve chiaramente essere confermato in un altro studio.

Il farmaco è stato testato inizialmente sul moscerino della frutta, poi sul topi e successivamente su pazienti con sindrome X fragile, nei quali ha già dato risultati interessanti sul fronte del miglioramento dei sintomi comportamentali.

Veenstra-VanderWeele ha spiegato che la sindrome dell’X Fragile è la più comune causa ereditaria nota di ASD ed è causata nella maggior parte dei casi dal silenziamento trascrizionale del gene FMR1 situato sul cromosoma X, che spesso si esprime anche con l’autismo. Tant’è vero che l'autismo si ritrova nella presentazione clinica dei pazienti con sindrome X fragile in circa il 60% dei casi.

Il gruppo di Veenstra-VanderWeele ha ipotizzato che alcuni pazienti con ASD possano avere alterazioni cerebrali di fondo simili a quelle dei pazienti con sindrome dell’X fragile e che possano quindi beneficiare dello stesso farmaco.

Evdokia Anagnostou, dell’Autism Research Centre di Toronto, in Canada, ha osservato che lo studio, anche se non definitivo, suggerisce come arbaclofen abbia le potenzialità per essere utilizzato come trattamento dei deficit sociali associati all’ASD, grazie alla sua azione GABA-agonista, che potrebbe ristabilire l’equilibrio tra neurotrasmissione eccitatoria e inibitoria, probabilmente alterato nell’ASD.

Tuttavia, Anagnostou ha anche sottolineato il fatto che non si sono ottenuti risultati significativi per quanto riguarda l’outcome primario e ha evidenziato la necessità di capire quali aspetti del funzionamento sociale abbiano maggiori probabilità di rispondere al trattamento.

J. Veenstra-VanderWeele, et al. Randomized, Controlled, Phase 2 Trial of STX209 for Social Function in ASD. IMFAR 2013; abstract 102.001


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