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Basse dosi di aspirina, un 'salva-vita' per le donne in gravidanza a rischio di gestosi

Piccole dosi di aspirina hanno una vera e propria funzione 'salva-vita' per le donne in gravidanza che siano ad alto rischio per la pre-eclampsia. Questa malattia, nota anche come gestosi, è tra le maggiori cause di mortalità e di patologia materna e colpisce fino al 5% delle donne in gravidanza in tutto il mondo. A dirlo è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, al quale il Policlinico di Milano ha contribuito come unico centro italiano.

Piccole dosi di aspirina hanno una vera e propria funzione 'salva-vita' per le donne in gravidanza che siano ad alto rischio per la pre-eclampsia. Questa malattia, nota anche come gestosi, è tra le maggiori cause di mortalità e di patologia materna e colpisce fino al 5% delle donne in gravidanza in tutto il mondo.

A dirlo è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, al quale il Policlinico di Milano ha contribuito come unico centro italiano.

Lo studio è stato guidato da Kypros Nicolaides, specialista del King’s College di Londra, e ha analizzato quasi 1.800 donne con un alto rischio di pre-eclampsia (selezionate da un bacino di quasi 27mila pazienti). Questa patologia è potenzialmente pericolosa sia per la mamma sia per il feto: compare in modo improvviso, generalmente dopo la 20esima settimana di gravidanza, e le sue cause non sono ancora completamente note.

Nello studio appena pubblicato, le donne con alto rischio di pre-eclampsia pre-termine sono state divise in due gruppi: ad uno è stato dato un placebo, mentre all'altro una dose di aspirina pari a 150 mg (leggermente superiore a quella che si usa per la prevenzione delle patologie cardiovascolari, che è di 100 mg).

I risultati confermano che l'aspirina ha un effetto protettivo sullo sviluppo delle forme di pre-eclampsia che richiedono l’espletamento di un parto pre-termine: nel gruppo di donne che assumeva aspirina, infatti, solo 13 hanno dovuto partorire prima della 37esima settimana (contro le 35 del gruppo placebo: una riduzione del 62%), mentre solo 3 donne con una pre-eclampsia più grave e che assumevano aspirina hanno partorito prima della 34esima settimana (contro le 15 del gruppo placebo: una riduzione dell'80%). Complessivamente, il rischio di parto prematuro si è più che dimezzato.

"Questi risultati - conclude Persico - sono per noi molto importanti e cambieranno la pratica clinica nella prevenzione dei disturbi ipertensivi in gravidanza, che rappresentano una causa importante di mortalità e morbidità materna e perinatale".

Nella pre-eclampsia la placenta funziona male, e questo porta a serie conseguenze sia per la circolazione sanguigna della mamma sia per quella del feto, che soffre perché non riceve più in modo ottimale l'ossigeno e i nutrienti di cui ha bisogno. Se non trattata, questa malattia può avere conseguenze anche gravi, comprese la nascita prematura, ritardi o arresto della crescita del feto, fino al rischio di morte per la madre e il bimbo.

"L'unica terapia, di fatto, è il parto - spiega Luigi Fedele, direttore del Dipartimento Donna, Bambino e Neonato del Policlinico di Milano - perché con l'espulsione della placenta vengono a mancare le condizioni che causano la patologia. Quando questo avviene in epoca di prematurità, prima della 37esima settimana di gestazione, le complicanze materno-fetali possono essere drammatiche". Anche per questo i ricercatori sono da tempo concentrati sul trovare una soluzione che prevenga la pre-eclampsia, o che perlomeno ne riduca di molto i rischi.

Esistono vari fattori che predispongono una donna allo sviluppo della pre-eclampsia, come l’età, il diabete, l’obesità, o malattie autoimmuni. "Grazie ad un test eseguibile intorno alla 12a settimana di gestazione e che permette di combinare questi fattori tra di loro - commenta Nicola Persico, responsabile della Chirurgia Fetale del Policlinico di Milano e coordinatore dello studio per l'Italia - aggiungendo parametri rilevabili mediante l’ecografia ostetrica e dosaggi biochimici sul sangue materno, è possibile identificare già nel primo trimestre di gravidanza circa il 75% delle gravidanze che svilupperanno la pre-eclampsia. E’ proprio in questi casi che la prevenzione gioca un ruolo determinante".

Studio del NEJM