Nella cura delle forme gravi di dermatite atopica, ci sono dei pazienti che non rispondono nemmeno alla ciclosporina e proprio in questi casi che è stato studiato il dupilumab, anticorpo monoclonale di prossima approvazione in Europa, che in un setting così difficile ha dato buoni e incoraggianti risultati presentati al Congresso della European Academy of Dermatology and Venerology (EADV), che si è appena concluso a Ginevra.
Dermatite atopica, conferme per dupilumab anche nei pazienti che non rispondono alla ciclosporina
Quando la dermatite atopica è particolarmente grave, coinvolge tanta parte della pelle, determina intenso prurito e non risponde ai trattamenti sintomatici, è necessario considerare la terapia sistemica e uno dei farmaci tradizionalmente utilizzati in questi casi è la ciclosporina. Si tratta di un farmaco efficace e anche veloce nel dare una risposta terapeutica, anche se è gravato da una serie di effetti indesiderati non trascurabili.
Ci sono però dei pazienti che non rispondono nemmeno alla ciclosporina o in cui questo farmaco non può essere somministrato, ed è proprio in questi casi che è stato studiato il dupilumab, anticorpo monoclonale di prossima approvazione in Europa, che in un setting così difficile ha dato buoni e incoraggianti risultati presentati al Congresso della European Academy of Dermatology and Venerology (EADV), che si è appena concluso a Ginevra.
Si tratta dello studio di fase 3 CAFÉ su dupilumab in adulti con dermatite atopica da moderata a grave, non adeguatamente controllati, intolleranti oppure non candidabili al trattamento con il farmaco immunosoppressore ad ampio spettro, ciclosporina A (CSA). La ciclosporina A è approvata per il trattamento della dermatite atopica nella maggior parte dei Paesi europei.
Nello studio, dupilumab in associazione a corticosteroidi topici (TCS) ha migliorato significativamente i parametri di valutazione della gravità generale della malattia, la pulizia (clearing) della pelle, il prurito e la qualità di vita riferita dal paziente.
L’endpoint primario dello studio era la proporzione di pazienti che hanno raggiunto, dopo 16 settimane di trattamento, un miglioramento uguale o maggiore del 75% sulla scala EASI-75 (Eczema Area and Severity Index), che misura l’estensione e la gravità della malattia. Il 59% dei pazienti trattati con dupilumab e TCS ogni settimana e il 63% dei pazienti trattati con dupilumab e TCS ogni due settimane hanno raggiunto l’EASI-75, rispetto al 30% dei pazienti trattati con placebo e TCS. (p inferiore a 0,0001).
A 16 settimane, il miglioramento percentuale medio nello score EASI dal basale (endpoint secondario) con dupilumab e TCS è stato del 78% nei pazienti trattati ogni settimana e dell’80% in quelli trattati ogni due settimane, mentre è stato del 47% con placebo (p inferiore a 0,0001).
"Nella dermatite atopica da moderata a grave, alcuni pazienti interrompono il trattamento con ciclosporina perché intolleranti oppure perché non è efficace o, ancora, non sono candidabili al trattamento con ciclosporina a causa della presenza di patologie concomitanti o di altri trattamenti controindicati in associazione,” commenta la dottoressa Marjolein De Bruin-Weller, dermatologa, National Expertise Center for Atopic Dermatitis, University Medical Center Utrecht. "Nello studio CAFÉ, dupilumab, in associazione a corticosteroidi topici, ha significativamente migliorato i parametri di gravità complessiva della malattia, incluse le lesioni della pelle, il prurito, la valutazione della qualità di vita e le manifestazioni di ansia e depressione dei pazienti trattati. Il profilo di sicurezza emerso da questo studio è in linea con i tre precedenti studi positivi di fase 3 di dupilumab in adulti con dermatite atopica da moderata a grave.”
Altri endpoint secondari dello studio includevano la valutazione, a 16 settimane dall’inizio dello studio, degli effetti di dupilumab sul prurito persistente causato dalla patologia, indicatori di qualità di vita e sintomi di ansia e depressione. In questo studio non è stato riportato alcun nuovo evento avverso. La percentuale di pazienti che ha riferito di eventi avversi è stata simile al gruppo placebo.