L'ossigenoterapia palliativa veicolata attraverso una cannula nasale non offre benefici aggiuntivi rispetto all'aria ambiente nell'alleviare la dispnea persistente nei malati terminali. Perciò, per questi pazienti, si dovrebbero prendere in considerazione strategie meno gravose e qualora si scegliesse l'ossigenoterapia per trattare la dispnea, si dovrebbe prima fare e un'attenta valutazione dei possibili benefici per il singolo paziente. Sono le conclusioni cui è giunto uno studio pubblicato sul numero speciale di Lancet dedicato al congresso della European Respiratory Society.

La dispnea è un sintomo molto comune negli stadi molto avanzati di molte malattie, con incidenza dell'ordine del 65% nei pazienti con scompenso cardiaco in stadio terminale, del 70% in quelli con cancro al polmone e 90% in quelli con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

Le linee guida raccomandano l'ossigenoterapia quando la concentrazione ematica di ossigeno scende a livelli tali per cui il paziente diventa ipossico. Tuttavia, ci sono molti pazienti che, senza arrivare a questo punto, hanno difficoltà respiratorie e necessitano di aiuto in tal senso. In situazioni come queste, i medici tendono a ricorrere all'ossigeno a scopo palliativo, senza però che vi sia mai stata una chiara evidenza che questo intervento avesse una vera utilità.

Per far luce sulla questione, un team di ricercatori australiani, americani e canadesi, guidati da Amy Abernethy, del Duke University Medical Center di Durham, nel North Carolina, ha condotto uno studio controllato, randomizzato e in doppio cieco che ha coinvolto 9 centri e 239 pazienti. I partecipanti sono stati trattati con ossigeno (n = 120) o aria ambiente (n = 119) veicolati attraverso una cannula nasale a 2 l/min per 7 giorni, per almeno 15 ore al giorno. L'outcome primario era il grado di dispnea, misurata due volte al giorno (mattina e sera) mediante una scala numerica da 0 a 10 punti.

Il 93% dei pazienti del gruppo ossigenoterapia e l'83% di quelli trattati con aria ambiente hanno completato i 7 giorni di valutazione. Dal basale al giorno 6 la dispnea media mattutina è cambiata di -0,9 punti nel primo gruppo contro -0,7 nel secondo, differenza statisticamente non significativa (P = 0,504). Anche la dispnea media serale non risultata significativamente diversa nei due bracci (-0,3 punti vs -0,5 punti; P =0,554), così pure come la frequenza degli effetti collaterali.

In un editoriale di commento, Irene J. Higginson, del King's College di Londra, scrive che gli autori hanno dimostrato che l'ossigenoterapia palliativa non fornisce benefici aggiuntivi rispetto all'aria ambiente, veicolata attraverso una cannula nasale, nel migliorare la dispnea mattutina e serale nei pazienti con malattie in stadio avanzato, non ipossici. Pertanto, il ricorso a questa pratica andrebbe evitato nei pazienti non ipossici, anche alla luce dei costi sanitari che essa comporta. Tuttavia, fa notare l'editorialista, gli autori non hanno misurato la dispnea durante o dopo il movimento, aspetto che invece meriterebbe di essere indagato.

A.P. Abernethy, et al. Effect of palliative oxygen versus room air in relief of breathlessness in patients with refractory dyspnoea: a double-blind, randomised controlled trial. The Lancet 2010;376:784-793. doi:10.1016/S0140-6736(10)61115-4
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http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2810%2961115-4/fulltext#article_upsell