La supplementazione di vitamina D negli anziani carenti potrebbe proteggere dall’insufficienza cardiaca ma non sembra avere effetti protettivi nell’infarto miocardico e nell’ictus. È quanto emerge da due analisi condotte da un gruppo di ricercatori inglesi e  recentemente pubblicate su The American Journal of Clinical Nutrition.

Numerosi studi hanno suggerito che la carenza di vitamina D è associata a sindrome metabolica, insufficienza cardiaca, pressione sanguigna più alta e ictus; tale carenza potrebbe condurre a malattie cardiovascolari in seguito a diversi meccanismi come l’iperattività del sistema renina-angiotensina-aldosterone, disfunzione endoteliale, iperparatiroidismo.

Ora, un nuovo studio condotto da ricercatori della University of East Anglia nel Regno Unito sostiene che l'assunzione di integratori di vitamina D non previene gli attacchi di cuore o l’ictus, anche se potrebbe proteggere gli anziani dall'insufficienza cardiaca.

Per giungere a questa conclusione, il team ha
•    analizzato i dati dello studio RECORD (Randomised Evaluation of Calcium Or vitamin D) che ha coinvolto 5.292 anziani; in questo studio, i partecipanti hanno ricevuto o solo vitamina D (800UI/die), o solo calcio (1000 mg/die), o vitamina D e calcio o placebo. È stato valutato il verificarsi di eventi cardiovascolari e di mortalità tra i partecipanti in 3 anni di follow-up
•    effettuato una revisione sistemica comprendente 21 studi randomizzati e controllati che hanno coinvolto 13.033 persone. Questi studi hanno esaminato, nei soggetti anziani partecipanti, l’assunzione della vitamina D e gli esiti cardiovascolari.

Nello studio RECORD, l’ hazard ratio (95% IC) per la vitamina D rispetto al placebo per l’insufficienza cardiaca, l’infarto miocardico e l’ictus era rispettivamente di 0,75 (0,58 – 0,97), 0,97 (0,75 - 1,26) e 1,06 (0,8 - 1,32).

L’hazard ratio, nella revisione sistemica, per la vitamina D rispetto al placebo o ai controlli  per insufficienza cardiaca, infarto miocardico e ictus era rispettivamente di 0,82 (0,58 -1,15), 0,96 (0,83 - 1,10) e 1,07 (0,91 -1,29).

L'analisi di tutto il periodo di follow-up dello studio RECORD ha mostrato una significativa e clinicamente importante riduzione del rischio di insufficienza cardiaca con la vitamina D, che però non ha avuto alcun effetto significativo sull’ictus e infarto del miocardio.
La revisione sistemica ha mostrato che la vitamina D non riduceva il rischio di insufficienza cardiaca se non con l’aggiunta dello studio RECORD; invece nessuna differenza significativa è stata mostrata nella metanalisi relativamente all’infarto del miocardio o all’ictus.

I ricercatori sottolineano però nella discussione che non c'era alcuna indicazione di effetti negativi della vitamina D sulle malattie cardiovascolari.
Il dottor Ford sostiene che il legame tra la carenza di vitamina D e l’aumento del rischio di malattia cardiovascolare non è causale:
"Diversi studi osservazionali hanno dimostrato che i pazienti con patologie cardiovascolari tendono ad avere concentrazioni più basse di vitamina D circolante, ma non si tratta di una relazione causale. Invece, i livelli di vitamina D potrebbero essere un marker per altri fattori di rischio, come ad esempio uno stile di vita sedentario".

Il team mette tuttavia in  evidenza che la supplementazione di vitamina D protegge dall'insufficienza cardiaca nei soggetti anziani e che questi presentano un minor rischio di morte per insufficienza cardiaca se supplementati giornalmente con vitamina D. Il dottor Ford sottolinea che "c'è bisogno di ulteriori ricerche per stabilire se un integratore potrebbe essere utile in questa popolazione”.

J. A. Ford, et al. Cardiovascular disease and vitamin D supplementation: trial analysis, systematic review, and meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2014 Sep;100(3):746-55. doi: 10.3945/ajcn.113.082602.
Leggi

Ti è piaciuto l'articolo? Condividilo: