L'antibiotico intestinale rifaximina ha raggiunto l'endpoint primario in due studi di fase III sulla sindrome del colon irritabile, anche se il miglioramento rispetto al placebo è stato modesto. I risultati sono stati presentati in occasione del congresso Digestive Diseases Week (DDW) 2010, a New Orleans.
I dati combinati relativi a un totale di 1.260 pazienti hanno indicato che il 40,7% ha ottenuto un sollievo adeguato' dai sintomi dopo un ciclo di terapia di due settimane con rifaximina contro il 31,7% dei controlli, trattati con placebo (P = 0,0008). Inoltre, il 40,2% dei pazienti trattati con rifaximina ha ottenuto una riduzione del gonfiore contro il 30,3% di quelli del gruppo placebo.

L'efficacia è stata misurata nell'arco delle quattro settimane successive alla due di terapia antibiotica con rifaximina 550 mg tre volte al giorno. I pazienti che hanno ottenuto un sollievo sintomatologico per almeno due delle quattro settimane post-trattamento sono stati considerati responder. Il miglioramento dei sintomi ottenuto nei pazienti trattati con l'antibiotico rispetto ai controlli si è mantenuto anche nelle successive sei settimane di follow-up.
Secondo Mark Pimentel, del Cedars-Sinai Medical Center in Los Angeles, autore della presentazione, i dati dimostrano chiaramente che il farmaco allevia in modo duraturo la diarrea e il gonfiore associati alla sindrome del colon irritabile non costipativa.

Il razionale di impiego di rifaximina nella sindrome del colon irritabile si basa sul fatto che i sintomi sono provocati dalla distruzione della normale flora intestinale. In particolare, si pensa che l'antibiotico possa ridurre la proliferazione eccessiva di batteri dannosi nell'intestino.
Rifaximina è un derivato semisintetico della rifamicina ad ampio spettro, che agisce selettivamente a livello gastro-intestinale, con una disponibilità sistemica trascurabile dopo somministrazione orale.

Il farmaco è stato autorizzato per la prima volta in Italia nel 1985 ed è attualmente approvato in 33 Paesi per svariate indicazioni gastrointestinali, tra cui la diarrea del viaggiatore. In 11 Paesi è indicata anche per il trattamento dell'encefalopatia epatica e in 11 come terapia aggiuntiva nel trattamento dell'iperammoniemia. Né in Europa né negli Stati Uniti è però registrata per il trattamento del colon irritabile.
Alla DDW Pimentel ha riportati risultati di due trial praticamente identici, TARGET-1 e TARGET-2, su pazienti con sintomi da lievi a moderati di sindrome del colon irritabile.

Anche i risultati relativi agli endpoint secondari (tra cui la consistenza delle feci e il dolore e il discomfort addominale) hanno mostrato la superiorità dell'antibiotico, mentre la tollerabilità è stata simile, con effetti avversi simili nei due gruppi di trattamento.

Tuttavia Brennan Spiegel, dell'University of California Los Angeles, ricercatore di fama nel settore, non coinvolto nello studio, ha espresso un certo scetticismo sulla superproliferazione batterica come causa della sindrome, chiamando in causa invece un "epifenomeno", un meccanismo patogenetico più preciso, tuttora ignoto.
"Anche se la terapia antibiotica può normalizzare la flora intestinale per un certo lasso di tempo" ha detto Spiegel "il problema probabilmente si ripresenterà se non si trattano le vere cause".
Il ricercatore ha poi fatto notare che la superiorità modesta di rifaximina rispetto al placebo si traduce in un valore di NNT pari a 11, poco vantaggioso sia dal punto di vista economico sia da quello delle resistenze batteriche. Due aspetti che peggiorerebbero ulteriormente se si dovesse dimostrare che è necessario ripetere periodicamente la terapia.

Incurante di queste osservazioni, Salix Pharmaceuticals, che produce il farmaco negli Stati Uniti con il marchio Xifaxan, ha fatto sapere di voler presentare all'Fda la richiesta di approvazione per questa indicazione entro la fine del mese prossimo.

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