Bambini con infezione da HIV trattati con nevirapina alla nascita per la prevenzione della trasmissione madre-figlio e poi con un inibitore delle proteasi (IP) per ottenere la soppressione virale hanno raggiunto viremie inferiori effettuando uno switch di nuovo a nevirapina rispetto a quelli che hanno continuato la terapia con regimi a base di IP. Lo evidenzia uno studio sudafricano appena pubblicato su JAMA.
Le attuali linee guida consigliano per i bambini esposti alla nevirapina di iniziare il trattamento con regimi a base di lopinavir potenziato con ritonavir; tuttavia, l'uso indefinito di regimi a base di IP nei bambini presenta limiti di vario genere, tra cui il gusto sgradevole, dubbi sulle tossicità metaboliche associate all'assunzione prolungata durante i periodo critici dello sviluppo e, non da ultimo, il costo elevato (superiore in genere a quella della nevirapina).
Perciò, il team di ricercatori sudafricani, guidato da Ashraf Coovadia, dell'Università di Johannesburg, ha condotto un studio clinico per valutare se il riutilizzo della nevirapina possa essere efficace quanto lopinavir potenziato con ritonavir nel mantenere la soppressione virale nei bambini esposti alla nascita alla nevirapina, a condizione di effettuare lo switch solo dopo aver raggiunto la soppressione virale con regimi a base di IP.
Al trial hanno partecipato 195 bambini che avevano raggiunto la soppressione virale con una viremia inferiore a 400 copie/ml per 3 o più mesi, selezionati tra un gruppo di 323 bambini esposti alla nevirapina che avevano iniziato una terapia con IP prima dei 24 mesi di età. Lo switch a nevirapina è stato effettuato da 96 bambini, mentre 99, il gruppo di controllo, hanno continuato il trattamento con lopinavir potenziato con ritonavir, stavudina e lamivudina. Dopo la randomizzazione i bambini sono stati seguiti per 52 settimane e l'endpoint primario era una viremia plasmatica > 50 copie/ml.
I dati hanno evidenziato che la soppressione virologica è stata migliore nel gruppo che ha eseguito lo switch (probabilità di Kaplan-Meier, 0,438; IC al 95% 0,334-0,537) rispetto al gruppo di controllo (0,576; IC al 95%, 0,470-0,668; P = 0,02), così come la risposta in termini di conta dei linfociti CD4 (percentuale mediana dei CD4 a 52 settimane, 34,7% contro 31,3; P = 0,004). Nel gruppo di controllo, è emersa un'associazione tra età del bambino e viremia > 50 copie/ml.
Nella discussione gli autori ricordano che le attuali linee guida raccomandano di iniziare il trattamento in tutti i bambini con infezione da HIV il più presto possibile dopo la diagnosi, dopo che uno studio ha dimostrato il raggiungimento di outcome migliori seguendo questa strategia piuttosto che aspettare fino al raggiungimento degli indicatori prognostici standard. Tanti dovrebbero iniziare un trattamento a base di lopinavir potenziato con ritonavir, ma il costo elevato della terapia ne limita, di fatto, l'accesso nei contesti più disagiati. Il risultato di questo studio indica una possibile soluzione a questo problema.
Ashraf Coovadia, et al. Reuse of Nevirapine in Exposed HIV-Infected Children After Protease Inhibitor-Based Viral Suppression. A Randomized Controlled Trial. JAMA 2010;304(10):1082-1090
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