Dopo più di 40 anni dal lancio della rifampicina, il farmaco che ha rivoluzionato la cura della tubercolosi, gli attesi nuovi farmaci per la cura di questa temibile malattia sembrano essere alle porte. Negli ultimi anni, infatti, sono stati condotti trial clinici su tre nuove molecole che avevano dato risultati promettenti in preclinica, e nel giro di un mese sono stati pubblicati due studi importanti, prima sul NEJM, del 7 giugno, con la ricerca su delamanid su ceppi multi resistenti e pochi giorni fa sulla rivista Lancet, lo studio su un cocktail di farmaci in grado di distrugge in due settimane il 99% dei batteri responsabili della tubercolosi.

I tre nuovi farmaci in via di sviluppo sono, delamanid, PA-824 e bedaquilina. Tutti e tre i medicinali hanno completato la fase II del proprio sviluppo clinico con risultati promettenti. Queste nuove molecole rappresentano una speranza per tutti i pazienti affetti da tubercolosi, una delle malattie top-killer (1,4 milioni di decessi l'anno), specialmente per quelli con infezioni multi resistenti, un fenomeno che sta diventando un problema a livello globale.

“Dal nostro punto di osservazione è un momento storico. Da 10 anni, nel campo della tubercolosi, non si avevano novità così eclatanti nelle terapie", commenta il professor Giovanni Battista Migliori, Direttore del Centro collaborativo Oms per la tubercolosi e le malattie polmonari, Fondazione S. Maugeri, Istituto di Ricerca e Cura, Tradate, "Già i risultati dello studio su delamanid, condotto da Maria Tarcela Gler e colleghi e pubblicato lo scorso giugno sul NEJM, segnalavano un'attività brillante a due mesi: il farmaco raddoppiava la proporzione di pazienti multi resistenti che negativizzavano le colture di sputo, rispetto al regime standard raccomandato dall’Oms. E adesso il nuovo trattamento combinato, costituito da PA-824-moxifloxacina- pirazinamide che sembra davvero molto efficace e con una buona tollerabilità dopo due settimane di terapia. Il nuovo regime terapeutico è risultato il migliore rispetto a diversi mix di farmaci, con risultati almeno sovrapponibili a quelli della terapia standard raccomandata dall’Oms. Si tratta ora di andare avanti con le sperimentazioni, valutare l’efficacia a 6 e 12 mesi (20 mesi per i multi resistenti) e vedere se sia possibile ridurre i tempi del trattamento”.

I due studi hanno schemi differenti. Il primo, quello pubblicato sul NEJM, segue uno schema più tradizionale confrontando il nuovo farmaco rispetto alla terapia standard, mentre il secondo, quello di Lancet, ha confrontato diversi cocktail di farmaci allo scopo di accorciare i tempi della sperimentazione e individuare la combinazione più efficace. Il primo studio ha testato il farmaco su pazienti multi resistenti e i risultati sono a due mesi, il secondo ha sperimentato la nuova combinazione di medicinali in pazienti sensibili e i risultati sono a due settimane.

“Il vantaggio della nuova combinazione di farmaci dello studio di Lancet - spiega sempre Migliori - è che, non includendo isoniazide e rifampicina (i farmaci principali utilizzati nella terapia standard) può essere utilizzata possibilmente anche nelle infezioni da ceppi multi resistenti (Mdr-Tb) che solitamente sono in grado di sopravvivere alla terapia convenzionale. Inoltre, la nuova combinazione di medicinali può essere efficace anche nei soggetti con infezione da HIV affetti da tubercolosi in terapia antiretrovirale (alcuni farmaci per la Tbc, come la rifampicina, non si possono assumere insieme ai farmaci anti-Hiv). Ancora, il nuovo cocktail di farmaci potrebbe essere efficace contro le forme latenti eliminando l’infezione prima che si sviluppi la malattia”.

Nelle due settimane di studio non sono stati osservati effetti collaterali gravi con la nuova combinazione di farmaci. E’ comunque necessario proseguire le sperimentazioni per valutare la sicurezza di questi agenti terapeutici in un periodo di maggior durata. “Comunque, sottolinea Migliori, i test di tollerabilità condotti sui topi hanno mostrato che questi farmaci sono abbastanza sicuri”.

“Una piccola critica allo studio - prosegue l’esperto- è che siccome sono stati utilizzati più farmaci contemporaneamente, andando avanti con le sperimentazioni, se si dovessero presentare eventi avversi, sarà difficile stabilire quale sia il farmaco responsabile dell’effetto collaterale. Negli studi preclinici si è visto che PA-824 e bedaquilina potrebbero alterare i risultati dell’elettrocardiogramma, anche se questo fenomeno non sembra avere un significato clinico importante. Questo effetto collaterale è però causato anche dalla moxifloxacina. Quindi, se in futuro si dovessero presentare eventi avversi cardiaci non si potrà stabilire quale sia il medicinale responsabile di quell’effetto collaterale. Sarà quindi necessario condurre studi ad hoc per stabilire la sicurezza di ogni singolo medicinale”.

Sul commento che accompagna lo studio di Lancet, Migliori avverte di procedere con cautela ed evitare il ripetersi degli errori del passato: "La comunità internazionale ha una chance: un uso razionale degli antibiotici insieme al rafforzamento dei sistemi sanitari è necessario per evitare il rischio reale di perdere questi nuovi farmaci in un tempo più corto di quanto si impiega a svilupparli". La paura è, ovviamente, l'uso improprio e lo svilupparsi di nuove resistenze agli antibiotici appena scoperti.

Per quanto riguarda il terzo agente terapeutico in studio, la bedaquilina, il medicinale ha ultimato la fase II del proprio sviluppo clinico con risultati promettenti, e la richiesta di approvazione del farmaco per le forme resistenti di tubercolosi è stata inviata all’Fda.

Si definisce multi resistente (Mdr-Tb) un ceppo resistente almeno a rifampicina e isoniazide. La tubercolosi estensivamente resistente ai farmaci (“Extensively Drug Resistant Tubercolosis”, Xdr-Tb) è una forma molto grave di tubercolosi resistente alla rifampicina e all’isoniazide, ma anche a tutti i fluorochinoloni e ad almeno uno dei tre seguenti farmaci iniettabili usati per trattare la malattia: capreomicina, kanamicina e amikacina.

Qualche anno fa è stato proposto il termine “Xxdr” o “Tdr” per definire la forma di tubercolosi “estremamente resistente ai farmaci”, ossia i casi resistenti a tutti i farmaci di prima e seconda linea, di comprovata efficacia contro il M. tuberculosis. L’Oms ha però deciso di non riconoscere in modo ufficiale questi ultimi ceppi, in vista dei nuovi farmaci in arrivo.

Come spiegato dal Prof. Migliori, il fenomeno della multi resistenza è più frequente nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. In particolare in Bielorussia dove la percentuale di ceppi multi resistenti tra i nuovi casi di tubercolosi è pari al 40%. Il motivo dell’incidenza elevata di nuovi casi multi resistenti deriva dalla gestione errata dei farmaci, al fatto che il sistema sanitario locale non era in grado di seguire i pazienti fino alla fine del trattamento e la mancanza di farmaci nel periodo di crisi economica.

In Italia, il numero esatto di casi multi resistenti non è conosciuto, si stimano 150, 200 casi, circa il 2% di tutti i casi di tubercolosi nel nostro Paese.

La terapia standard di un paziente sensibile ai farmaci per la tubercolosi consiste in sei mesi di isoniazide, rifampicina, pirazinamide e etambutolo, seguiti da due mesi di isoniazide e rifampicina.

Da circa un anno è disponibile un nuovo test diagnostico chiamato Genexpert (Boheme et al., NEJM) in grado di identificare un paziente affetto da tubercolosi in meno di due ore e individuare i soggetti sensibili alla rifampicina, quindi possibilmente multi resistenti.

Se viene individuata la resistenza alla rifampicina, il campione viene indirizzato a un centro di riferimento dove viene eseguito un antibiogramma per identificare tutte le possibili resistenze. Una volta confermata la multi resistenza per trattare il paziente occorrono almeno quattro farmaci attivi somministrati per un periodo di 8 mesi e poi si prosegue la terapia con almeno tre farmaci attivi, per un totale di 20 mesi.

“Con questa terapia i pazienti multi resistenti riescono a guarire, spiega Migliori, il problema è che questi medicinali sono molto tossici e a volte il paziente non riesce a portare a termine la terapia”. Gli effetti collaterali principali di questi farmaci sono anemia, problemi neurologici, depressione e problemi gastroenterici. “I nuovi farmaci in via di sviluppo, PA-824 e delemanid, offrono, possibilmente, il vantaggio di essere meno tossici (anche se i dati a lungo temine sono disponibili solo nei topi) e di poter ridurre la durata della terapia, anche se non si sa ancora di quanto.”

Attualmente l’Oms ha dato la possibilità ai pazienti con infezioni multi resistenti, per i quali non esistono almeno 4 farmaci sensibili, di richiedere, per uso compassionevole, farmaci definiti dall’Organizzazione mondiale della Sanità “a efficacia dubbia” Tra questi, spiega Migliori, è incluso linezolid, un antibiotico già in commercio, molto potente ma anche abbastanza tossico. Infatti, più del 40% dei pazienti trattati con questo farmaco presenta eventi avversi gravi. Questo medicinale viene molto utilizzato in questi casi per uso compassionevole, anche in mancanza di studi clinici che indichino quale sia la dose più efficace e sicura e per quanto tempo debba essere somministrata. Proprio a questo scopo il gruppo del Prof. Migliori ha condotto e pubblicato i risultati di una meta-analisi di tutti i casi clinici pubblicati al mondo sull’uso di linezolid nei pazienti con tubercolosi multi resistente.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha dato un contributo importante per la lotta alla tubercolosi. “Dal punto di vista della ricerca, l’Oms ha coordinato lo sviluppo del nuovo strumento diagnostico Genexpert, così come altri nuovi diagnostici in preparazione. E ha contribuito allo sviluppo di nuovi farmaci dando un supporto metodologico e normativo, cercando di mettere d’accordo i vari partner in modo da creare possibili sinergie. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha sviluppato il “Comitato per il semaforo verde” (Green light Committe) che permette ai Paesi che hanno un buon programma di controllo della tubercolosi, di accedere ai farmaci di seconda linea a un prezzo agevolato. Inoltre, l’Oms ha il ruolo di sviluppare le linee guida per la gestione di questa malattia. Le ultime sono quelle del 2011 sulla gestione del paziente multi resistente. Infine, l’Organizzazione mondiale della sanità raduna gruppi di esperti per problemi ad Hoc sulla malattia.

“L’Oms ha fatto un enorme lavoro, di grande competenza, il programma sulla tubercolosi è uno dei migliori, nonostante la riduzione dei fondi e del personale, causati dalla crisi economica”, afferma Migliori. “Con il contributo dell’Organizzazione mondiale della sanità sono stati sviluppati strumenti diagnostici molto utili e farmaci molto promettenti. Siamo in una fase importante ed è fondamentale che i fondi a disposizione siano utilizzati in modo corretto. Ora l’attenzione deve essere spostata sui sistemi sanitari per gestire al meglio i pazienti e non  ripetere gli errori del passato”.

Elisa Spelta

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