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Malattie infiammatorie curate con "nanocorpi", accordo Sanofi e Ablynx

Non sono gli ultracorpi del celebre film di Don Siegel bensì "nanocorpi", una nuova tecnologia sviluppata dalla belga Ablynx che ha appena siglato un accordo con Sanofi per la sua applicazione nella cura di disordini infiammatori. Questi frammenti proteici, derivati dagli anticorpi di cammelli e lama, consentono di combinare i benefici degli anticorpi convenzionali con le proprietà terapeutiche dei farmaci molecolari.

Non sono gli ultracorpi del celebre film di Don Siegel bensì “nanocorpi”, una nuova tecnologia sviluppata dalla belga Ablynx che ha appena siglato un accordo con Sanofi per la sua applicazione nella cura di disordini infiammatori. Questi frammenti proteici, derivati dagli anticorpi di cammelli e lama, consentono di combinare i benefici degli anticorpi convenzionali con le proprietà terapeutiche dei farmaci molecolari.

Sanofi avrà accesso a otto candidati definiti nanobody (nanocorpi) studiati con l'obiettivo di sviluppare prodotti per il trattamento di malattie infiammatorie mediate dal sistema immunitario. Sanofi guadagna circa lo 0,70% a Parigi.

Ablynx riceverà un pagamento anticipato di 23 milioni di euro, 8 milioni di euro nel finanziamento della ricerca, e fino a 2,4 miliardi di euro in milestones nonché royalties a due cifre sulle vendite nette.

L’accordo appena siglato da Ablynx  è l’ultimo di una lunga serie di partnership con molte delle maggiori big pharma: AbbVie, Boehringer Ingelheim, Merck and Co. (MSD), Merck KGaA, Novartis e Novo Nordisk.

I dati che provengono dai farmaci sviluppati con questa tecnologia non sono però entusiasmanti. Lo scorso ottobre AbbVie ha cancellato il suo accordo con Ablynx insieme ai suoi 175 milioni di dollari versati in anticipo dopo che il suo farmaco ati IL-6R vobarilizumab si è comportato così così  negli studi clinici di Fase II in pazienti con artrite reumatoide. Non solo si è visto un flop sul parametro dell’ACR20, ma vobarilizumab  ha anche fallito su un punteggio di migliorata funzione fisica quando combinato con methotrexate contro il solo metotressato.
Il farmaco è solo riuscito a pareggiare con tocilizumab su ACR20-50 e 70 e ad avere un punteggio migliore sul DAS28, un parametro che valuta l’attività della malattia (41% vs 27%).

La tecnologia dei nanocorpi
All'inizio degli anni ’90, uno studente del professor Serge Muyldermans, biologo della Free University di Bruxelles in Belgio, analizzando il siero di dromedari e cammelli scoprì che questi animali, oltre ai normali anticorpi a quattro catene (due pesanti e due leggere), hanno anticorpi più semplici, circa la metà, composti soltanto da catene pesanti. Anticorpi incompleti, però capaci di "eliminare" i loro bersagli esattamente come gli anticorpi interi.

I ricercatori hanno quindi ridotto ulteriormente la dimensione di queste molecole, utilizzando soltanto i cosiddetti segmenti variabili o attivi. Ossi a quella parte all'apice del braccio dell'anticorpo che "intercetta" il bersaglio.

Risultato? Un anticorpo in miniatura, grande circa un decimo di quello intero, che può raggiungere bersagli anche molto piccoli, spesso impossibili da bloccare con gli anticorpi monoclonali, oltre a essere più stabile e molto più facile da manipolare in laboratorio (e perciò anche meno caro).

Dopo gli studi in vitro e su animali, nel 2007 i nanocorpi sono approdati ai test su volontari sani. I dati preliminari avevano dato ragione a Muyldermans e colleghi, che hanno fatto nascere da una costola dell'Università di Bruxelles la biotech Ablynx che dal 2002 studia e produce queste molecole.

I nanocorpi hanno la stessa specificità e affinità per l'antigene degli anticorpi normali, ma sono grandi un decimo. In questo modo, le molecole resistono a temperatura ambiente e  anche agli acidi gastrici, lasciando ipotizzare un uso per via orale. Inoltre, sono più semplici da produrre e quindi meno costosi. Soprattutto, essendo di piccole dimensioni possono intrufolarsi meglio per raggiungere bersagli piccoli o nascosti all’interno dei tumori.