Con le giuste precauzioni, può non essere necessario interrompere l'anticoagulazione orale (OAC) prima delle procedure per estrarre gli elettrocateteri indesiderati dei dispositivi elettronici impiantabili (CIED). È quanto suggerisce una serie retrospettiva proveniente da un centro di estrazione di CIED ad alto volume. I risultati sono stati riportati a Vienna, in una sessione dell’European Heart Rhythm Association (EHRA) EUROPACE-CARDIOSTIM 2017.

L’esperienza presentata suggerisce che sospendere l'OAC e quindi effettuare una terapia ponte con eparina nei pazienti durante questo tipo di procedura non ha significativamente tagliato il rischio di complicanze emorragiche e può di fatto rendere più probabile tale sanguinamento.

«Nei pochi pazienti che hanno subito la ‘bridging therapy’, c'è stata una tendenza verso un aumento delle complicazioni emorragiche» ha confermato Ulrika Birgersdotter-Green - dell’Università della California, a San Diego - che ha esposto i dati a Vienna.

Un tipo di intervento sempre più frequente in assenza di linee guida per eseguirlo
Le estrazioni di elettrocateteri sono sempre più comuni, poiché sempre più pazienti con CIED ricevono sistemi di sostituzione o aggiornamento e fino a un terzo circa necessita di un’OAC cronica; tuttavia non esistono linee guida per la gestione dell'anticoagulazione durante la procedura di estrazione.

Poiché le estrazioni di elettrocateteri vengono generalmente eseguite per via percutanea ma possono rapidamente trasformarsi in una procedura chirurgica se ci sono gravi complicazioni, le maggiori preoccupazioni sono state che un paziente che avesse continuato l'anticoagulazione orale potesse sanguinare in modo fatale.

Per questo generalmente viene interrotta l’anticoagulazione. La terapia ponte, basata su una flebo di eparina che può essere fermata abbastanza rapidamente e ripresa dopo la procedura, è stata una soluzione intuitiva e pragmatica adottata dai maggiori centri.

L’esperienza di 6 anni di procedure
Birgersdotter-Green e colleghi hanno esaminato 6 anni di procedure effettuate nel loro centro, eseguite fino allo scorso anno su 400 pazienti, per un totale di 739 devices estratti. In questo gruppo, 16 pazienti (4% della coorte) hanno sviluppato complicanze emorragiche maggiori o minori: 9 di essi si trovavano sotto anticoagulazione durante la procedura e 7 erano invece senza procedura anticoagulante: una differenza non significativa.

Se fossero stati sotto warfarin all’invio, di solito avrebbero mantenuto il warfarin per tutta la procedura e avrebbero anche potuto effettuare una terapia ponte; se fossero stati sotto un NOAC, avrebbero interrotto il farmaco 1 a 2 giorni prima della procedura (secondo la pratica dell'epoca) e poi sarebbero stati sottoposti a terapia ponte.

Delle nove complicanze emorragiche in corso di anticoagulazione, sette erano maggiori e comprendevano due che erano in trattamento con NOAC e poi sottoposti a ‘bridge’, quattro su warfarin che hanno effettuato terapia ponte e uno in trattamento con warfarin continuo non sottoposto a terapia ponte.

Due complicanze emorragiche erano minori e includevano un soggetto sotto warfarin e sottoposto a terapia ponte e uno sempre in warfarin ma senza bridge therapy. Delle sette complicazioni emorragiche avvenute durante l'estrazione senza nessuna anticoagulazione, tre erano maggiori e quattro minori.

Non si sono rilevate associazioni significative tra emorragie maggiori e minori e qualsiasi forma di gestione anticoagulante, sia che si trattasse di warfarin in continuo, uso di NOAC, o di terapia ponte con eparina (P maggiore di 0,05).

In un'analisi aggiustata per le variabili cliniche, ha detto Birgersdotter-Green, c'era una tendenza non significativa (P = 0,06) verso complicazioni emorragiche maggiori o minori nei pazienti che avevano ricevuto la terapia ponte con eparina a ponte, indipendentemente dal loro regime cronico OAC. Tra coloro che hanno avuto la bridge therapy, la durata dell'impianto è stata l'unico predittore significativo osservato di sanguinamento maggiore (P = 0,04).

Messo in discussione il dogma della terapia ponte con eparina
I numeri sono piccoli e i risultati sono retrospettivi e necessitano di conferma in trial prospettici, ma quantomeno suggeriscono che l’anticoagulazione ponte con eparina durante l'estrazione del dispositivo «non è necessaria se il paziente è in trattamento sia con warfarin sia con uno dei nuovi anticoagulanti orali (NOAC)» ha proseguito Birgersdotter-Green.

I caveat, ha affermato, includono un'attenta gestione anticoagulante per il paziente che rimane in OAC, in centri esperti con accesso rapido a un chirurgo se ci fosse una grave complicazione durante la procedura con anticoagulanti in circolo. Se il paziente si trova in un centro ad alto volume con backup chirurgico e adeguato set di competenza ed esperienza, la procedura può essere eseguita, ha concluso.

A.Z.

Bibliografia:
Khan F, Ahmed s, Humber D, et al. The incidence of bleeding complication associated with pacemaker and implantable cardioverter defibrillator lead extraction without reversal of anticoagulation. Europace 2017;19 (suppl.3):III4. Abstract 6.
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