Cardiologia

Cardiopatie congenite, rischio di AF in giovani adulti molto alto. Richiesti screening più frequenti

I pazienti con cardiopatia congenita (CHD) hanno una probabilità fino a 85 volte maggiore di soffrire di fibrillazione atriale (AF) in età giovane-adulta. È il risultato di uno studio - pubblicato online su "Circulation" - in base al quale gli autori stanno ora sostenendo la necessità di screening più frequenti dei gruppi maggiormente vulnerabili.

I pazienti con cardiopatia congenita (CHD) hanno una probabilità fino a 85 volte maggiore di soffrire di fibrillazione atriale (AF) in età giovane-adulta. È il risultato di uno studio – pubblicato online su “Circulation” – in base al quale gli autori stanno ora sostenendo la necessità di screening più frequenti dei gruppi maggiormente vulnerabili.

Si ritiene che i pazienti con CHD siano vulnerabili alla AF a causa di shunt residui, anatomia anomale dei vasi, valvulopatia progressiva, ipertensione e cicatrici atriali derivanti da precedenti interventi chirurgici al cuore. Tuttavia, il rischio di sviluppare AF e le complicanze a essa associate nei bambini e nei giovani adulti con malattia coronarica non è stato confrontato con quello nei controlli.

«Abbiamo bisogno di identificare coloro che hanno il maggiore rischio di complicazioni: oggi sono giovani adulti e non siamo sicuri di che cosa accadrà quando arriveranno a 50 o 60 anni» spiega il primo autore, Zacharias Mandalenakis, ricercatore di Cardiologia presso l'Accademia di Sahlgrenska (Svezia) e consulente di Cardiologia all'Ospedale Universitario della stessa città.

La ricerca dei dati
Attraverso il controllo incrociato dei dati del registro dei pazienti, di quello delle cause di decesso e del registro totale della popolazione, i ricercatori sono riusciti a identificare 21.982 persone con cardiopatia congenita (51,6% maschi), nate tra il 1970 e il 1993, delle quali 654 hanno sviluppato AF. Sono stati inclusi nello studio anche 219.816 soggetti di controllo (tra i quali si sono avuti 328 casi di AF) abbinati per genere, età e area di residenza.

I dati di follow-up sono stati raccolti fino al 2011. Tutti i soggetti erano nati durante un periodo di grandi progressi nel settore sanitario caratterizzato da sforzi per diagnosi precoci, operazioni cardiache sui neonati, interventi chirurgici ripetuti secondo necessità e così via. In un certo senso, un gruppo di pazienti ‘sotto il microscopio’ ma con quesiti senza risposta riguardo al futuro.

Questo tipo di pazienti, afferma Mandalenakis, «sopravvivono e si adattano piuttosto bene, ma sfortunatamente sviluppano altri problemi cardiaci, come AF e scompenso cardiaco (HF). Per noi è una sfida identificarli presto e intraprendere azioni preventive».

La quantificazione dell’aumento delle probabilità di complicanze
Il gruppo con la cardiopatia congenita più complessa ha dimostrato di avere il più alto rischio relativo di AF: 85 volte più alto rispetto ai soggetti di controllo. Uno su 12 di questo gruppo ha sviluppato AF e da quei soggetti uno su 10 ha sviluppato HF.

Una volta sommati tutti i gradi di gravità della cardiopatia congenita, il rischio di AF era 22 volte superiore rispetto ai soggetti di controllo. Nei pazienti con cardiopatia congenita e AF, il rischio di HF è stato 11 volte superiore rispetto a quelli con cardiopatia congenita ma senza AF.

Quattro persone su 10 con cardiopatia congenita hanno subito almeno un'operazione. Il gruppo di soggetti operati aveva un rischio aumentato quasi quadruplo di sviluppare la AF rispetto a quelli con cardiopatia congenita che non avevano subito un intervento chirurgico. Il rischio più alto si è riscontrato nei soggetti con un difetto del setto atriale (ASD), considerato da molti come un difetto cardiaco minore.

«In precedenza abbiamo utilizzato la pratica clinica come riferimento, ma con questo studio abbiamo scoperto sottogruppi ai quali dobbiamo prestare particolare attenzione e forse somministrare terapia anticoagulante o antiaritmica per impedire che vengano colpiti da HF, ictus o morte prematura» spiega Mandalenakis.

Essendo quest’ultimo clinicamente attivo nella cosiddetta unità GUCH (Grown-Up Congenital Heart disease) dell'Ospedale Universitario, e svolgendo assistenza a livello nazionale nell'area delle cardiopatie congenite, può attestare la preparazione che molti pazienti effettuano.

«Cercano di fare molto esercizio fisico e di mantenersi in salute sotto altri aspetti, e noi manteniamo un ottimo contatto con i nostri pazienti: appena succede qualcosa, se sperimentano mancanza di respiro o palpitazioni cardiache, cercano aiuto immediatamente» riporta.

I dati salienti
Dal nostro studio, ricapitola Mandalenakis, «il rischio di AF nei bambini e nei giovani adulti con CHD è risultato 22 volte superiore rispetto a quello dei controlli corrispondenti. Fino all'età di 42 anni, 1 paziente su 12 pazienti con CHD aveva sviluppato AF e 1 su 10 con CHD e AF aveva sviluppato HF».

«I gruppi di pazienti con i difetti congeniti più complessi presentavano il maggiore rischio di AF e potrebbero essere presi in considerazione per un monitoraggio mirato» conclude.

A.Z.

Riferimento bibliografico:
Mandalenakis Z, Rosengren A, Lappas G, et al. Atrial Fibrillation Burden in Young Patients with Congenital Heart Disease. Circulation, 2017 Nov 1. [Epub ahead of print]
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