Il dibattito sull'uso perioperatorio dei beta-bloccanti negli interventi di chirurgia non cardiaca è destinato a riaprirsi alla luce dell’uscita di una nuova metanalisi, appena pubblicata sulla rivista Heart, che suggerisce come l’uso di tali farmaci in questo setting aumenti il rischio di decesso. Escludendo dall’analisi gli studi DECREASE, ormai ampiamente screditati, gli autori mostrano che il trattamento perioperatorio con beta-bloccanti dei pazienti sottoposti a chirurgia non cardiaca si è associato a un aumento del 27% del rischio di mortalità, statisticamente significativo.

"Invito tutti i colleghi a prendere in considerazione la nostra metanalisi e a riconsiderare molto attentamente l’utilizzo perioperatorio di routine dei beta-bloccanti" ha affermato in un’intervista l’autore senior dello studio, Darrel Francis, dell’Imperial College di Londra.

La metanalisi è destinata a suscitare nuove polemiche, perché le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) pubblicate nel 2009 danno ai beta-bloccanti un’indicazione di classe I (con una titolazione della dose in base alla frequenza cardiaca) nei pazienti con malattia coronarica conclamata o che presentano ischemia al test di stress preoperatorio o nei pazienti sottoposti a interventi chirurgici ad alto rischio. L’indicazione è di classe IIa nei pazienti sottoposti a interventi a rischio intermedio. Inoltre, le linee guida del 2009 dell'American College of Cardiology Foundation (ACCF)/American Heart Association (AHA) danno un’indicazione di classe IIa all’uso perioperatorio dei beta-bloccanti nei pazienti sottoposti a chirurgia vascolare.

Tuttavia, entrambe le linee guida si basano, in parte, su dati degli studi DECREASE (Dutch Echocardiographic Cardiac Risk Evaluation Applying Stress Echocardiography). L’autore principale di questi studi è Don Poldermans, che all’epoca della pubblicazione dei trial lavorava all’Erasmus Medical Center di Rotterdam. Il primo degli studi DECREASE è uscito nel 1999 e verteva sull'uso di bisoprololo, mentre il DECREASE IV ha valutato l'impiego perioperatorio dei beta-bloccanti.

Come ampiamente riportato dai media, Poldermans è stato in seguito licenziato per violazioni dell’integrità accademica e ha dovuto dimettersi dalla commissione responsabile della stesura delle linee guida dell’ESC. Successive indagini sui suoi studi hanno messo in dubbio la validità dei risultati, in particolare quelli degli studi DECREASE. A complicare ulteriormente la faccenda, vi è il fatto che Poldermans presiedeva il comitato che ha redatto le linee guida ESC del 2009 sulla gestione perioperatoria della chirurgia non cardiaca.

Sripal Bangalore, della New York University School of Medicine, ha detto che la metaanalisi appena uscita fa sorgere serie preoccupazioni circa la sicurezza e l'efficacia dei beta-bloccanti nel perioperatorio, specie viste le polemiche sugli studi di Poldermans. Bangalore ha poi fatto notare che, a prescindere dagli studi DECREASE, il suo gruppo aveva già mostrato nel 2008, con una metanalisi pubblicata su Lancet, che il rapporto rischio/beneficio dell’uso perioperatorio dei beta-bloccanti è sfavorevole e che lo studio POISE (ora incluso nella nuova metanalisi) ha destato le stesse preoccupazioni. "Nella nostra metanalisi, abbiamo scoperto che i benefici, nel caso, dipendevano soprattutto da trial ad alto rischio di bias, tra cui gli studi DECREASE” ha commentato Bangalore.

Come risultato della metanalisi del 2008, l’ACCF/AHA ha declassato la raccomandazione portandola dalla classe I alla IIa, ma è "sorprendente che le linee guida ESC abbiano ancora una raccomandazione di classe I" ha aggiunto Bangalore, secondo il quale né ora, né prima della pubblicazione delle linee guida ESC del 2009, c’erano evidenze solide a sostegno dell’uso dei beta-bloccanti in questo setting.

La metanalisi appena pubblicata ha incluso nove studi controllati e randomizzati sull’uso dei beta-bloccanti prima di interventi di chirurgia non cardiaca. I nove trial, che hanno coinvolto in totale 10.529 pazienti, non comprendevano gli studi DECREASE, mentre lo studio più ampio era il POISE, il trial che per primo ha suggerito che i beta-bloccanti nel perioperatorio possano fare più male che bene.

Eslcudendo gli studi DECREASE I e IV, il trattamento perioperatorio dei pazienti chirurgici non cardiaci con un beta-bloccante ha aumentato il rischio di decesso del 27% (risk ratio, RR 1,27; IC al 95% 1,01-1,60; , P = 0,001), nonché quello di ictus non fatale (RR 1,73; IC al 95% 1,00-2,99; P = 0,05) e di ipotensione (RR 1,51; IC al 95% 1,37-1,67; P < 0,00001).

Francis ha rimarcato come le linee guida ESC che raccomandano l’uso dei beta-bloccanti nei pazienti sottoposti a chirurgia non cardiaca siano basate su analisi che comprendono i dati degli studi DECREASE, ormai screditati, e che, includendo questi studi nella meta-analisi, il rischio di mortalità associato all’uso dei beta-bloccanti non risulta più statisticamente significativo.

Tuttavia, l’analisi ha evidenziato che l’uso perioperatorio dei beta-bloccanti riduce notevolmente il rischio di infarto miocardico non fatale, risultato emerso chiaramente dallo studio POISE. “Abbiamo ragione di pensare che protegge il cuore; tuttavia, ha anche altri effetti negativi, che purtroppo sono più importanti per il paziente medio" ha affermato Francis, ricordando come a volte i cardiologi abbiano una visione un po’ ristretta, ma come ci siano molti altri organi che possono avere problemi dopo un intervento e come in molte situazioni perioperatorie sia a questi che bisogna dare la priorità, ai fini della sopravvivenza.


S. Bouri, et al. Meta-analysis of secure randomized controlled trials of beta-blockade to prevent perioperative death in noncardiac surgery. Heart 2013; DOI: 10.1136/heartjnl-2013-304262
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