Cardiologia

Scompenso cardiaco, per il beneficio da inibitori SGLT2 proposta una nuova spiegazione

Una 'special communication' apparsa su "JAMA Cardiology" si sofferma sull'uso degli inibitori degli inibitori del cotrasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2), recente classe di ipoglicemizzanti orali che agiscono riducendo il riassorbimento tubulare di glucosio a livello renale, come strumento terapeutico specificamente indicato nel trattamento dello scompenso cardiaco, proponendo un nuovo meccanismo d'azione.

Una ‘special communication’ apparsa su “JAMA Cardiology” si sofferma sull’uso degli inibitori degli inibitori del cotrasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2), recente classe di ipoglicemizzanti orali che agiscono riducendo il riassorbimento tubulare di glucosio a livello renale, come strumento terapeutico specificamente indicato nel trattamento dello scompenso cardiaco, proponendo un nuovo meccanismo d’azione.

Tra i vari agenti ipoglicemizzanti - ricorda il team internazionale di autori, guidati da Milton Packer, del Baylor Heart and Vascular Institute presso il Baylor University Medical Center di Dallas (Texas, Stati Uniti) - «solo per gli inibitori dell’SGLT2 è stata riportata una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari (CV), principalmente attraverso la riduzione del rischio di sviluppo o di progressione dell'insufficienza cardiaca».
Nel trial di riferimento “EMPA-REG Outcomes” (Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes) – specificano - il trattamento a lungo termine con empagliflozin ha impedito eventi da scompenso cardiaco fatali e non fatali ma non ha ridotto il rischio di infarto miocardico o ictus nei pazienti diabetici.

L’azione delle gliflozine sullo scambiatore sodio-idrogeno
«L'effetto benefico degli inibitori dell’SGLT2 sull'insufficienza cardiaca non può comunque essere spiegato dalle loro azioni sul controllo glicemico o come diuretici osmotici» affermano Packer e colleghi. «Invece, nei reni l’SGLT2 interagisce in modo funzionale con lo scambiatore sodio-idrogeno, che è responsabile della maggior parte della reuptake tubulare di sodio dopo la filtrazione».

L'attività dello scambiatore sodio-idrogeno è notevolmente aumentata nei pazienti con scompenso cardiaco e può essere responsabile della resistenza sia ai diuretici sia ai peptidi natriuretici endogeni, evidenziano gli estensori dell’articolo.

«Inoltre, a livello cardiaco» proseguono gli autori «empagliflozin sembra inibire lo scambio sodio-idrogeno, che può a sua volta portare a una riduzione di danno cardiaco, ipertrofia, fibrosi, rimodellamento e disfunzione sistolica».

Per di più, rilevano Packer e colleghi, i principali squilibri patologici derivanti dall'insufficienza cardiaca e da una frazione di eiezione preservata possono essere mitigati dall’azione, esercitata dagli inibitori dell’SGLT2, di riduzione della pressione arteriosa, del peso corporeo e della ritenzione di liquidi nonché del miglioramento della funzionalità renale.

In breve, l’effetto cardioprotettivo dell’SGLT2 sullo scambio sodio-idrogeno si esplicherebbe a livelli diversi sul cuore stesso e sul rene. In quest’ultimo, il blocco dello scambiatore sodio-idrogeno porterebbe a un’aumentata escrezione renale, una riduzione del peso corporeo, una ridotta pressione arteriosa e a emoconcentrazione. Questi fattori nel complesso riducono lo stress della parete cardiaca e il danno cardiaco, già direttamente esercitato sul cuore dagli stessi farmaci.

Del resto, fanno notare, anche i benefici dello spironolattone in pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta o conservata possono anche essere imputabili alle azioni del farmaco per inibire il meccanismo di scambio di sodio-idrogeno e vi può essere una interazione farmacologica di effetti con gli inibitori dell’SGLT2 in quanto i lori effetti si sovrappongono.

Vantaggi non derivanti dal riassorbimento del glucosio
Dunque, ribadiscono Packer e colleghi, i vantaggi degli inibitori dell’SGLT2 nell'insufficienza cardiaca possono essere mediati dall'inibizione dello scambio sodio-idrogeno anziché dall'effetto sul riassorbimento del glucosio. Questa ipotesi ha importanti implicazioni per la progettazione e l'analisi di studi sui risultati su larga scala che coinvolgono pazienti diabetici o non diabetici con insufficienza cardiaca cronica.

«Si attendono con impazienza i risultati di trial su larga scala con inibitori dell’SGLT2 in pazienti con insufficienza cardiaca consolidata. Tuttavia, non è probabile che spieghino i meccanismi che portano i pazienti con intolleranza al glucosio all'insufficienza cardiaca, né che verifichino il ruolo della glicemia nello sviluppo della disfunzione cardiaca. Se avranno successo, ci forniranno più insegnamenti sulla fisiopatologia dello scompenso cardiaco rispetto a quella del diabete» concludono.

Packer M, Anker SD, Butler J, et al. Effects of Sodium-Glucose Cotransporter 2 Inhibitors for the Treatment of Patients With Heart Failure: Proposal of a Novel Mechanism of Action. JAMA Cardiol, 2017;2(9):1025-9.
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