Dermatite atopica, efficacia incrementale di rademikibart nel lungo termine
Nei pazienti con dermatite atopica da moderata a grave il trattamento ogni 4 settimane con l’anticorpo monoclonale sperimentale rademikibart ha mostrato un’efficacia sostenuta e durevole fino a un anno, secondo quanto annunciato dalla compagnia biofarmaceutica cinese Connect Biopharma.
Rademikibart si lega a una regione distinta e unica nell'IL-4Rα in modo tale da impedire la segnalazione delle interleuchine (IL)-4 e 13, che porta a malattie mediate dai linfociti Th2 come la dermatite atopica e l'asma.
La sperimentazione pilota prevedeva due fasi. Nella prima fase di 16 settimane (induzione) i pazienti sono stati randomizzati a ricevere radimikibart Q2W (n=219) o placebo (n=111). Un’analisi primaria su 255 partecipanti al termine dell’induzione ha evidenziato il raggiungimento di tutti gli endpoint primari e secondari chiave e, a seguito delle comunicazioni con il China’s Center for Drug Evaluation, lo studio è stato ampliato per includere ulteriori 75 pazienti verso la fine della fase 1.
Coerentemente con l’analisi iniziale, tutti gli endpoint primari e secondari chiave sono stati raggiunti nella popolazione ampliata dello studio. Nella fase 2 (mantenimento) i pazienti che hanno ottenuto un miglioramento di almeno il 50% rispetto al basale nell’Eczema Area and Severity Index (EASI 50, responders) indipendentemente dal trattamento iniziale nella fase 1 sono stati randomizzati a ricevere rademikibart Q2W (n=113) o Q4W (n=112) per un ulteriore periodo di 36 settimane (fino alla settimana 52). I non-responder sono stati assegnati a un braccio di rademikibart in aperto Q2W (n=86).
Mantenimento dell’efficacia a un anno in percentuali elevate di pazienti
Tra i partecipanti che hanno raggiunto un punteggio di 0/1 (pelle libera o quasi libera da lesioni) nell’Investigator Global Assessment (IGA) o una risposta EASI 75 alla settimana 16, il 91,9% del gruppo Q4W e il 91,7% del gruppo Q2W ha mantenuto l’EASI 75 alla settimana 52. Inoltre ha mantenuto l’IGA di 0 o 1 con una riduzione di almeno 2 gradi vs basale l'87,2% del gruppo Q4W e il 76% del gruppo Q2W.
Nei pazienti con risposta EASI 50 alla settimana 16, dopo 52 settimane il 62,6% del gruppo Q4W e il 59,1% del gruppo Q2W ha raggiunto un IGA di 0/1, e rispettivamente l’84,6% e l’84,8% una risposta EASI 75.
I responders alla settimana 16 hanno mostrato un miglioramento continuo fino alla settimana 52. Con la somministrazione Q2W e Q4W hanno raggiunto alla settimana 52 un IGA di 0/1 rispettivamente il 21% e il 28% e una risposta EASi 75 rispettivamente l'11% e il 16% in più di pazienti.
Inoltre, tra quanti hanno ottenuto una riduzione clinicamente significativa di almeno 4 punti nella scala di valutazione numerica del picco del prurito (PP-NRS), il 95,2% è stato in grado di mantenere questo livello di sollievo con il dosaggio ogni 4 settimane e l'81,6% con quello ogni 2 settimane alla fine dello studio. Per quanto riguarda la qualità della vita, hanno mantenuto una riduzione clinicamente importante (almeno 5 punti) dell'indice di qualità della vita dermatologica (DLQI) il 93,4% (Q2W) e il 90,0% (Q4W) dei partecipanti al termine delle 52 settimane di studio.
Entrambi i regimi di dosaggio sono stati generalmente ben tollerati, senza nuovi segnali di sicurezza. Solo un paziente nel braccio radimikibart Q2W in aperto ha interrotto il trattamento a causa di un evento avverso (gravidanza).
«I dati sul mantenimento di radimikibart fino alla settimana 52 dello studio pilota condotto in Cina sono molto convincenti. Si basano sugli ottimi risultati mostrati nelle prime 16 settimane di terapia e sugli ulteriori guadagni di efficacia con il trattamento continuato con radimikibart, oltre che su tassi molto elevati di mantenimento dell’efficacia con il dosaggio Q4W di radimikibart» ha commentato Jonathan Silverberg, professore di dermatologia presso la George Washington University School of Medicine and Health Sciences di Washington, DC.
«La dermatite atopica moderata-grave comporta un elevato carico di malattia per i pazienti e con le attuali opzioni di trattamento rimangono molteplici bisogni insoddisfatti» ha continuato. «Disporre di un farmaco dotato di un’efficacia più prolungata e di una somministrazione meno frequente può migliorare i risultati clinici ed è un’aggiunta gradita al nostro armamentario terapeutico».
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