Nonostante le cure standard attuali nel diabete di tipo 2 diano notevoli benefici ai pazienti, un intervento multifattoriale più intensivo, comprendente un attento controllo della pressione sanguigna, del glucosio e dei lipidi, determina ulteriori vantaggi. Lo sostengono gli autori del J-DOIT3 , un grande studio giapponese, molto atteso, presentato a Lisbona durante il meeting dell'European Association For The Study Of Diabetes.
Diabete di tipo 2, l'importanza di un intervento multifattoriale nella prevenzione delle complicanze
Nonostante le cure standard attuali nel diabete di tipo 2 diano notevoli benefici ai pazienti, un intervento multifattoriale più intensivo, comprendente un attento controllo della pressione sanguigna, del glucosio e dei lipidi, determina ulteriori vantaggi. Lo sostengono gli autori del J-DOIT3 , un grande studio giapponese, molto atteso, presentato a Lisbona durante il meeting dell’European Association For The Study Of Diabetes.
Il trial giapponese ci dice che il controllo metabolico per il raggiungimento dei livelli ottimali di lipidi, pressione sanguigna e glucosio, è importante e “migliori sono gli obiettivi che si possono ottenere e minori saranno le complicanze micro e macrovasolari”.
“È dimostrato che le attuali cure standard per il diabete di tipo 2 riducono l'incidenza di complicanze macrovascolari e microvascolari, anche se gli eventi cardiovascolari e la malattia renale associata al diabete si verifica ancora in tutto il mondo" ha affermato Takeshi Kadowaki, professore del Dipartimento di Diabete e Malattie Metaboliche dell’Università di Tokyo, Giappone.
Kohjiro Ueki, coautore dello studio, durante la presentazione ha voluto precisare che le principali raccomandazioni suggeriscono il raggiungimento di concentrazioni non superiori al 7% di emoglobina glicata e che recentemente l’American Diabetes Association (ADA) e l’EASD hanno modificato i target di pressione sanguigna per i pazienti con diabete di tipo 2 rispettivamente da 130/80 mmHg a 140/90 mmHg e 140/85 mm Hg, mentre la Japanese Diabetes Society (JDS ), a causa dell'alto rischio di ictus in Giappone, raccomanda ancora 130/80 mmHg.
Un piccolo trial, STENO-2, ha suggerito che un approccio multiplo, includente il controllo di glucosio, lipidi e pressione sanguigna, ni pazienti con diabete di tipo 2 mostra effetti benefici sulle complicanze microvascolari e macrovascolari e sulla mortalità, ma il numero dei partecipanti era esiguo e il livello di HbA1c era ancora elevato (7,9%).
Necessitava quindi uno studio più ampio che valutasse gli effetti di un intervento intensificato e multifattoriale.
Il trial J-DOIT3
Per valutare gli effetti di un'ulteriore intensificazione dell'intervento multifattoriale, controllando glucosio, pressione sanguigna e lipidi, definita terapia intensiva, sulle complicanze microvascolari, macrovascolari e mortalità per tutte le cause, rispetto alla cura standard, definita terapia convenzionale, in Giappone è stato effettuato un trial randomizzato di controllo.
Il trial Japan Diabetes Optimal Integrated Treatment for 3 major risk factors of coronary diseases (J-DOIT3) ha reclutato da 81 istituti 2.540 pazienti con diabete di tipo 2 ed è stato condotto dal 2006 al 2016, con una media di 8,5 anni di trattamento.
I partecipanti allo studio, di età compresa tra i 45 e i 69 anni, avevano l’HbA1c> 6,9% più ipertensione e/o dislipidemia e sono stati randomizzati a ricevere terapie convenzionali (consulenze su stile di vita che includevano dieta, esercizio fisico e cessazione del fumo, accelerometro e misuratore di pressione sanguigna) o intensificate (frequenti consulenze con nutrizionisti e diabetologi, un accelerometro registrabile, misuratore della glicemia, misuratore di pressione sanguigna e, se necessario, un aiuto al cessazione del fumo) per raggiungere obiettivi standard o più severi relativi alla glicemia, ai lipidi e alla pressione sanguigna.
I farmaci nel gruppo di intervento intensivo sono stati aumentati in maniera graduale.
La conferma arriva dal grande studio
Durante il follow-up sono stati riportati 133 eventi relativi all’outcome primario (40 morti, 11 infarti miocardici, 37 ictus e 45 rivascolarizzazioni) contro 109 del gruppo di terapia intensiva (45 morti, 5 infarti, 15 ictus e 44 rivascolarizzazioni). Con la terapia intensiva, si è verificata una riduzione non significativa dell'outcome primario (Hr: 0,81, p = 0,094), tuttavia, dopo l'aggiustamento dei principali fattori di rischio, prevalentemente il fumo, si è registrata una significativa riduzione del rischio (Hr: 0,76; p = 0,042).
“La terapia intensiva è stata associata ad una riduzione non significativa dell’outcome primario del 19% rispetto alla terapia convenzionale, raggiungendo una differenza significativa del 24% dopo l'aggiustamento con i fattori di rischio” ha puntualizzato Kadowaki.
Inoltre, nel gruppo di terapia intensiva si è verificata una riduzione del 58% degli eventi cerebrovascolari (principalmente ictus) rispetto al gruppo di terapia convenzionale (p = 0,002).
L’HbA1c, pressione arteriosa e livelli di colesterolo LDL erano significativamente inferiori nel gruppo di terapia intensiva (rispettivamente 6,8%, 123/71 mm Hg e 85 mg/dL) rispetto al gruppo di terapia convenzionale (rispettivamente 7,2%, 129/74mm Hg e 104mg/dL).
Significativamente pochi pazienti nel gruppo di terapia intensiva hanno sviluppato nefropatia durante il follow-up: 181 pazienti vs 257, una riduzione del rischio del 32% (p <0,001); allo stesso modo, meno pazienti in terapia intensiva hanno sviluppato o hanno peggiorato la retinopatia diabetica: 317 vs 362, una riduzione del rischio del 14% (p = 0,046).
Episodi di ipoglicemia grave si sono verificati in 7 pazienti del gruppo di terapia intensiva e in 4 della convenzionale ma l’incidenza annuale è stata la stessa (<0,1%) in entrambi i gruppi.
"Questo è un importante e atteso studio sull'effetto del trattamento multifattoriale sulle malattie macro e microvascolari in un grande numero di pazienti", ha commentato Per-Henrik Groop, della University of Helsinki, Finland, aggiungendo “il trattamento multifattoriale funziona, e con questo studio ne abbiamo la conferma", infatti li trial J-DOIT3 ha mostrato che il targeting dei valori normali o quasi normalizzati per questi parametri porta ad un basso rischio sia delle complicazioni macrovascolari sia di quelle microvascolari.
"I risultati di J-DOIT3 suggeriscono che un intervento multifattoriale più severo, rispetto a quelli raccomandati dalle attuali linee guida, determina dei benefici soprattutto nella repressione di ictus e nefropatia nei pazienti con diabete di tipo 2, anche rispetto alle attuali cure standard " ha concluso Kadowaki aggiungendo che lo studio verrà presto pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology.
J-DOIT3: a multifactorial intervention trial for prevention of macrovascular complications and mortality. 53rd Annual Meeting of the European Association For The Study Of Diabetes (EASD), Lisbon, Portugal; 11-15 September 2017
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