Diabete - Endocrinologia

Sotagliflozin, antidiabetico efficace ma attenti alla chetoacidosi

L'aggiunta di sotagliflozin, nuovo doppio inibitore di SGLT-1 e SGLT-2, alla terapia insulinica nei pazienti con diabete di tipo 1, migliorare il controllo glicemico, la pressione sanguigna e il peso corporeo ma allo stesso tempo aumenta i rischi di chetoacidosi diabetica e altri eventi avversi. Sono i risultati dello studio di fase 3, inTandem3, presentati dai ricercatori al meeting annuale dell'European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2017 e contemporaneamente pubblicati dal The New England Journal of Medicine.

L'aggiunta di sotagliflozin, nuovo doppio inibitore di SGLT-1 e SGLT-2, alla terapia insulinica nei pazienti con diabete di tipo 1, migliorare il controllo glicemico, la pressione sanguigna e il peso corporeo ma allo stesso tempo aumenta i rischi di chetoacidosi diabetica e altri eventi avversi.

Sono i risultati dello studio di fase 3, inTandem3, presentati dai ricercatori al meeting annuale dell’European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2017 e contemporaneamente pubblicati dal The New England Journal of Medicine.

Antidiabetici inibitori di SGLT
Gli inibitori altamente selettivi del cotransportatore di sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT), il trasportatore responsabile principale del riassorbimento del glucosio renale, sono approvati per il trattamento del diabete di tipo 2 e in studio anche nei pazienti con diabete di tipo 1. SGLT1 è il trasportatore primario per l'assorbimento di glucosio e galattosio nell'intestino.

Sotagliflozin è un innovativo inibitore molecolare orale di SGLT1 e SGLT2, in via sperimentale, progettato per ridurre l'assorbimento del glucosio nel tratto gastrointestinale, attraverso l'inibizione del SGLT1, riducendo l’iperglicemia postprandiale, e il riassorbimento del glucosio renale, tramite inibizione SGLT2.

Sviluppato dalla biotech Lexicon Pharmaceuticals è stato dati in licenza a Sanofi che, una volta approvato, lo co-promuoverà in tutto il mondo.
Nel primo semestre del 2018 Sanofi intende inoltrare le domande a Ema e Fda per cercare di ottenere la registrazione di sotagliflozin per il trattamento del diabete di tipo 1, in attesa della lettura completa dei dati relativi alla Fase 3.

Lo studio inTandem3, interessante ma a breve termine
Poiché in molti pazienti con diabete di tipo 1 il controllo glicemico non è adeguato con la sola terapia insulinica “Lo studio inTandem3 ha valutato dopo 24 settimane la sicurezza e l'efficacia di sotagliflozin, un inibitore orale dei cotransportatori di sodio-glucosio 1 e 2, in combinazione con il trattamento dell'insulina nei pazienti con diabete di tipo 1” ha comunicato Melanie J. Davies, della University Hospitals of Leicester NHS Trust, United Kingdom che ha presentato lo studio durante il congresso.

Il trial di fase III, in doppio cieco, condotto in 133 centri in tutto il mondo, ha arruolato 1.402 pazienti con diabete di tipo 1, in trattamento con terapia insulinica (infusione sottocutanea continua o iniezioni multiple) randomizzati per ricevere sotagliflozin (400 mg al giorno) o placebo per 24 settimane.

L’obiettivo primario dello studio era il raggiungimento di un livello di emoglobina glicata (HbA1c) < 7,0% alla 24a settimana, senza episodi di ipoglicemia grave o chetoacidosi diabetica dopo la randomizzazione. Gli endpoint secondari invece includevano le variazioni dei livelli di HbA1c al basale, del peso corporeo, della pressione sanguigna sistolica e della dose media giornaliera del bolo di insulina.

Al basale, tutti i partecipanti allo studio (699 trattati con sotagliflozin e 703 con placebo) presentavano un’HbA1c superiore al 7% (fino all’11%) e un indice di massa corporea superiore a 25 kg/m2.
L’obiettivo primario è stato raggiunto in molte più persone appartenenti al gruppo sotagliflozin rispetto a quelli appartenenti al gruppo placebo (200 su 699 pazienti [28,6%] vs 107 su 703 [15,2%], p <0,001).

Il cambiamento medio rispetto al basale è stato significativamente maggiore nel gruppo sotagliflozin rispetto al gruppo placebo per l’HbA1c (differenza: -0,46 punti percentuali), peso (-2,98 kg), pressione sistolica (-3,5 mm Hg) e dose media giornaliera del bolo di insulina (-2,8 unità al giorno) (p ≤ 0,002 per tutti i confronti).

La percentuale di ipoglicemia documentata (
Il tasso complessivo degli eventi avversi, di gravità da lieve a moderata, per qualsiasi causa era simile tra sotagliflozin e placebo (55,1% vs 52,5%); tuttavia, la diarrea era più comune con il sotagliflozin rispetto al placebo (4,1% vs 2,3%), portando complessivamente alla sospensione dello 0,4% dei partecipanti. Nel 6,4% dei trattati con sotagliflozin, rispetto al 2,1% con placebo, si sono verificate infezioni micotiche genitali, portando alla sospensione di quasi l'1% in entrambi i gruppi.

Gli eventi avversi correlati all'acidosi alla 24a settimana si sono verificati nell'8,6% dei pazienti con sotagliflozin vs 2,4% del gruppo placebo e uno o più episodi di chetoacidosi diabetica si sono verificati nel 3,0% vs 0,6%.

“Questi tassi erano del 4,4% vs lo 0,7% tra gli utilizzatori della pompa di insulina e il 2,1% vs 0,5% in coloro che usavano le iniezioni” hanno tenuto a precisare gli autori, suggerendo che almeno alcuni dei casi di chetoacidosi diabetica riguardavano il fallimento di un dispositivo piuttosto che del farmaco.

Minimizzare il rischio di chetoacidosi
“I risultati dei tre trial sono stati generalmente simili nel suggerire che sotagliflozin risponde ad una necessità clinica nei pazienti affetti da diabete di tipo 1, sia per quanto riguarda il controllo glicemico che il peso corporeo” hanno fatto sapere gli autori, ma l'aumento della chetoacidosi diabetica suggerisce di prendere ulteriori precauzioni per limitare quel rischio” ha dichiarato John B. Buse, primario di endocrinologia della University of North Carolina School of Medicine, Chapel Hill.

“Poiché l’inibizione del SGLT fornisce realmente dei vantaggi significativi, bisognerà lavorare per minimizzare il rischio di chetoacidosi” ha raccomandato Buse, suggerendo di selezionare bene i pazienti che riceveranno l’antidiabetico e di cominciare con dosi molto basse di sotagliflozin monitorando frequentemente i chetoni e il glucosio.

Di parere differente è invece David M Nathan, primario del Diabetes Center at Massachusetts General Hospital, Boston, che in un editoriale di accompagnamento ha palesato “gli effetti collaterali del farmaco potrebbero superare qualsiasi potenziale beneficio nei pazienti affetti da diabete di tipo 1” aggiungendo “Purtroppo, i risultati di questo studio suggeriscono che il rischio aumentato di chetoacidosi controbilancia l’aumentata probabilità di raggiungere un livello di emoglobina glicata inferiore al 7%" sostenendo che "Le informazioni critiche necessarie per giudicare i rischi e i benefici relativi alla terapia aggiuntiva non possono essere raccolti da studi di breve durata”.

Garg S. K. Effects of Sotagliflozin Added to Insulin in Patients with Type 1 Diabetes. N Engl J Med. 2017 Sep 13. doi: 10.1056/NEJMoa1708337. [Epub ahead of print]
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