Dexmedetomidina, un leggero sedativo privo di effetti di depressione del respiro, è risultato efficace come gli agenti standard (midazolam or propofol) nei pazienti ventilati meccanicamente e ha accorciato i tempi della ventilazione meccanica in due studi randomizzati di fase III, chiamati MIDEX e PRODEX, condotti dallo stesso gruppo di autori e pubblicati con un unico articolo su Jama.

Nello studio MIDEX, il rapporto tra il tempo trascorso nel target di sedazione (misurata con la Richmond Agitation-Sedation Scale, RASS) con dexmedetomidina rispetto a midazolam è risultato pari a 1,07 (IC al 95% 0,97-1,18).

Nello studio PRODEX, il tempo trascorso nel target di RASS è risultato lo stesso con dexmedetomidina rispetto a propofol (rapporto di 1,0, IC al 95% 0,92-1,08).

Secondo i ricercatori, i due studi dimostrano, quindi, che dexmedetomidina non è inferiore a midazolam o propofol per la sedazione a lungo termine dei pazienti in ventilazione meccanica ricoverati nelle unità di terapia intensiva.

Dexmedetomidina è un alfa-2 agonista selettivo e differisce perciò dagli altri sedativi comuni come propofol e le benzodiazepine, che hanno invece come obiettivo il recettore del’acido gamma-aminobutirrico (GABA). Il meccanismo d’azione di dexmedetomidina fa sì che questo agente possa alleviare l'ansia e fornire analgesia senza gli effetti avversi respiratori o amnesici osservati con i GABA-agonisti.

In uno studio pilota fatto in precedenza, dexmedetomidina ha anche ridotto la durata della ventilazione meccanica, ma una successiva metanalisi non ha dato risultati convincenti riguardo alla riduzione della durata della ventilazione meccanica o della degenza in terapia intensiva.

Per chiarire il possibile ruolo di questo agente nei pazienti critici, i ricercatori, guidati da Jukka Takala, dell’Università di Berna, hanno studiato in totale 998 pazienti adulti di 77 centri (44 centri di 9 Paesi europei nello studio MIDEX e 31 di sei Paesi europei e due russi nello studio PRODEX), seguendoli per 45 giorni. I partecipanti erano pazienti ricoverati in terapia intensiva e intubati che avevano bisogno di una sedazione leggera-moderata per più di 24 ore. Nel primo studio 249 pazienti sono stati trattati con dexmedetomidina e 251 con midazolam, mentre nel secondo 251 con dexmedetomidina e 247 con propofol.

Nello studio MIDEX, il 21,1% dei pazienti trattati con midazolam e il 27,3% di quelli trattati con dexmedetomidina sono morti durante il follow-up (P = 0,12), mentre nello studio PRODEX la mortalità è stata del 19,4% con propofol e del 17,1% con dexmedetomidina (P = 0,56).

Nel primo studio, il tempo trascorso nel target di sedazione è risultato del 56,6% nei pazienti del gruppo midazolam e 60,7% per quelli del gruppo dexmedetomidina, mentre nel secondo studio è risultato del 64,7% con propofol e del 64,6% con dexmedetomidina.

In entrambi gli studi, pazienti che hanno sospeso il trattamento a causa di una mancanza di efficacia sono stati più numerosi nel gruppo dexmedetomidina che non nei gruppi di confronto (9% contro 4%, P = 0,02 nel MIDEX e 14% contro 5% nel PRODEX, P <0,001, rispettivamente).

D'altra parte, dexmedetomidina sembra ridurre la durata di ventilazione rispetto agli altri due agenti e nello studio MIDEX la differenza è risultata statisticamente significativa (123 ore contro 164 nel gruppo midazolam; P = 0,03), mentre nel PRODEX si è osservato solo un trend non significativo (97 ore contro 118 ore nel gruppo propofol; P = 0,24).

Anche il tempo di estubazione è risultato significativamente più breve con dexmedetomidina in entrambi i trial: 101 ore contro 147 con midazolam (P = 0,01) nel MIDEX e 69 ore contro 93 con propofol (P = 0,04) nel PRODEX, rispettivamente.

I pazienti trattati con dexmedetomidina erano anche più facilmente risvegliabili e collaborativi rispetto a quelli trattati con i farmaci di confronto, con punteggi della scala VAS di 49,7 contro 30 con midazolam (P <0,001) nello studio PRODEX e di 51,3 e 40,1 con propofol (P < 0,001). Secondo i ricercatori, la maggiore risvegliabilità e la capacità di comunicare dei pazienti trattati con dexmedetomidina potrebbero aver contribuito all’estubazione più rapida in questi pazienti e, inoltre, dovrebbero consentire un uso più appropriato degli oppiacei e facilitare una mobilizzazione e un recupero funzionale più precoci.

L’ipotensione e la bradicardia sono risultate più comuni tra i pazienti trattati con dexmedetomidina nello studio MIDEX - rispettivamente 20,6% e 14,2% contro 11,6% e 5,2% tra i pazienti trattati con midazolam – mentre nel PRODEX la frequenza di questi eventi avversi è stata simile nei due gruppi. Gli autori fanno però notare nella discussione che i pazienti particolarmente a rischio di effetti negativi, come quelli con blocco atrioventricolare, erano stati esclusi dagli studi e ciò potrebbe aver distorto il risultato a favore di dexmedetomidina.

In un editoriale di commento, Hannah Wunsch, MD, della Columbia University di New York, fa notare che la dexmedetomidina è usata relativamente poco negli Stati Uniti e potrebbe essere una questione di costi; secondo uno studio 1.166 dollari per paziente rispetto ai 60 di midazolam. Tuttavia, sottolinea la Wunsch, dexmedetomidina perderà nel 2013 la copertura brevettuale, il che dovrebbe far scendere considerevolmente il prezzo del farmaco grazie all’arrivo sul mercato delle versioni generiche. Quando ciò accadrà, ci saranno abbastanza giustificazioni per un utilizzo più ampio di questo agente nelle unità di terapia intensiva.

S.M. Jakob, et al. Dexmedetomidine vs Midazolam or Propofol for Sedation During Prolonged Mechanical Ventilation. Two Randomized Controlled Trials. JAMA. 2012;307(11):1151-1160. doi: 10.1001/jama.2012.304.

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