Dolore

Dolore cronico in pazienti con osteoporosi, dall'approccio riabilitativo a quello farmacologico

Per gestire adeguatamente il dolore cronico in pazienti con osteoporosi, oggi non è più possibile tener conto di un singolo approccio. Bisogna sicuramente coniugare il trattamento farmacologico a una terapia non farmacologica. Il trattamento farmacologico da preferire è a base di bifosfonati, in particolare alendronato, seguito da denosumab, stronzio ranelato, e teriparatide, mentre dal punto di vista riabilitativo gli esperti consigliano esercizi per preservare e aumentare la massa ossea ma anche per migliorare la funzione e ridurre il dolore. E' quanto emerge da una revisione sistematica della letteratura pubblicata su Journal of Pain Research.

Per gestire adeguatamente il dolore cronico in pazienti con osteoporosi, oggi non è più possibile tener conto di un singolo approccio. Bisogna sicuramente coniugare il trattamento farmacologico a una terapia non farmacologica. Il trattamento farmacologico da preferire è a base di bifosfonati, in particolare alendronato, seguito da denosumab, stronzio ranelato, e teriparatide, mentre dal punto di vista riabilitativo gli esperti consigliano esercizi per preservare e aumentare la massa ossea ma anche per migliorare la funzione e ridurre il dolore. E’ quanto emerge da una revisione sistematica della letteratura pubblicata su Journal of Pain Research.
L'osteoporosi (OP) è una condizione patologica che si manifesta clinicamente sotto forma di dolore cronico, fratture e disabilità fisica, con conseguente perdita di indipendenza e necessità di assistenza a lungo termine.  
Il dolore cronico è un'esperienza multidimensionale con aspetti sensoriali, affettivi e cognitivi; l’età può influenzare ciascuna di queste dimensioni e il dolore che si sperimenta.
Che tipo di dolore cronico si sviluppa nei pazienti con osteoporosi?
Nell’OP, il dolore cronico sembra avere le caratteristiche e le proprietà del dolore nocicettivo e neuropatico sensoriale. 
La sua valutazione e il trattamento richiedono un approccio olistico che si concentra sulle caratteristiche specifiche di questa popolazione. La gestione del dolore deve, quindi, includere approcci farmacologici, interventi di fisioterapia, misure educative, e, in rari casi, il trattamento chirurgico.
La maggior parte dei trattamenti riabilitativi nella gestione di pazienti con OP non valutano il dolore o la funzione fisica, e non vi è alcun consenso sugli effetti della terapia riabilitativa su dolore o sulla qualità della vita nelle donne con OP. 
Il trattamento farmacologico nei pazienti con OP è di solito sufficiente a controllare il dolore. La gestione del dolore cronico in questi pazienti è complicata per quanto riguarda la sua diagnosi, la ricerca di cause secondarie reversibili, l'efficacia e la durata dei bisfosfonati orali, e la funzione di calcio e vitamina D.
Tre ricercatori del Policlinico Umberto I di Roma hanno revisionato lavori inerenti il dolore cronico nel paziente con osteoporosi per evidenziare tutte le possibili soluzioni di gestione di tale problematica, riabilitative e farmacologiche.
Approccio riabilitativo
Il trattamento standard di riabilitazione in pazienti con OP si basa su cambiamenti posturali, prevenzione delle cadute per migliorare l'equilibrio e la coordinazione, alleviare il dolore e migliorare il proprio benessere psicologico.
A livello riabilitativo emerge che lo yoga è un approccio con effetti positivi sul dolore accompagnato da benefici fisici e sociali in questi pazienti. Allo stesso modo, gli esercizi di pilates aumentano la densità minerale ossea (BMD), migliorano la qualità della vita e la distanza percorsa dal paziente a piedi, alleviano il dolore, e possono essere, quindi, offerti ai pazienti con OP.
Un contributo al miglioramento del benessere fisico di questi pazienti deriva anche dalla terapia cognitivo comportamentale.
Approccio farmacologico
Per quanto riguarda l’approccio farmacologico è fondamentale la scelta dell’ analgesico appropriato che deve essere sempre effettuata in base all'intensità del dolore cronico che viene segnalato dal paziente.
Per i casi di dolore lieve (scala di valutazione numerica [NRS] 3), sono consigliati i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) o il paracetamolo, con la possibilità di aumento della loro attività grazie a sostanze coadiuvanti.
Nei casi di dolore moderato (NRS 4-6) sono da preferire gli oppioidi deboli con o senza i FANS o paracetamolo, con l'opzione della terapia adiuvante. 
Nei casi di dolore forte (NRS # 6) i pazienti devono essere trattati con oppioidi e FANS o paracetamolo, con possibile supplementazione con adiuvanti. 
I farmaci adiuvanti sono una classe di molecole che contribuiscono a mitigare il dolore, aumentando gli effetti degli analgesici.
Per quanto riguarda le raccomandazioni sul tempo di utilizzo di questi diversi farmaci gli autori sottolineano che devono essere applicate le precauzioni generiche indicate nelle linee guida per gli analgesici per ogni singolo farmaco. Ad esempio, la durata della terapia con paracetamolo non dovrebbe superare i 4-5 giorni per evitare effetti negativi. In generale, la terapia con analgesici e farmaci anti-infiammatori deve essere limitata al minimo tempo possibile
Gli autori specificano che bisogna considerare la terapia farmacologica e, in particolare gli oppioidi, solo dopo il fallimento di approcci non farmacologici. E’ utile anche provare più approcci riabilitativi in contemporanea soprattutto per il dolore nei pazienti con OP, senza fratture, mentre quelli con fratture dovrebbe prendere in considerazione una combinazione di terapie farmacologiche e non farmacologiche.
I bisfosfonati sembrano essere efficaci; in particolare, il pamidronato per via endovenosa ha evidenziato effetti analgesici e di riduzione del mal di schiena acuto a causa di recenti fratture vertebrali osteoporotiche. In questi pazienti, anche la teriparatide ha diminuito il rischio di insorgenza o peggioramento del mal di schiena.
Altro punto fondamentale di cui tener conto è che spesso i FANS, agendo sulle cicloossigenasi, sono associati a effetti negativi sul metabolismo dell’osso; stessa cosa per il paracetamolo il cui meccanismo è però ignoto.
E’ possibile anche trattare questo dolore con farmaci che non agiscono centralmente come l’ibuprofene che risulta più efficace di farmaci ad azione centrale come il tramadolo, e quindi è da preferire nelle donne in post-menopausa tenendo comunque sempre presente i suoi effetti gastrointestinali.
Gli oppioidi sono da considerare nel dolore moderato-severo ma per brevi periodi di trattamento considerando che sono spesso accompagnati da effetti avversi come costipazione, nausea prurito, sedazione ma anche da problemi più gravi fino all’addiction. Quest’ultima problema è evitabile con la morfina che è annoverata tra gli oppioidi long acting.
Per affrontare meglio le difficoltà che sono associati con la gestione del dolore cronico, il medico deve adattare il trattamento dopo aver valutato la storia di dolore di un paziente e gli effetti specifici su quel soggetto.
Altre possibilità di trattamento farmacologico


Vitamina D
Il razionale per la vitamina D nel trattamento dei pazienti con OP è che il miglioramento della salute scheletrica riduce il rischio di fratture e, di conseguenza, il dolore. La vitamina D riduce il dolore muscolo-scheletrico e diminuisce i marker infiammatori nei pazienti con OP in post-menopausa, soprattutto dopo l'infusione di acido zoledronico.
Farmaci antiriassorbitivi


Il denosumab è un anticorpo monoclonale umano che inibisce la differenziazione e la funzione dei precursori degli osteoclasti. Ci sono poche prove dell'efficacia di denosumab contro il dolore cronico in pazienti con OP. Denosumab riduce il dolore osseo dopo 12 mesi di trattamento, come evidenziato da punteggi della scala analogica visiva (VAS), nei pazienti con OP primaria e secondaria. Inoltre, il trattamento di 12 mesi con denosumab aumenta la BMD nella colonna lombare e dell'anca totale.
I bifosfonati aumentano i livelli di massa ossea inibendo il riassorbimento osseo e prevenendo le fratture. Possono migliorare il dolore e la qualità della vita nei pazienti con OP, probabilmente attraverso la loro attività antiriassorbitiva e la loro capacità di sopprimere la produzione di neuropeptidi, come la sostanza P e il peptide correlato al gene della calcitonina, e citochine infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa.
Tra questi gli autori ricordano l’alendronato che riduce in modo significativo il dolore, sulla base dei punteggi VAS, e migliora la qualità della vita rispetto alla sola supplementazione di calcio.
L’alendronato riduce anche la necessità di analgesici e migliora il funzionamento e le attività giornaliere con maggiore mobilità della colonna vertebrale in pazienti in postmenopausa con OP.
Nel lavoro gli autori citano anche l’ ibandronato, il minodronate, il clodronato, il pamidronato e l’acido zolendronico come efficaci nel ridurre il dolore in questi pazienti anche se la loro efficacia è stata verificata in un minor numero di studi.
Teriparatide
Anche il trattamento per 18 mesi con teriparatide, analogo dell’ormone paratiroideo umano, in pazienti con grave OP è associato a riduzione di fratture vertebrali collegata al dolore e disabilità e al miglioramento costante e progressivo della qualità della vita, con effetti clinicamente e statisticamente significativi dopo 12 mesi di terapia.
Ranelato di stronzio
Questo farmaco aumenta la BMD, diminuisce il rischio di fratture ,migliora la qualità della vita e diminuisce il dolore rispetto al placebo. Quindi ha più un effetto secondario di riduzione del dolore dopo mesi di utilizzo che hanno comportato miglioramento dell’osteoporosi.
Calcitonina
I dati sul suo utilizzo sono contrastanti poiché a fronte di risultati positivi sull’aumento della densità ossea, ci sono anche alcune evidenze di collegamento all’insorgenza di cancro.
Sembra ridurre il dolore agendo sul sistema nervoso centrale, e quando somministrato per via sottocutanea o intranasale, ha eccellenti effetti analgesici in pazienti con fratture vertebrali.
Raloxifene
Il trattamento con Raloxifene in donne in postmenopausa con OP correla con una marcata riduzione del dolore scheletrico e consumo di analgesici e miglioramento della qualità del sonno. E’ da tener presente però che gli effetti collaterali del raloxifene includono un maggiore rischio di ictus fatale e tromboembolismo venoso.
In conclusione, i pazienti con osteoporosi e dolore cronico hanno numerose possibilità di trattamento farmacologico e non. L’approccio riabilitativo va considerato sempre per primo ma quando questo fallisce bisogna passare al trattamento farmacologico. Tra i farmaci a disposizione sono da preferire i bisfosfonati, in particolare alendronato, seguito da denosumab, il ranelato di stronzio, e teriparatide.
Emilia Vaccaro


Paolucci T. et al. Management of chronic pain in osteoporosis: challenges and solutions. J Pain Res. 2016 Apr 1;9:177-86. doi: 10.2147/JPR.S83574. eCollection 2016.

leggi

Gewandter JS, Dworkin RH, Turk DC, et al. Research designs for proof-of-concept chronic pain clinical trials: IMMPACT recommendations. Pain. 2014;155(9):1683–1695.
leggi