Un recente lavoro di revisione della letteratura, pubblicato sulla rivista Minerva Anestesiologica ha fatto il punto sulle formulazioni di fentanyl transmucosale disponibili per trattare il dolore episodico intenso da cancro (BTcP).
Il Prof. Corli e la Dott.ssa Roberto, dell’unità di ricerca sul dolore e le cure palliative dell’IRCCS - Istituto Mario Negri di Milano, hanno analizzato numerosi lavori sul dolore episodico intenso da cancro in cui i pazienti erano trattati con diverse formulazioni di fentanyl transmucosale e hanno confrontato le caratteristiche farmacocinetiche e cliniche.
Il dolore episodico intenso da cancro (in inglese “breakthrough cancer pain, BTcP) è un’esacerbazione transitoria del dolore che insorge in maniera spontanea o in relazione a uno specifico fattore scatenante prevedibile o meno, nonostante il dolore di fondo sia controllato adeguatamente. E’ un dolore presente soprattutto in malati cronici, ed in particolare nei malati neoplastici tra cui la prevalenza media è del 52,9%, che sale all’80,5% nei pazienti in fase avanzata di malattia.
E’ caratterizzato da una rapida insorgenza (da pochi secondi a pochi minuti), una breve durata degli episodi (da pochi minuti a un’ora), da dolore molto intenso che ricorre più volte durante il giorno. In genere, tutto ciò tende ad aumentare l’ansia e la depressione nel paziente già provato ed influisce sulle attività fisiche portando anche ad un’anticipazione della morte legata al dolore molto elevato.
Per mitigare tale dolore ed eventualmente rimuovere i fattori causali spesso vengono utilizzate interventi palliativi di radioterapia, chirurgia ed endoscopia ma anche terapie farmacologiche. I medici, infatti, tendono ad aumentare la dose giornaliera di farmaco abitualmente utilizzato (aumento del 32.5% nei pazienti con BTcP rispetto al 24% dei pazienti senza BTcP, nelle prime 4 settimane di osservazione) oppure si prova a cambiare oppioide. La terapia “rescue” si basa sulla somministrazione di un oppioide extra al momento dell’attacco.
A questo scopo, la morfina orale, storicamente utilizzata, produce un effetto tardivo su tale dolore in quanto ha una lenta farmacocinetica, un inizio di azione ritardato ed una lunga durata dell’effetto. Insomma, non è il farmaco ideale per il BTcP.
Più adeguato, invece, è il trattamento con la famiglia degli oppioidi a rapido inizio d’azione, tutti a base di fentanyl. Questa molecola è un agonista del recettore “mu” degli oppioidi 100 volte più potente della morfina e riesce a penetrare rapidamente nella BEE (barriera ematoencefalica). Può essere somministrata per via endovenosa, sottocutanea, transdermica, transmucosale ma non orale.
La somministrazione transmucosale è la più indicata nei casi di BTcP sotto forma di compresse orosolubili (OTFC, oral transmucosal fentanyl cytrate) o di compresse buccali (FBT, fentanyl buccal tablet), sublinguali (SLFT, sublingual fentanyl tablet) e formulazioni nasali che possono essere di due tipi, soluzioni acquose intranasali (INFS, intranasal fentanyl spray) oppure formulazioni nasali contenenti pectina (FPNS, fentanyl pectine nasal spray).
Nel lavoro pubblicato su Minerva Anestesiologica, i ricercatori hanno valutato le proprietà farmacologiche e cliniche delle varie formulazioni del fentanyl TM in studi clinici specifici sul BTcP.
E’ stata fatta una revisione della letteratura da Aprile 2003 ad Aprile 2013 includendo 13 studi clinici per un totale di 1447 pazienti. Da ogni articolo sono stati estrapolati e confrontati i seguenti dati sul farmaco: composizione e sistema di erogazione, proprietà farmacocinetiche (come la biodisponibilità, la Cmax, il Tmax, il t1/2) ma anche intensità del dolore, sollievo dallo stesso, proporzione di episodi trattati in maniera soddisfacente.
I risultati ottenuti sottolineano che le varie formulazioni di fentanyl hanno in comune la stessa molecola ma si differenziano molto per le proprietà farmacocinetiche, dovute al sistema di rilascio del farmaco, al suo assorbimento, alla sua biodisponibilità ed alla quantità di molecola disponibile nel sito bersaglio (il recettore).
Andando nel dettaglio, la formulazione OTFC viene assorbita attraverso la mucosa solo per il 25%, il restante 75% viene ingerito disciolto nella saliva; nella FTB il 50% è assorbito ed il 50% ingerito. La frazione ingerita subisce un effetto di primo passaggio ed è quindi alla fine disponibile solo per il 15%.
La via di somministrazione nasale è, per molti farmaci, considerata una porta importante per la “cessione” del principio attivo grazie all’alta permeabilità e vascolarizzazione della mucosa. La somministrazione nasale di fentanyl FPNS, attraverso la trasformazione della pectina in gel, prolunga l’adesione del farmaco alla mucosa rallentandone però il rilascio. Nelle somministrazioni nasali, quindi, la biodisponibilità è dell’89% nel caso dell’INFS del 60-65% per FPNS. La Tmax è risultata 15 minuti con INFS e 20 minuti con FPNS, mentre il t1/2 è pari a 5-10 ore con INFS e 15-25 ore con FPNS.
Nella somministrazione di OTFC, lo stick va strofinato sulla mucosa per 15 minuti e quindi è necessario maggior tempo per il rilascio del farmaco. La biodisponibilità dell’INFS è quasi doppia rispetto all’OTCF ma tali valori possono essere compensati variando i dosaggi.
La Cmax viene raggiunta velocemente con INFS e altrettanto rapidamente cala, mentre nelle OTFC viene raggiunta più lentamente ma anche la ridiscesa è più lenta.
Per quanto riguarda l’effetto clinico, la riduzione del dolore dopo 10 minuti dalla somministrazione è pari a 2.0-2.6 punti (dolore misurato secondo la scala numerica di intensità del dolore da un minimo di 0 ad un massimo di 10 punti) per fentanyl nasale mentre le formulazioni orali danno un sollievo di 0.7-1.2 punti. Dopo 30 minuti, le formulazioni nasali danno un sollievo di 4.1 punti e quelle orali di 2.3-3.4 punti. Dopo 60 minuti, risultano 4.6-5.7 punti di sollievo per la somministrazione nasale e 3.2-4.0 per quella orale.
Il tempo medio di insorgenza di un episodio è risultato essere pari a 2-3 minuti, la durata media a 30 minuti ed il 73% degli episodi si esaurisce spontaneamente in 30 minuti. Nessuna delle formulazioni riesce a colmare in modo soddisfacente i primi 10 minuti di un attacco.
In teoria, solo il fentanyl endovenoso riesce a dare sollievo dal dolore in 2-3 minuti ma questa via non è sempre praticabile e produce effetti collaterali immediati per la grande quantità di fentanyl somministrata in un tempo molto breve. Inoltre, per questa somministrazione va messa molta attenzione nel decidere dose, soluzione e tempo di iniezione.
Il Prof. Corli ha sottolineato ai microfoni di Pharmastar l’importanza di scegliere la formulazione che dà il sollievo più immediato. L’elemento che fa la differenza, come effetto clinico è soprattutto la rapidità dell’azione; gli spetti farmacocinetici, quindi, sono di grande rilievo nel determinare l’effetto clinico.
Ci sono anche dei piccoli ostacoli da considerare, come ad esempio la bocca secca, tipica dei pazienti con cancro trattati con oppioidi, che rende difficile l’assorbimento del fentanyl; stessa cosa in caso di mucositi spesso associate a chemio e radioterapia. Le formulazione nasali, invece, potrebbero essere sconsigliate in caso di raffreddore o altri problemi della mucosa nasale ma clinicamente questo problema sembra essere di scarso rilievo.
Gli autori concludono dicendo che le formulazioni di fentanyl sono tutte più o meno efficaci nel trattamento della BTcP anche se rimane il problema del sollievo del dolore nei primi dieci minuti dell’attacco.
Nel prossimo futuro nuovi sistemi di dispensazione del farmaco potrebbero eliminare anche questo problema. Inoltre, combinazioni di oppioidi ed altri farmaci mirati al meccanismo patogenetico del dolore potrebbero migliorare la prevenzione e nella cura del BTcP.
Corli O, Roberto A. Pharmacological and clinical differences among transmucosal fentanyl formulations for the treatment of breakthrough cancer pain. A review article. Minerva Anestesiol. 2013 Dec 17
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Dolore episodico intenso da cancro, buon controllo con il fentanyl transmucosale
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