Il dolore è la causa di circa la metà delle 5 mila visite ambulatoriali effettuate ogni anno dai 7 mila pediatri di famiglia italiani. E nel 2-3% dei casi la ‘bua’ è seria, causata da cefalee ed emicranie (nel 20% dei bambini tra i 6 e i 12 anni), dolori addominali, muscolo scheletrici (nel 30% dei casi tra i 2 e i 12 anni), dolori multipli da identificare con analisi specifiche, o da dolore cronico (superiore a 3 mesi) con prevalenza del 15-25%.
“Sono dati noti, ma il dolore nei bambini è una tematica complessa che va affrontata innanzitutto formando e sensibilizzando, anche culturalmente, i medici pediatri, convincendoli a credere sempre ai bambini”.
In una indagine condotta dal Gruppo di Studio FIMP Nazionale Terapia del dolore e terapia Palliativa – presentato oggi ufficialmente a Capri – i risultati fanno riflettere: il 63% dei pediatri risponde che un bambino che dice di avere dolore deve essere sempre trattato ma paradossalmente, di questi, il 42% non utilizza alcun metodo per la rilevazione del dolore, il 31% non ritiene utile trattare il sintomo dolore prima di aver formulato una diagnosi, il 71% è preoccupato degli effetti collaterali dei farmaci oppioide ed il 61% auspica un approccio multidisciplinare al dolore. Sorprendente è però che il 69% dei pediatri ritenga che nella gestione del dolore vi sia scarsa preparazione.
A questa richiesta – aggiunge il presidente Fimp – crediamo di avere fornito una pronta risposta. Ne è testimonianza la nascita del nostro Gruppo di Studio, coordinato da Maria Giuliano, composto da 10 medici pediatri rappresentativi delle maggiori regioni italiane, con il compito di sensibilizzare gli altri pediatri di famiglia”. Come? Attraverso indagini e corsi di formazione come questo, dal titolo “Nientemale Junior”, che si è potuto svolgere grazie al contributo incondizionato di Angelini (www.nientemale.it). Il programma, patrocinato dal Ministero della Salute, nel 2013 prevede la formazione di un network di pediatri territoriali e ospedalieri, rappresentativo di tutta l’Italia, che formeranno i pediatri alla cultura del dolore inutile e al suo trattamento, per evitare che ancora oggi, in alcune particolari situazioni (suture, riduzione di fratture) non si ritenga necessario, anche nei piccoli, ‘togliere’ il dolore procedurale.
“Il dolore pediatrico, in particolare lieve e moderato – spiega il presidente Fimp – è una condizione frequente nei più piccoli fin dai primi mesi, con forte impatto sulla qualità della vita e sullo svolgimento delle attività quotidiane. Senza la necessaria copertura antalgica causa conseguenze a breve (peggioramento clinico, complicanze) e a lungo termine (dolore cronico, alterazione della soglia del dolore, problemi socio-relazionali)”.
“Fondamentale nel riconoscimento e nella valutazione dell’intensità del dolore pediatrico – dichiara Maria Giuliano, Referente Nazionale Fimp per la terapia del Dolore e le Cure Palliative in pediatria – è l’accurata anamnesi, una attenta visita con l’ascolto di quanto il bambino lamenta e soprattutto l’esperienza. Sono però ancora molteplici gli ostacoli esistenti, nell’adeguato trattamento del dolore – continua il Presidente Mele – primo fra tutti una barriera di tipo culturale che non ha consentito il superamento dei retaggi degli anni ’80, secondo cui la maggior parte della comunità scientifica riteneva che il bambino non provasse dolore. Fino a 30 anni fa, molti interventi venivano condotti senza copertura antalgica ed ancora oggi il dolore cosiddetto ‘procedurale’, legato a suture o riduzione di fratture, spesso non viene controllato. Occorre dunque sensibilizzare in maniera capillare la popolazione medica pediatrica a che il bambino non solo prova dolore, ma che più è piccolo di età maggiore sarà la sua percezione a parità di stimolo. Dunque il nostro impegno deve essere rivolto anche ad aiutare il bambino a esprimere il suo dolore, valutandolo con apposite scale ancora sottoutilizzate”.
“Gli strumenti, invece, esistono – commenta ancora la dottoressa Giuliano - e sono molto preziosi. Si va dalla possibilità di eseguire una anamnesi con il sistema PQRST (acronimo di individuazione del dolore rispetto alla “Provocazione”, “Qualità”, “Irradiazione”, “Severità”, “Tempo”), alle scale di auto ed etero valutazione che si basano sulla descrizione che il bambino (auto) o una persona esterna ad esso (etero) riesce a dare del dolore, e che comprendono le scale visivo-analogiche (VAS), colorimetriche (Eland), le scale intervallari (Faccette) e le autovalutazioni verbali con progressioni di gravità, interviste strutturate e questionari. A queste si aggiungono poi dei metodi fisiologici che, in relazione ai normali parametri organici, valutano l’aumento di frequenza cardiaca e respiratoria, la pressione arteriosa, la sudorazione palmare, la riduzione della saturazione transcutanea di ossigeno.
Di tutti questi strumenti, quelli maggiormente utilizzati restano la Scala FLACC, dedicata ai neonati e bambini di età inferiore ai 3 anni, la Scala di Wong-Baker (le note ‘faccette’) per bambini con più di 3 anni e la Scala numerica utilizzata in età superiore agli 8 anni”.
Dolore
Dolore nei bimbi, metà delle visite per colpa del dolore e nel 2% dei casi è una cosa seria
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