Misurare il dolore provato da un bambino è un’impresa ardua. Il bambino non riesce a comunicare le proprie sensazioni come l’adulto e spesso il suo stato viene sottovalutato. La ricerca in questo ambito sta pero’ facendo passi avanti e inizia a produrre i primi risultati. Alcuni di questi sono stati presentati durante la sessione Pain and Children all’interno della IIV edizione del congresso Simpar che si è concluso ieri a Roma.
“Il dolore cronico è una malattia di per sé. Ha una sua distinta patologia che causa modificazioni nel sistema nervoso che spesso peggiorano nel tempo. E’ correlato a problematiche psicologiche e cognitive e puo’ costituire un serio problema.” Così è cominciata la relazione della dr.ssa Carolina Beraldo Meloto che ha spiegato l’interazione tra sistema immunitario, principalmente mast cells, e sistema nervoso e come le mast cells attivate (da vari fattori tra cui lo stress) producono numerosi mediatori infiammatori collegati al dolore.
Evidenze del collegamento tra mast cells e dolore cronico sono visibili in diverse problematiche tra cui emicrania, vulvodinia, IBS, CRPS, fibromialgia ed è stato anche verificato in modelli preclinici su animali.
La dr.ssa Beraldo Meloto della McGill University sta valutando l’effetto del succo d’uva e degli antiasmatici nel dolore cronico diffuso in teenagers. C’è da tenere presente che tra gli antismatici rientrano appunto gli stabilizzatori delle mast cells cioè inibiscono la degranulazione delle mast cells o mastociti e il succo d’uva aiuta in quest’azione come antiossidante. I dati presentati al Simpar parlano di riduzione del dolore dal 15% al 50%, miglioramento del sonno e dell’attività fisica, ridotta medicalizzazione e di un miglioramento globale tra il 10% e l’80%. I miglioramenti si sono avuti dopo 4-8 settimane dal trattamento.
La sessione, dagli adolescenti si è diretta verso l’ambito pediatrico e neonatale, in cui è ancora più problematico capire se e quanto è percepito il dolore. Questo aspetto è stato il filo conduttore della presentazione della dott.ssa Catherine Ferland, dello Shriners Hospitals for Children in Canada che si è alla ricerca di tecniche mini invasive per la valutazione del dolore nel bambino.
“La saliva-ha precisato la dr.ssa Ferland- puo’ essere utilizzata come fluido corporeo in cui dosare specifici mediatori infiammatori che possono dare un’idea del dolore provato dal paziente”.
La dr.ssa Ferland ha mostrato dati relativi al confronto tra dosaggio plasmatico e salivare dell’interleuchina 6 (IL-6). Questo mediatore, 48 ore dopo lo stimolo nocicettivo raggiungeva circa le 300 pgr/mL nel campione da loro analizzato, quando dosato nel plasma e circa 120-130 pgr/mL quando ricercato nella saliva. Valori che si sono comunque mostrati statisticamente significativi rispetto al controllo.
Lo stesso studio ha indagato l’effetto di antinfiammatori non steroidei somministrati (Fans) prima dello stimolo nocicettivo . In particolare, l’effetto quando veniva assunto ketorolac. In questo caso è stato evidenziata un’associazione tra la quantità di IL-6 e il dolore nel controllo e la diminuzione degli stessi quando veniva somministrato il Fans.
“Questi biomarker-ha sottolineato la dr.ssa Ferland-potranno aiutare i medici a identificare la presenza e l’intensità del dolore; potranno fornire una guida nella costruzione di strategie mirate al trattamento del dolore e potranno fornire un benchmark rispetto al quale valutare l’efficacia di un trattamento”.
Sempre nella direzione della valutazione del dolore nel bambino, il dr. Lorenzo Fabrizi del Dipartimento di Neuroscienze, Fisiologia e Farmacologia dell’UCL di Londra ha presentato dati dei suoi studi sul come il cervello del bambino distingue gli stimoli nocivi o meno. L’area del cervello maggiormente interessata nella distinzione del dolore è la corteccia che, funzione ben sviluppata nell’adulto ma meno nel bambino e soprattutto nel neonato (in cui non lo è affatto). Le modifiche cerebrali che si attuano durante la gestazione e nel primo anno di vita servono anche in direzione di tale sviluppo. In genere nel bambino normale vengo effettuate delle misure come il battito cardiaco, la valutazione del pianto o del movimento, aumento della sudorazione; queste variazioni sono controllate da sistemi sotto-corticali ad esempio a livello di midollo spinale che pero’ non hanno lo stesso livello di sviluppo nel bambino prematuro.
Nei suoi studi, Fabrizi ha valutato l’incidenza di stimoli nocicettivi (facenti parte della pratica clinica che dovevano affrontare alcuni bambini a livello ospedaliero) rispetto a stimoli sperimentali innocui. In bambini a termine a seguito di una stimolazione con un aghetto tipo quello per diabetici si evidenziava un’attività cerebrale specificatamente legata allo stimolo doloroso; tale attività era assente a seguito della stimolazione con un martelletto (utilizzato per la visualizzazione degli stimoli sensoriali). Quindi il cervello dei bambini a termine è già maturo per la distinzione tra stimoli nocicettivi o meno.
In conclusione, il dolore è avvertito anche dal bambino molto piccolo e per tale motivo bisogna considerarlo, valutarlo e trattarlo non meno di quanto si faccia nel caso dell’adulto.
Emilia Vaccaro
Dolore