Dolore

Il dolore non infiammatorio nell'artrite reumatoide persiste nonostante il trattamento

Quasi un terzo dei pazienti con artrite reumatoide di nuova insorgenza ha riportato dolore inaccettabile persistente dopo quasi due anni di terapia di associazione, nonostante il miglioramento dei marcatori dell'infiammazione. Sono i risultati di studio svedese pubblicato sulla rivista Arthritis Care & Research.

Quasi un terzo dei pazienti con artrite reumatoide di nuova insorgenza ha riportato dolore inaccettabile persistente dopo quasi due anni di terapia di associazione, nonostante il miglioramento dei marcatori dell’infiammazione. Sono i risultati di studio svedese pubblicato sulla rivista Arthritis Care & Research.

Nello studio, dopo 21 mesi di trattamento con metotrexato più infliximab o metotrexato più sulfasalazina e idrossiclorochina, il 29% dei pazienti ha continuato a provare un dolore inaccettabile, definito come un punteggio superiore a 40 mm su una scala analogica visiva di 100 mm.

Inoltre il dolore refrattario, ossia un dolore inaccettabile nonostante il controllo dell'infiammazione, definito da livelli di proteina C reattiva inferiori a 10 mg/l, rappresentava i quattro quinti del dolore dopo 21 mesi di trattamento combinato.

Dolore indipendente dall’infiammazione
Nell’artrite reumatoide il dolore è stato tradizionalmente considerato un processo infiammatorio a carico della sinovia, ma molti pazienti hanno riportato dolore persistente nonostante rispondessero al trattamento e raggiungessero una bassa attività di malattia.

«La fibromialgia è presente fino al 25% dei pazienti con artrite reumatoide (rispetto al 2% nella popolazione generale), fornendo un ulteriore supporto a uno spettro sfaccettato di dolori sia derivanti dall’infiammazione che indipendenti da essa» hanno scritto Tor Olofsson e colleghi della Lund University.

Recenti studi randomizzati hanno scoperto che il metotrexato più un inibitore del fattore di necrosi tumorale o sulfasalazina/idrossiclorochina (tripla terapia) possono ridurre con successo le misure convenzionali di attività della malattia, ma non sono disponibili dati su come i due approcci terapeutici influenzano le diverse componenti del dolore.

Lo studio svedese
I ricercatori hanno quindi condotto un'analisi post-hoc dei dati dei partecipanti al trial SWEFOT, che ha arruolato pazienti da 15 centri svedesi dal 2002 al 2005. Ai soggetti coinvolti era stato somministrato metotrexato per 3 mesi. Quanti non avevano raggiunto una bassa attività della malattia, definita da un punteggio del Disease Activity Score in 28 articolazioni (DAS28) pari o inferiore a 3,2, sono stati randomizzati a ricevere infliximab 3 mg kg ogni 8 settimane o sulfasalazina 1.000 mg due volte al giorno, più idrossiclorochina 400 mg una volta al giorno. Tutti i pazienti hanno continuato il trattamento con metotrexato.

Dei 487 pazienti che hanno iniziato il trattamento con metotrexato, 258 non avevano raggiunto uno stato di bassa attività della malattia dopo 3 mesi e sono stati randomizzati a ricevere uno dei due regimi di trattamento aggiuntivi, e quindi seguiti per ulteriori 21 mesi.

Al momento della randomizzazione, i pazienti di entrambi i gruppi presentavano un'elevata attività di malattia, con un punteggio DAS28 di quasi 6. Provavano anche un dolore notevole, con un punteggio medio di quasi 60 mm sulla scala analogica visiva di 100 mm.

L'81% dei pazienti aveva riportato un livello di dolore inaccettabile al momento dell'arruolamento, numero che si è ridotto fino al 50% quando sono stati sottoposti a randomizzazione, quando il punteggio medio del dolore era 43.

Al momento dell'arruolamento, il 53% del dolore era considerato infiammatorio, in quanto il punteggio del dolore era superiore a 40 e la CRP era di almeno 10 mg/l, percentuale scesa al 19% al momento della randomizzazione e al 5% dopo 21 mesi (p<0,001). Il dolore refrattario, al contrario, è rimasto coerente durante il follow-up intorno al 25-30% e rappresentava l'82% di tutto il dolore inaccettabile dopo 2 anni.

Meno dolore inaccettabile con infliximab
Il rischio relativo di avere ancora un dolore inaccettabile dopo 21 mesi era inferiore nel gruppo trattato con infliximab rispetto al gruppo con tripla terapia (RR 0,68, p=0,008). Per un dolore infiammatorio inaccettabile, il gruppo infliximab presentava nuovamente rischi più bassi al mese 21 (RR 0,48, p=0,031). Anche l'area sotto la curva per il dolore cumulativo era più bassa nel gruppo infliximab. Tuttavia, per il dolore refrattario a 21 mesi, il gruppo infliximab ha ottenuto miglioramenti non significativi (23% vs 28%, p=0,27).

«Quindi, mentre il dolore nocicettivo nei pazienti con artrite reumatoide, suscitato da un normale sistema nervoso somatosensoriale in risposta all'infiammazione, generalmente risponde bene alla terapia con immunosoppressori, i nostri risultati rafforzano l'evidenza che gli attuali regimi terapeutici sono insufficienti nel prevenire l'insorgenza delle componenti non infiammatorie del dolore, spesso derivanti dalla sensibilizzazione centrale (maggiore reattività agli stimoli nel sistema nervoso centrale)» hanno osservato gli autori, concludendo che le strategie di trattamento dell’artrite reumatoide devono affrontare in modo più completo gli aspetti del dolore indipendenti dall'infiammazione.

Bibliografia

Olofsson T et al. Pain over 2 years after start of biological versus conventional combination treatment in early rheumatoid arthritis: results from the randomized controlled SWEFOT trial. Arthritis Care Res 2020.

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