Due giornate dedicate alla divulgazione delle più recenti scoperte nell’ambito della fisiopatologia e del trattamento farmacologico del dolore intrattabile,  parliamo del congresso “Advances in pain research: pathophysiology and new therapeutic strategies” che si è tenuto presso lo storico complesso di S. Andrea delle Dame, Seconda Università degli studi di Napoli nei giorni 18 e 19 giugno.

Il convegno, patrocinato dalla Società Italiana di Farmacologia presieduta dal Prof. Francesco Rossi, è stato incentrato su argomenti di elevato livello scientifico riguardanti le nuove possibili terapie per il dolore cronico di tipo neuropatico. Tale patologia è caratterizzata da sintomatologie dolorose spontanee, derivanti da complessi processi di riorganizzazione dell’attività e della connettività del tessuto nervoso (cervello e midollo spinale). Questa tipologia di dolore non è solo un sintomo (considerato positivo per il nostro organismo), ma diviene una patologia invalidante che limita in maniera drammatica la qualità di vita del paziente.

Al convegno sono intervenute personalità di elevato spessore scientifico internazionale dagli Stati Uniti, Canada, Inghilterra e Polonia.

La Prof.ssa Daniela Salvemini, proveniente dalla St. Louis University, Missouri, USA, è di recente entrata a far parte dell’Academy of Science, uno dei riconoscimenti più prestigiosi per un Ricercatore. La sua lettura magistrale si è focalizzata su recenti scoperte pubblicate su prestigiose riviste di settore e condotte in collaborazione con il gruppo di Ricerca dei Proff. Sabatino Maione e Vito de Novellis della Seconda Università di Napoli. Tali ricerche sono focalizzate sull’individuazione di un nuovo “interruttore” capace, quando attivato, di ridurre la sintomatologia associata alle diverse tipologie di dolore neuropatico: il recettore A3 dell’Adenosina.

«Abbiamo lavorato in questo campo negli ultimi dieci anni e abbiamo trovato che questo recettore A3 è presente nel sistema periferico e centrale è molto importante nel dolore«. E’ quanto ha dichiarato la prof. Salvemini ai microfoni di PharmaStar. «Abbiamo trovato che con agonisti selettivi di questo recettore riusciamo a bloccare il dolore cronico con effetti molto potenti. Possiamo dare il farmaco ogni giorno senza perdere l’effetto analgesico del composto, mentre sappiamo che se diamo morfina dopo un certo periodo perdiamo l’effetto analgesico della morfina perché si genera tolleranza. Invece, l’attivazione di questo recettore non fa sviluppare tolleranza. Un’altra cosa importante è che possiamo potenziare l’effetto analgesico di altre molecole per esempio la gabapentina o l’amitriptilina. Possiamo aumentare l’effetto farmacologico di composti che già usiamo in clinica».

«Riassumendo-ha precisato la prof. Salvemini- queste molecole hanno un effetto antidolorifico nei dolori neuropatici e in più non causa tolleranza e si può combinare con composti già usati. Abbiamo anche trovato che questi composti inibiscono la tolleranza alla morfina quindi somministrandoli insieme alla morfina inibiscono la tolleranza alla morfina. Adesso ci stiamo focalizzando sul capire il meccanismo d’azione a livello cellulare, sulla glia e sul neurone.».

Il Prof. Min Zhuo, proveniente da Toronto, è sicuramente tra i maggiori neuroscienziati a livello mondiale. Editore capo di diverse riviste scientifiche di settore nell’ambito degli aspetti molecolari alla base del dolore, ha  focalizzato la sua Honorary Lecture sulla riorganizzazione dei neuroni cerebrali nel dolore cronico e nelle patologie psichiatriche associate ad esso come l’ansia e la depressione.

La Prof.ssa Marzia Malcangio, docente di neurobiologia e neurofarmacologia presso il King’s College di Londra, ha parlato invece delle sue ricerche pionieristiche nella comunicazione tra neuroni e cellule non di origine neuronale che sembrano essere alla base della comparsa dei sintomi devastanti associati al dolore neuropatico.

Noi di PharmaStar abbiamo chiesto dettagli del suo studio alla prof. Malcangio: «Queste cellule soprattutto la microglia, la cellula immunitaria/il macrofago del sistema nervoso centrale, risponde all’aumento dell’attivazione neuronale dovuta a danno periferico e a infiammazione, cambia morfologia e noi lo vediamo cambiare immunoistochimicamente e prende un’aspetto di cellula ingrossata e senza protrusioni e rilascia mediatori citochine, fattori neurotrofici, chemochine che attivano i neuroni più di quanto non siano già attivati.

Quindi, la microglia risponde a un neurone sensorio periferico attivato da un danno periferico, rilascia fattori pro-nocicettivi e in questo modo facilita ancora di più la sensitizzazione centrale che è poi responsabile negli studi comportamentali dell’allodinia e dell’iperalgesia. Non ha senso dal punto di vista farmacologico bloccare una cellula; quindi una volta stabilito che queste cellule rispondono all’attivazione neuronale, vari laboratori, compresi il mio si sono messi a cercare vie di comunicazione neurone-microglia ed io in particolare mi sono interessata ad un enzima che è nella microglia e che è la catepsina S e a un recettore GPCR che si chiama CX3CR1. Gli inibitori di questo enzima o gli antagonisti del recettore sono efficaci negli studi animali come analgesici nel dolore neuropatico nel dolore infiammatorio.

Non solo abbiamo identificato la cellula partecipante alla sensitizzazione centrale ma abbiamo anche dei target, un enzima e un recettore che possono essere manipolati in modo da ottenere analgesia senza bloccare la cellula».
Il Prof. Thomas Salt, professore presso la University College London (UCL), è tra i più noti studiosi delle aree cerebrali che regolano i sensi come la vista e il dolore. La sua lettura è stata incentrata sull’attività dei neuroni del talamo che rappresenta la maggiore area di integrazione delle informazioni dolorose che arrivano al nostro cervello.

La Prof.ssa Katarzyna Starowicz, docente di farmacologia presso il Dipartimento di Farmacologia dell’Institute of Pharmacology Polish Academy of Sciences, ha incentrato la sua Lettura sul possibile impiego di farmaci che possono agire su sistemi innovativi come quello degli endocannabinoidi. L’esperienza della Prof.ssa Starowicz nel settore scientifico degli endocannabinoidi è maturata in Italia presso i laboratori del CNR di Pozzuoli (Na) diretti dal Prof. Vincenzo Di Marzo, scienziato di fama internazionale e di elevato spessore scientifico.

Accanto a questi grandi nomi noti in tutto il mondo per le loro ricerche ci sono state esposizioni dei farmacologi italiani, soprattutto dei più giovani, provenienti da diverse scuole farmacologiche guidate da noti Professori tra cui i Proff. Carla Ghelardini e Pierangelo Geppetti della scuola fiorentina, la Prof.ssa Paola Sacerdote della scuola di Milano, la Prof.ssa Patrizia Romualdi della scuola bolognese, la Prof.ssa Lucia Negri da Roma ed altri ancora, che hanno avuto modo di confrontarsi con personalità di rilievo nel loro stesso campo di ricerca.

EV