La terapia neuroassiale (epidurale e intratecale) potrebbe diventare un’arma efficace per la gestione del dolore da cancro, ma servono specialisti del dolore e cure palliative in grado di selezionare correttamente i pazienti da sottoporre a questa terapia e in grado di valutare i rischi di possibili complicanze.

Un revisione sistematica della letteratura pubblicata su Acta Anaesthesiologica Scandinavica ha analizzato la somministrazione di farmaci attraverso queste tipologie di trattamento in caso di dolore correlato a cancro intrattabile. La revisione è opera di esperti nel trattamento del dolore, tra cui il prof. Sebastiano Mercadante, per conto dell’European Palliative Care Research Collaborative (EPCRC).
Circa il 2-5% dei pazienti con cancro avanzato mostra un controllo insufficiente del dolore dopo somministrazione di medicinali per via sistemica.

Questi pazienti potrebbero ottenere sollievo dal dolore da terapie neuroassiali.
Per l'uso a lungo termine, la somministrazione di soli oppioidi o in combinazione con farmaci adiuvanti in epidurale o attraverso cateteri subaracnoidei sono metodiche ampiamente usate. In molte Unità di gestione del dolore e strutture di cure palliative, questa terapia è considerata un'alternativa al trattamento quando la terapia farmacologica sistemica fallisce.

Questa revisione della letteratura vuole essere un ampliamento delle linee guida dell’European Association for Palliative Care presentate nel 2011.

La domanda che si sono posti gli esperti è stata la seguente: Nei pazienti adulti con dolore da cancro intrattabile anche attraverso analgesici sistemici, qual è l'evidenza dalla letteratura per sostenere la somministrazione di analgesici in maniera neurassiale considerando l’equilibrio tra gli effetti collaterali e l’analgesia?
L’obiettivo è stato dunque quello di analizzare i trial pubblicati in materia di efficacia analgesica ed effetti collaterali farmacologici in seguito alla somministrazione di farmaci in maniera neurassiale (epidurale e subaracnoidea) in pazienti con cancro.

Nello studio sono stati anche considerati altri aspetti (fisico/psicologico/funzioni sociali, sonno, e altri).

Il numero di abstract recuperati è stato di 2147 e  84 articoli sono stati selezionati per la lettura integrale. La selezione finale comprendeva nove articoli riguardanti trial randomizzati e controllati (RCT) divisi in quattro gruppi: combinazione di somministrazione neuroassiali di oppioidi e analgesico adiuvante rispetto alla somministrazione di oppioidi da sola (n=4); somministrazione del singolo farmaco in maniera neurassiale in bolo rispetto alla somministrazione continua (n=2); singolo farmaco neurassiale rispetto a placebo (n=1); e somministrazione neurassiale di oppioidi con o senza adiuvante analgesico rispetto alla gestione medica con analgesici neuroassiali (n=2).
Gli RCT erano diversi sia per profilo clinico che metodologico che ha escluso una meta-analisi.

Essi hanno inoltre presentato diverse limitazioni, che hanno ridotto la validità dello studio.

Analizzando gli studi presenti in letteratura si evince che l’utilizzo della terapia neuroassiale non è cresciuto negli anni nonostante ci siano pazienti che non trovano giovamento dai trattamenti convenzionali. Probabilmente questo è dovuto all’utilizzo di nuove forme di somministrazione, al maggior uso degli oppioidi per infusione continua e all’utilizzo della radioterapia palliativa.

Quando si sceglie un trattamento bisogna considerare bene il paziente che si ha di fronte nella logica del giusto trattamento per il giusto paziente, soprattutto nei casi di pazienti che non rispondono alle terapie classiche con analgesici sistemici.
Sicuramente c’è una mancanza di evidenze cliniche per la somministrazione neuroassiale, ma anche per la somministrazione continua degli oppioidi o per la rotazione degli oppiodi non ci sono molti studi. Solo che queste ultime due terapie sono più facili e comode da somministrare e per quello vengono maggiormente utilizzate.

Come ha dichiarato il prof. Sebastiano Mercandante del Centro Oncologico la Maddalena di Palermo e autore dello studio ai microfoni di Pharmastar: «Questa è una terapia eccessivamente utilizzata da molti anestesisti senza prima aver trattato bene il dolore con i farmaci disponibili che riescono a controllare il dolore nella quasi totalità dei pazienti. E’ solo una piccola percentuale dei pazienti che non risponde agli oppioidi e che, quindi, deve seguire la via spinale. Questa via è ovviamente più complicata anche da seguire dopo, soprattutto se i pazienti vanno a casa.

Si ricorre a questa via solo in casi particolarmente resistenti alle terapie esistenti che controllano il dolore efficacemente. La via spinale è dedicata esclusivamente alla somministrazione di oppioidi cosa che avviene nel dolore non da cancro perché, per principio, ai pazienti con dolore da cancro vengono già forniti oppioidi in maniera generosa. Quindi, il segreto in realtà non è fornire gli oppidi per via spinale quanto l’aggiunta di anestetici locali, che avendo un altro meccanismo d’azione contribuiscono a migliorare largamente l’analgesia se l’anestesia locale va nella sede metamerica del dolore del paziente.

 L’uso delle cosiddette pompe interne impiantate sotto la pelle nel dolore da cancro non ha molto senso perché in questo caso si usano dosaggi elevati e non permettono l’aggiunta adeguata di anestetico locale che non è sufficiente.

C’è anche da considerare che nelle pompe impiantabili difficilmente si può cambiare il dosaggio perché sono impiantate; se bisogna cambiare spesso dosaggio noi usiamo pompe esterne che permettono di entrare subito in azione, modificare il dosaggio molto più facilmente.

Non bisogna quindi fare confusione tra il paziente che fa la morfina spinale, ma non ha il cancro, dove si usano dosaggi bassi e anche abbastanza costanti rispetto al paziente che ha cancro in cui la morfina da sola generalmente non funziona molto e si deve aggiungere l’anestetico locale. In questo caso sono necessari volumi maggiori e quindi è necessaria una pompa che sia esterna e non interna».

Tuttavia, grazie al successo ottenuto dal delivey neuroassiale in contesti perioperatori, soprattutto di combinazioni di oppioidi e anestetici locali, queste tecniche potrebbero “rinascere” nel trattamento del dolore da cancro refrattario ai trattamenti sistemici.

La selezione dei pazienti per la terapia neuroassiale si basa spesso sulla localizzazione e il meccanismo del dolore (anestetici locali o clonidina), argomenti che vengono mal affrontati nella maggior parte degli RCT.

Infine, pazienti fragili come quelli con cancro avanzato sono soggetti a una serie di controindicazioni alla terapia neuroassiale e in letteratura sono descritte complicanze minori e maggiori.

Prendendo in considerazione questa complessità, è del tutto evidente che una limitata percentuale di pazienti con dolore da cancro sono candidati per la terapia neurassiale, che limita la possibilità di condurre RCT.

Per quanto riguarda gli oppioidi utilizzati per la terapia neuroassiale, il maggiore nel lungo termine è la morfina; la bupivocaina è raccomandata per il controllo del dolore ma in altri setting, mentre è accettata in questo caso abbinata alla morfina.
In uno studio è stato anche mostrato un buon effetto dell’abbinamento morfina-ziconotide (analgesico); l’utilizzo di quest’ultimo è pero’ limitato dagli effetti collaterali a livello cognitivo.

La somministrazione, invece, di morfina insieme alla clonidina è particolarmente efficace nel dolore da cancro neuropatico anche se accompagnata da ipotensione.

In conclusione, è necessaria esperienza da parte dei medici che si occupano di terapia del dolore e cure palliative per utilizzare al meglio e nel giusto paziente la terapia neuroassiale. In tale maniera questi trattamenti potranno essere inseriti nell’armamentario delle cure per i pazienti con dolore da cancro intrattabile. Infine, sono necessari studi randomizzati multicentrici di grandi dimensioni al fine di indagare la l’efficacia clinica di analgesici neuroassiali e per giustificare il loro uso nel trattamento del dolore da cancro.

Emilia Vaccaro
Kurita GP.  et al. The evidence of neuraxial administration of analgesics for cancer-related pain: a systematic review. Acta Anaesthesiol Scand. 2015 Feb 13. doi: 10.1111/aas.12485.
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