"Non esiste alcuna ragione sanitaria per tenere “chiuse” le terapie intensive (TI). Anzi, semmai le visite di parenti e familiari fanno bene sia al malato che al contesto familiare. Per questo l’organizzazione delle TI italiane si deve adeguare agli standard europei e americani, favorendo l’”apertura” dei reparti”. E’ questo il messaggio del Prof. Alberto Giannini del reparto di Terapia Intensiva Pediatrica della Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, uno dei più grandi esperti a livello internazionale in questo ambito.
Le TI hanno una storia relativamente recente e, per effetto della loro natura altamente tecnico-specialistica, si sono conformate ad alcuni aspetti gestionali tipici delle sale operatorie. Però negli ultimi anni si è registrata un’evoluzione, non solo dal punto di vista terapeutico e assistenziale ma anche qualitativo-relazionale. Questo ha portato a una visione più globale del benessere del paziente, non più inteso come portatore di organi da curare, ma come entità inserita in un contesto del quale è parte costituente. Con tale approccio la famiglia del paziente assume un ruolo sempre più rilevante. In questo contesto si inserisce il concetto di TI “aperta” dove parenti e familiari possono stare vicino ai propri cari senza limitazioni di tempo e durante tutte le 24 ore della giornata.
Da quanto emerso dal 67° Congresso Nazionale del SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) e dal 17° Congresso Nazionale della SARNePi (Società di Anestesia e Rianimazione Neonatale e Pediatrica Italiana) che si sono tenuti di recente a Roma, per quanto riguarda l’apertura delle TI, l’Italia è abbastanza indietro rispetto ad alcuni Paesi del Nord Europa e Nord America.
Il nostro Paese, infatti, mantiene in generale visiting policies, ovvero le regole che governano la presenza di familiari e visitatori in TI, abbastanza restrittive. Tuttavia, oggi, qualcosa sta cambiando e circa un terzo dei reparti di rianimazione italiani stanno riconsiderando le loro regole nei reparti di TI e sono propensi a una maggiore “apertura” delle rianimazioni. Tra questi, l’Ospedale S. Chiara di Trento e la Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
La letteratura fornisce un quadro disomogeneo per quanto riguarda le visiting policies. I dati più recenti indicano che la percentuale di TI che non pone restrizioni alle visite sulle 24 ore è del 70% in Svezia, 32% negli USA, 23% in Gran Bretagna, 14% in Olanda e 3% in Belgio. Per quanto riguarda l’Italia, gli ultimi dati indicano che solo il 2% delle TI non pone restrizioni alle visite dei familiari e questo dato sale al 12% per le TI pediatriche. Attualmente, le ore di visita nelle TI italiane sono in media cinque per i pazienti pediatrici e due per gli adulti.
A partire dalla loro creazione e per molti anni a seguire, le TI sono state reparti “chiusi” dove l’accesso di familiari e visitatori era considerato sfavorevolmente e, quindi, molto limitato. Tale strategia è stata principalmente motivata dalle preoccupazioni riguardo il rischio di infezioni, l’interferenza con le cure, l’aumento dello stress per pazienti e familiari e la violazione della confidenzialità delle informazioni.
Tuttavia, non soltanto le ragioni per limitare le visite non hanno fondamento, ma vi sono diverse evidenze a favore dell’apertura delle TI per le famiglie dei pazienti.
Numerosi dati suggeriscono che la liberalizzazione dell’accesso alla TI per familiari e visitatori non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie. In particolare l’apertura della TI non causa un aumento delle infezioni nei pazienti mentre si riducono in modo significativo gli indici ormonali di stress. Un ulteriore effetto positivo è rappresentato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari. Ad esempio, madri di bambini ricoverati in TI “aperte” hanno indici di stress più bassi di quelle di bambini nelle TI “chiuse”.
Per medici e infermieri, lavorare sotto lo sguardo dei familiari dei pazienti può rappresentare una fatica in più. Comunque, un recente studio italiano condotto da Giannini e pubblicato su Intensive Care Medicine, ha rilevato che la maggioranza dei medici e degli infermieri delle TI valutano positivamente l’apertura del reparto e, nel complesso, mantengono questa opinione un anno dopo il cambiamento di policy. L’apertura delle TI, infatti, consente al personale di acquisire la stima e la fiducia dei visitatori e favorisce il dialogo e la comprensione reciproca. In questo modo, i familiari possono affidare con fiducia la propria persona cara alle mani dell’equipe che hanno visto lavorare con impegno, costanza e tenacia.
“Tutti questi dati dimostrano che l’apertura dei reparti è una scelta buona, efficace, utile e assolutamente non pericolosa. Per questo l’organizzazione delle terapie intensive italiane si deve adeguare agli standard europei e americani aprendo le porte dei reperti ai parenti e familiari dei pazienti. Questo porterà sicuramente dei benefici alle persone ricoverate, ai loro cari e anche al personale sanitario”, conclude Giannini.
Dolore