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Acalabrutinib approvato in UE come terapia di prima linea per il linfoma mantellare

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Importanti novità arrivano dalla Commissione Europea per il trattamento di prima linea del linfoma mantellare (MCL), una rara e aggressiva forma di linfoma non-Hodgkin. È stata infatti approvata la combinazione di acalabrutinib, un inibitore orale di seconda generazione della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), con bendamustina e rituximab per i pazienti adulti con MCL di nuova diagnosi, non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche.

Acalabrutinib agisce bloccando in modo selettivo e irreversibile la BTK, una proteina coinvolta nella trasduzione del segnale del recettore delle cellule B (BCR), fondamentale per la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule maligne. Il farmaco, già impiegato in monoterapia per forme recidivanti o refrattarie di MCL, amplia così le sue indicazioni anche al trattamento di prima linea in associazione.

I risultati dello studio ECHO: un vantaggio clinico significativo
L’approvazione europea si basa sui dati positivi dello studio ECHO, una sperimentazione randomizzata, in doppio cieco e controllata con placebo di fase III (NCT02972840), condotta su 635 pazienti di età pari o superiore a 65 anni con MCL di nuova diagnosi. Lo studio ha confrontato la combinazione di acalabrutinib, bendamustina e rituximab con il regime standard di chemoimmunoterapia costituito da bendamustina e rituximab.

I risultati, presentati al congresso EHA 2024 e pubblicati successivamente sul Journal of Clinical Oncology, hanno evidenziato una riduzione del rischio di progressione di malattia o morte del 27% nel gruppo trattato con il nuovo regime rispetto al solo trattamento standard ( hazard ratio [HR] 0,73; intervallo di confidenza [IC] 95%: 0,57-0,94; p=0,016). La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è risultata significativamente più lunga con la combinazione a base di acalabrutinib: 66,4 mesi contro i 49,6 mesi ottenuti con la sola chemoimmunoterapia.

Inoltre, il tasso di risposta globale (ORR) è stato del 91% con acalabrutinib, rispetto all’88% del braccio di controllo, mentre il tasso di risposte complete (CR) si è attestato al 66,6% contro il 53,5%. Tuttavia, l’analisi della sopravvivenza globale (OS) non ha mostrato differenze statisticamente significative tra i due gruppi (HR 0,86; IC 95%: 0,65-1,13; p=0,2743), un dato in linea con quanto atteso in questo tipo di studi di prima linea.

Sicurezza e tollerabilità del trattamento
Dal punto di vista della sicurezza, il profilo di acalabrutinib si è confermato coerente con le evidenze già note. Gli eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) di qualsiasi grado si sono verificati nel 99,7% dei pazienti del gruppo sperimentale e nel 99% del gruppo placebo. Tra gli eventi più comuni, nausea (42,8% vs 37,7%), neutropenia (40,1% vs 41,4%), diarrea (37,4% vs 27,9%), infezione da COVID-19 (30,6% vs 20,9%) e cefalea (30,3% vs 14,1%).

Gli eventi avversi di grado 3 o superiore hanno riguardato il 64,3% dei pazienti trattati con acalabrutinib e il 55,9% di quelli nel gruppo placebo. Le infezioni gravi (grado ≥3) si sono verificate nel 41,1% del gruppo sperimentale e nel 34% del gruppo di controllo, differenza attenuata una volta corretto il dato per la durata dell’esposizione al trattamento. Durante la pandemia di COVID-19, nello studio sono stati effettuati anche specifici aggiustamenti per valutare l’impatto del virus sugli esiti, incluso il censimento dei decessi legati alla malattia infettiva.

Un'opzione terapeutica necessaria in un contesto clinico difficile
Il linfoma a cellule del mantello rappresenta una sfida terapeutica tuttora complessa, nonostante i progressi raggiunti negli ultimi anni. Si stima che questa patologia costituisca circa il 3-6% dei linfomi non-Hodgkin, con un’incidenza annua pari a 0,5 casi per 100.000 abitanti nei Paesi occidentali. Spesso diagnosticata in fase avanzata, la malattia presenta un decorso aggressivo, con risposte iniziali favorevoli alle terapie convenzionali seguite però da frequenti recidive.

Nel 2024, il numero di pazienti con diagnosi di MCL ha superato le 6.000 unità tra Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Italia. A fronte di questa situazione, la disponibilità di nuove strategie terapeutiche efficaci in prima linea rappresenta un’esigenza ancora insoddisfatta. A tal proposito, l’approvazione di acalabrutinib in combinazione con bendamustina e rituximab costituisce una tappa importante.

Secondo Martin Dreyling, professore di Medicina e responsabile del Programma Linfomi all’LMU Hospital di Monaco, questo approccio terapeutico offre ai pazienti una concreta possibilità di miglioramento della prognosi a lungo termine, grazie a un significativo prolungamento della PFS superiore a 16 mesi rispetto alla terapia standard.

Prospettive future e contesto regolatorio
Il regime con acalabrutinib è stato approvato dalla FDA statunitense per il trattamento di prima linea del MCL non candidabile a trapianto nel gennaio 2025, mentre è in corso la valutazione regolatoria in Giappone e in altri Paesi. Questa approvazione europea segue quella, più recente, di acalabrutinib in monoterapia per le forme recidivanti o refrattarie di MCL nel continente.

Il programma di sviluppo clinico di acalabrutinib proseguirà con ulteriori studi per valutare il potenziale impiego della molecola in altre neoplasie linfoproliferative e per esplorare nuove combinazioni terapeutiche, in un contesto di crescente attenzione verso le terapie mirate e personalizzate.

Bibliografia
Wang M, et al., Acalabrutinib Plus Bendamustine-Rituximab in Untreated Mantle Cell Lymphoma. Clin Oncol. 2025. PMID: 40311141 leggi

Hanel, W., & Epperla, N. (2020). Emerging therapies in mantle cell lymphoma. Journal of hematology & oncology, 13(1), 1-13. leggi

ClinicalTrials.gov. A Study of Bendamustine and Rituximab With or Without Acalabrutinib in Subjects With Previously Untreated Mantle Cell Lymphoma (ECHO). NCT02972840. leggi

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